(voce di SopraPensiero)

 

De morbis artificum diatriba, qui nella traduzione dell’abate Chiari, è il primo testo, nella storia della medicina che effettua uno studio sistematico sulle malattie in relazione ad attività che oggi dovremmo definire per più che «usuranti». Lo stesso Ramazzini dichiara che lo spunto per scrivere questo trattato venne dall’osservazione di un operaio addetto a ripulire (operazione che si faceva ogni tre anni) le fogne che dichiara che nessuno, se non l’ha provato, può immaginare cosa costi trattenersi per più di quattro ore in questo posto; è lo stesso che divenire cieco.

La decisa innovazione del Ramazzini è di andare al di là del caso clinico individuale e di mettere in associazione la malattia alla pratica del mestiere praticato. Importante per la società degli uomini – dice Ramazzini – analizzare le malattie peculiari dei lavoratori con scrupolosa disamina, cosa mai eseguita finora da nessuno, e prescrivere appropriati rimedi.

Il programma è fondato da sistematica osservazione (salvo quando, come nel caso dei lavoratori delle saline, non sia impossibile, nel qual caso lo dichiara citando la fonte) e da grande conoscenza della «letteratura» (Ippocrate e Galeno) ma anche dei classici (Omero e Marziale) citati assieme ad autori più moderni.

Non manca la vena ironica verso molti suoi colleghi contemporanei, dediti alla cosiddetta «iatromeccanica» orientata a dedurre i fenomeni fisiopatologici dalla meccanica e dalla statica, astenendosi da osservazioni sgradevoli o toccare cose orrende.

Colpisce la rinuncia a lanciarsi in astratte teorie esplicative, sforzandosi di proporre rimedi possibili.

«In quanto poi ne appartiene al curare tali artefici, [i vasai in questo caso] poche volte possono usarsi rimedi tali di poter dar loro l’intera salute» – dice Ramazzini, e prosegue: «un altro male opprimendoli, che n’è una somma povertà, converrà far ricorso alla medicina de’ poveri, e prescrivere cose che almeno mitigar possano il loro male, avvertendoli principalmente, che lascino tal mestiere.»

Basterebbe questo (oltre all’attenzione all’igiene e alla prevenzione) per collocare Ramazzini tra i precursori dell’Illuminismo, oltre ad essere tra i primi a descrivere una medicina più attenta al benessere del paziente.

Sinossi a cura di Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Varia e molto abbondante n’è la raccolta delle infermità, che bene spesso alcuni artefici, con estremo suo danno ricavano da quei mestieri che n’esercitano, quasi per suo guiderdone; e ciò, a mio credere per due cagioni succede principalmente: la prima e la principal delle quali si è la cattiva qualità della materia da essi maneggiata, la quale esalando sottili vapori e particelle nocive alla natura umana, ne arreca mali particolari; la seconda si attribuisce a certi moti violenti, scomposti, ed incongrue configurazioni del suo corpo, per cui resta viziata la struttura naturale della macchina vitale in guisa che da ciò poco a poco gravissime infermità ne vanno crescendo. In primo luogo dunque numereremo quei mali che traggono la sua origine dalla cattiva qualità della materia, e fra essi quei che tormentano coloro che cavano i metalli, e tutti gli altri artefici, che ne’ suoi lavori adoperano minerali, come gli orefici, alchimisti e quei che stillano l’acqua forte. I pignattari, gli specchiai, gittatori, stagnai ed i pittori ancora, ed altri. Di che sorta poi, e di quanto nociva qualità sieno l’esalazioni che ne stanno nelle vene de’ metalli, lo sperimentano più di tutti coloro che facendo l’uffizio di cavar i minerali, e che dovendo star del continuo nelle più profonde viscere della terra, tutto dì bisogna che contrastino con la morte: egregiamente però dice Ovidio (Metamorph. lib. I):
itum est in viscera terrae:
Quasque recondiderat, stygiisque admoverat umbris,
Effodiuntur opes irritamenta malorum.

Scarica gratis: Trattato delle malattie degli artefici di Bernardino Ramazzini.