(voce di SopraPensiero)

 

Ottimo Barabelli presenta il figlio della sua vecchia fiamma, importante chimico, alla serata conviviale ed enogastronomica del suo circolo. Questo fatto innescherà una parabola nefasta…

In poche pagine, sovente pregne di caustico umorismo, il Chiarelli riesce a smascherare il ridicolo dei pomposi “clubs esclusivi”, la superficialità e grettezza di certa scienza, l’ottusità della medicina contrapposta al sano e normale buon senso, senza risparmiare una pungente frecciata all’uso della beneficenza “senza amore”. In questa prova narrativa, il noto commediografo, capostipite del teatro del grottesco, cerca di trasporre in altro genere le sue intuizioni teatrali, con risultato che può essere considerato almeno in parte riuscito. Il racconto apparve nel 1923 in due puntate sul periodico letterario “La lettura”.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Che selvaggi: – disse il generale Salvietti, gettando il libro su un divano. – E pensare che nelle scuole insegnano ad ammirare l’antichità omerica!
Il senatore Albigiani sorrise. Egli sapeva benissimo la ragione che rendeva il suo amico avverso a tutto ciò che fosse greco. In gioventù, quand’era addetto militare ad Atene aveva conosciuto una fanciulla a nome Elena, e, innamoratosene, l’aveva sposava. Dopo tre mesi, tornando dalla Tracia dove aveva assistito alle grandi manovre nelle quali era stato simulato con grande arte e minacciosa potenza un concentramento di armati per muovere alla conquista di Costantinopoli, era stato costretto a constatare l’infedeltà della sua recente moglie, la quale lo tradiva con animo cosciente e corpo deliberato a favore di un giovane armeno che ancora evidentemente non era stato massacrato. Separatosi dalla irrequieta sposina s’era fatto trasferire, in odio alla Grecia e all’Armenia, a Costantinopoli presso quella Ambasciata.
— Volete sentire – interloquì il conte Ippolito Alderizzi dal fondo della sua poltrona, facendo lentamente declinare sulle ginocchia il libro che stava leggendo – gli insegnamenti che Onosandro Platonico dà nel suo Strategikon Lògon a proposito dei conviti e feste dopo la vittoria? «Vinti e trapassati i pericoli, e con grandissimi travagli avendo acquistata la vittoria siano a’ tuoi soldati apparecchiati solenni conviti, e ordinatamente sieno i luoghi distribuiti, e diasi ordine di far giuochi e feste, e concedasi libertà di rimetter le fatiche, e di ricrearsi, acciocchè avendo già il certo fine della vittoria conseguito, e conosciute quelle cose che dopo la vittoria si hanno da godere, imparino a tollerar le difficoltà e i travagli della guerra.»

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