L’idealismo che fondamentalmente forma il substrato di queste novelle, in linea con il temperamento e le idee del Cremonese, non cancella tuttavia del tutto i pochi pregi di originalità e di schiettezza di sentimenti. Sono però evidenti e stridenti gli sforzi che l’autore fa per accentuarli sconfinando e rigirandosi nello scetticismo (da cui il titolo) e in un cinismo preconcetto.

Ma su questo atteggiamento scettico e cinico si prendono la loro rivincita alcune novelle commosse e drammatiche, come Caccia alla Volpe e L’Assassino che mi paiono le migliori della raccolta e che, non a caso, riecheggiano le esperienze dell’autore come ricercatore nelle zone della malaria e come medico condotto. Il loro realismo e la loro sincerità le fa quasi sembrare racconti di vita vissuta… Neppure sembrano scritte dallo stesso autore di Il vampiro, Un suicidio, Alì, nelle quali le figure femminili sono troppo spesso ammantate da un pregiudizio certamente poco accettabile, meno che mai ai tempi nostri, che le rende paradossali e prive del garbo che invece, a tratti, caratterizza questa esperienza di scrittura del medico ricercatore Cremonese; la descrizione degli ambienti che fanno da sfondo alle vicende non manca infatti di essere spesso agile e briosa.

Il volume è concluso dalla novella epistolare Fratelli lontani; con ironia è descritto il contrasto dei sentimenti tra un italiano che vive in Italia ed uno emigrato negli Stati Uniti, amici e compagni di scuola in gioventù. Ideali e valori, forse un po’ retorici, si contrappongono al piatto praticismo del “nuovo mondo”.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Quando una passione attecchisce improvvisamente in un essere debole e malato, è capace di divampare in indomabile incendio.
I forti fisicamente sono, per lo più, i sani di mente, padroni di sè, capaci di dominarsi prima di cedere alla passione, e di vincersi dopo averle ceduto.
I deboli, invece, amano da deboli: quando la fiamma vince la resistenza della fibra, divora tutto e domina vincitrice e signora.
Tale fu il caso di Fausto Salvioli.
Orfano fin dalla più tenera età, egli era stato allevato da un tutore severo, ma – rara avis – onesto, che gli aveva serbato, accresciuto con arte di amministratore, il cospicuo patrimonio paterno, e che, sentendosi presso a morire e vedendo il suo pupillo ormai maggiorenne, capace di dirigersi senza soccorso estraneo nei pericolosi meandri della vita moderna, gli aveva fatto, press’a poco, questo discorso:
— Tu sei padrone di un’immensa fortuna: e questo è un fatto provvidenziale, perchè, data la tua scarsa salute, ti risparmia delle fatiche che non potresti sopportare. Tu corri due pericoli: quello di essere sfruttato pel tuo denaro, e quello di essere ucciso dal tuo denaro.
Ucciso, perchè il denaro è una chiave che apre tutte le porte: e non v’è soddisfazione viziosa che un uomo forte e depravato non possa concedersi mediante il denaro. Tutti i Don Giovanni, tutti i Rocambole, coi loro mezzi personali d’eccezione, diventano dei poveri di spirito davanti a chi ha la ricchezza e sa servirsene.

Scarica gratis: Le novelle dello scettico di Guido Cremonese.