Negli asciutti ma puntuali resoconti di due viaggi commerciali effettuati nel 1609 e nel 1612 tenendo Costantinopoli come meta, rivive la dura esperienza delle enormi distanze percorse dai mercanti italiani impegnati nei traffici commerciali con l’Europa orientale nella prima metà del XVII secolo, fra i faticosi disagi delle trasferte nei carriaggi, in mezzo a una natura spesso ostile e a pericoli incombenti lungo strade malagevoli e malsicure, sempre sorvegliati dall’occhiuto e corrotto Impero ottomano in una geografia di paesi con pochi splendori e molte miserie.

Sinossi a cura di Giovanni Mennella

Dall’incipit del libro:

Al Nome di Dio e della B. V. Maria. Alli 18 Maggio andassimo tutti in nave per far partenza il giorno seguente, in porto delli due castelli; la sera a due ore di notte vennero li ammiragli con le sue barche per condurci fuori di porto, e remorchiandoci, andassimo a seconda d’acqua a scorrere in prua d’un berton Inglese con la nostra nave, dove si ingabbiò le antenne ed ordegni insieme; ma noi subito con arme, manare ed altro tagliassimo tutte le corde ed anco la cividiera, portandoli via li pennoni di detto bertone, senza aver noi alcun danno da esso. E così uscimmo fuori di porto, dubitando che esso ci giungesse nel viaggio e che con noi volesse combattere.
Alli 19 d.º facessimo vela a nostro cammino; alli 23 fece un poco di mar contrario, dove fossimo sforzati andar a pigliar porto nelle…. di Pola, in un luogo detto Fasana, dove gli stassimo sino il giorno della Sensa; ed in questo tempo andassimo in terra di d.ª Fasana, luogo piccolo ma molto abbondante d’ogni cosa, cioè carne di manzo soldi tre la libbra, un capretto 40 soldi, l’olio tre soldi la libbra, pane e vino a buonissimo mercato; insomma buonissimo vivere, il sito bellissimo e molto abondante d’olive. Andassimo a un’altra terra lontano tre miglia, luogo nominato Dignano, dove trovassimo il medesimo vivere; dipoi andassimo a Pola, città antichissima ma piccola e tutta rovinata e cascata dall’antichità sua, ma a suo tempo dovea essere una bella cosa, essendo tutte le case ed altro di pietra viva; nella quale vedessimo una memoria sopra la porta del Duomo, dove egli è un millesimo che dice dell’anno 757.

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