(voce di SopraPensiero)

Grande conoscitore della letteratura tedesca, nell’ambito della quale fin dagli anni venti dello scorso secolo Rocca opera come critico e traduttore, decide di valorizzare il proprio lavoro di saggista e articolista su quotidiani e riviste iniziando la stesura di questa Storia della letteratura tedesca dal 1870 al 1933, che resta però incompiuta e sarà pubblicata postuma con prefazione di Bonaventura Tecchi e integrata con articoli sugli autori che nel “profilo” non erano stati trattati. Dalla lettura del testo traspare tuttavia il progressivo affievolirsi del suo entusiasmo per la nuova letteratura in seguito all’ascesa del nazismo e alle persecuzioni degli ebrei e non è azzardato ipotizzare che il non aver portato a termine l’opera sia stato causato soprattutto da queste ragioni. Il metodo di lavoro di Rocca, estremamente scrupoloso nell’esaminare personalità e lavoro dei maggiori scrittori tedeschi del periodo preso in esame, porta a ritratti dove emerge il grande equilibrio dell’autore nel prendere in considerazione autori estremamente diversi tra loro, alcuni dei quali non sono palesemente da lui particolarmente apprezzati e altri dei quali è invece addirittura amico. Credo si possa dire che l’opera critica di un valente traduttore come Rocca (attività iniziata con Il Golem di Meyrink, spaziando tra autori come Wassermann, Zweig, Heine, e conclusa con La tragedia dei tre imperi di Egon C. Corti lasciata incompiuta e completata dalla moglie) sia di grande importanza non solo per l’esposizione dei profili dei maggiori autori suoi contemporanei, ma anche per l’attenzione riservata a minori e esordienti.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

I cosidetti Gründerjahre, gli anni che seguono in Germania alle grandi vittorie del ’70 nella cui fucina rovente Bismarck aveva martellata l’unità del Reich, non stanno, com’è noto, nel segno della poesia. L’ardore poetico illumina spesso il mondo delle cose sperate per affievolirsi alla luce delle raggiunte realtà. Ed è d’altra parte umano che alla tensione ideale coronata dal successo seguan talvolta, e non senza danno, l’indugio edonistico e l’ipnosi di un orgoglio troppo compiaciuto.
Una sentinella perduta sulle frontiere dello spirito, un anticipatore temerario ma non sospetto cui se mai, domani si rimprovererà, e sempre a torto, d’aver dato ali alla tedesca volontà di potenza, lancia, fin da quel lontano 1874, il suo estemporaneo, cassandrico grido d’allarme per avvertire che «una grande vittoria è un grande pericolo» più facile essendo riportarla che «comportarsi in modo che non ne derivi una grande disfatta». Nessuno ascolta quel pallido profeta, l’ancora ignoto Federico Nietzsche, che avendo fatto la guerra da milite di sanità sente di doversi adesso preoccupare di una salute pubblica seriamente minacciata dal materialismo e dalla presunzione.
Non ci si vuol contentare in Germania, di un’evidenza già grandiosa, non basta più constatare come sul campo, non meno che nella prima Versaglia, abbian vinto la superiorità dei capi, l’abnegazione disciplinata ed eroica dei subordinati, la ridesta coscienza unitaria del popolo. Si vuole ad ogni costo interpretare la vittoria come un trionfo della cultura tedesca sulla francese. Ora chi è che dal di fuori non s’accorga del miraggio?

Scarica gratis: Storia della letteratura tedesca dal 1870 al 1933 di Enrico Rocca.