Si tratta di un breve scritto polemico nel quale Adolfo Levi contesta le valutazioni espresse da Armando Carlini sui suoi scritti storici, in particolare quelli riguardanti empirismo e razionalismo. Lo accusa di non aver capito o di aver scorso troppo frettolosamente i suoi lavori.

Sinossi a cura di Catia Righi

Dall’incipit del libro:

A. Carlini, occupandosi dei miei lavori in un recente articolo, ha affermato che nel mio Sceptica (Paravia, 1921) ho fondato lo scetticismo sul solipsismo (p. 431); ma anche chi si limita a guardare l’indice del volume (che offre le seguenti divisioni: I. Premesse scettiche. II. Ricerca di una metafisica plausibile se non certa. III. Conclusioni scettiche) riconosce subito l’infondatezza di questa affermazione. Del resto, è inesatta anche l’opinione opposta, che altri ha presentato, che io abbia derivato il solipsismo dallo scetticismo; io ammetto la metafisica solipsistica provvisoriamente soltanto, in quanto trascuro quei dubbi scettici sulla validità della conoscenza che non sono stati dissipati (Sceptica, pp. 15-18) e ai quali ritorno alla fine della ricerca. I critici stranieri mi hanno capito perfettamente, gli italiani no: perchè? Eppure scrivo in italiano.
Parlando dei miei lavori storici il C. cade in inesattezze e in omissioni così numerose che, se volessi rilevarle tutte, dovrei occupare troppo spazio e annoiare i lettori: del resto, chi ha letto i miei studi può giudicare da sè. Mi limito quindi ad alcuni punti. Quando si occupa dei lavori (La filosofia di G. Berkeley: Bocca, 1922; Il pensiero di F. Bacone: Paravia, 1925; La filosofia di T. Hobbes: Soc. edit. Dante Alighieri, 1929), in cui cerco di mostrare l’infondatezza dell’opinione tradizionale che contrappone l’empirismo inglese al razionalismo continentale, il C. mostra di ritenere che non capisco bene che cosa sia l’empirismo.

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