(voce di SopraPensiero)

Simone Prudenzani è autore del Sollazzo, novelle in forma di ottonari o di ballata, e che rappresenta un “libro nel libro”; la cornice è il Saporetto, dove viene rappresentato il mondo elegante e gaio della società del tempo. Il Saporetto è in pratica una corona di sonetti, che ha per tema un lieto trattenimento di due settimane in un paese di fantasia detto Buongoverno; musiche balli, cacce e giochi, canzoni italiane e francesi sono descritti dal protagonista, il giullare Sollazzo, con festosa sbrigliatezza.

Il testo è in complessive quattro parti, profane le prime due Mundus placitus e Mundus blandus e le successive, Mundus tranquillus e Mundus meritorius sono invece incentrate su temi di morale e di scienza ed indicano la strada per meritare il premio nell’aldilà.

Se si valuta la capacità di verseggiare in stile spigliato unitamente all’affresco di una società aristocratica, il merito del Prudenzani non è modesto. E lo sa mettere in rilievo con ampia erudizione l’autore di questa monografia che pur caratterizzata da un’osservazione rigorosamente puntuale, colloca il proprio lavoro in una spazialità culturale via via più complessa ritagliandosi un posto di assoluta preminenza tra gli studi e le ricerche dei canzonieri antichi e di tutta la poesia dei primi secoli.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

A Simone Prodenzani io voglio un po’ di bene. Questo spirito bizzarro – di cui il nome e la patria son venuti fuori traverso un gioco di congetture, che scrive in un linguaggio spesso oscuro e talora con vocaboli unici, racconta novelle alcune delle quali invano si ricercherebbero altrove e ci lascia un Novelliere in versi che è il nostro più antico, e le prime descrizioni di concerti che noi possediamo e una folla di canti popolari e rime di Corte, e mille accenni alla vita di popolo e alla vita dei signori – offre davvero materia ricchissima alla nostra curiosità, e, diciamolo pure, molte ragioni di tormento. E per tutto questo mi piace. Ravvisato per ipotesi l’Autore, s’imponeva una ricerca archivistica, per la lingua occorreva farsi una storia del dialetto d’Orvieto, per la materia entrare nel campo della Novellistica comparata, e infine tentare di avventurarsi fra le difficoltà della Musica del Trecento.
Dove ho potuto risolvere con certezza, mi sono industriato di nascondere al lettore i travagli e i dubbi attraversati; ma rimangono ancora problemi e difficoltà, e questi risultano, perchè io m’attendo da lui, non che un giudizio, un aiuto prezioso.
Licenziando questo lavoro, ripenso con animo amico a Salomone Morpurgo, che s’è privato per me di trattare un argomento che gli era caro e che senza dubbio avrebbe trattato con ben altra mano. – Ringrazio riconoscente il prof. Giovanni Giannini, cui debbo molte belle informazioni, e il sac. Alceste Moretti, che m’ha agevolato le ricerche nell’Arch. d’Orvieto. E se da queste pagine traspare un certo spirito d’abnegazione e qualche oscura virtù di sacrifizio, sappia il lettore ch’io debbo tutto ai miei Maestri di Firenze, di Firenze città d’amore e di luce.

Scarica gratis: Il “Sollazzo” di Santorre Debenedetti.