La rivolta ideale (1908) è l’ultima opera dello scrittore Alfredo Oriani.

Di stampo marcatamente nietzschiano, auspica l’avvento sulla scena politica nazionale di una personalità carismatica, capace di risollevare i destini della patria; al contempo afferma la necessità di creare uno Stato capace di esercitare un controllo stringente sulla vita dei propri cittadini. L’importanza dell’opera di Oriani va ricercata nell’influenza che essa esercitò sugli ambienti intellettuali nel periodo della Prima guerra mondiale.

In particolare ottenne il consenso entusiastico del gruppo intellettuale legato al giornale La Voce (Papini, Prezzolini, etc.); lo stesso Gobetti ne venne colpito. Gramsci scrisse a proposito del libro, definendolo l’«unico tentativo un po’ serio di nazionalizzare le masse popolari, cioè di creare un movimento democratico con radici italiane ed esigenze italiane».

L’opera, ed in generale la figura stessa di Oriani, diventeranno un punto di riferimento culturale degli intellettuali fascisti, tra i quali è possibile annoverare Berto Ricci e Romano Bilenchi. Mussolini in persona considerava Oriani come un profeta della patria, come un anticipatore del fascismo, un esaltatore delle energie italiane. Il titolo dell’opera verrà poi ripreso da un giornale fascista, La rivolta ideale appunto, fondato nel 1925.

Note tratte da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/La_rivolta_ideale

Dall’incipit del libro:

Esso è eterno.
Sempre, a qualunque ora della vigilia, dinnanzi agli inviti dell’alba o sotto le ombre cadenti della sera, una voce si leva dal fondo della coscienza, e i nostri occhi quasi a un appello improvviso guardano in alto. Vanamente nella stanchezza pigra del disinganno, nella superbia della disperazione, mormorammo colle labbra chiuse la suprema parola della incredulità, mentre l’indifferenza della natura alla nostra umana tragedia pareva farsi più silenziosa, e un altro silenzio si dilatava nelle solitudini del pensiero.
La vita fino all’ultimo passo e la luce fino all’estremo bagliore sono un moto dell’ideale.
Coloro che negano il Dio della creazione, presente nelle anime semplici, ne inventano un altro nel cosmo, esaurendo il proprio orgoglio nel non dargli alcun nome, o credendosi profondamente poeti nel confonderlo colla vita, che sorride a se stessa. E nella natura immaginano leggi, che sono soltanto una sua apparenza nel pensiero, e alla nostra vita d’individui danno per ragione quella dell’umanità, individuo anch’essa che vivrà un qualche millennio senza sapere d’onde abbia cominciato nè ove debba finire, sempre giovane e caduco, irresistibilmente sospinto all’avvenire, e costretto ad obliare il passato, nel quale sparirono coi morti tutti i dolori, che li avevano uccisi.

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