(voce di SopraPensiero)

 

Pubblicato Atto e valore di Calogero Angelo Sacheli.

Complesso e articolato saggio pubblicato nel 1938 che si colloca al centro di un trittico composto anche da Ragion Pratica (sempre del 1938) e Metafisica del valore (del 1944). Rappresenta il contributo di Sacheli alla traduzione critica elaborata da Kant, tramite il suo idealismo trascendentale, dell’idealismo soggettivistico e empirista.

Il reale è costituito da una pluralità di centri di coscienza i quali agiscono, nel reale appunto, secondo il «dover-essere» (cioè il valore) che unificandoli li sospinge verso l’essere. L’attività degli «io» diventa quindi il tramite per superare l’opposizione tra «essere» e «dover essere». Siamo quindi di fronte ad un idealismo «attenuato» senza soggetto assoluto ma ancorato alla trascendentalità e normatività del valore. Kant viene ripreso in chiave axiofenomenica ma è la nozione di Atto, che fornisce Gentile, che permette a Sacheli di delineare il punto di unione tra essere e dover essere che diventa così il principio unificatore del reale. Siamo di fronte a una visione originale dell’axiofenomenismo, anche se l’ispirazione, che viene dichiarata esplicitamente fin anche nel titolo di questo lavoro, è dichiarata nell’ultimo capitolo dell’opera, proviene in parte dal pensiero di René Le Senne e dal suo spiritualismo assiologico e in particolare dal suo lavoro Obstacle et valeur.

Sinossi a cura di Catia Righi e Paolo Alberti

Dall’incipit del libro:

Chi guardi al panorama della speculazione filosofica contemporanea, non per cogliervi motivi di dissensi o elementi d’un’insanabile dialettica, ma piuttosto per fermarvi esigenze ed orientamenti dell’anima nostra e significati profondi del pensiero d’ogni tempo, non può certamente negare il valore di talune indicazioni essenziali.
E, anzitutto, il bisogno d’una concretezza che dia vita e calore alle posizioni speculative, che faccia della speculazione una vita o un momento di vita. Le astrazioni del pensiero, financo le necessarie e le pacificamente strumentali, sono guardate e fuggite con tale aborrimento che non può non riuscire talvolta esagerato e ridicolo. Per questo verso noi ci muoviamo ancora sul terreno della reazione antiscolasticistica dell’umanesimo. Il positivismo, pre-e post-kantiano, che così energicamente fece valere le ragioni dell’empiricità e della concreta esperienza, serba, da questo punto di luce, vivo e vitale il suo valore di positività anche oggi, in cui la concretezza medesima e il particolarismo delle scienze tendono sensibilmente a scolorire da ogni parte e si fanno sempre più sfumati i già ben netti confini di esse.
L’esigenza critica poi – sempre più affinantesi, come metodologia e come coscienza di limiti, anche nel seno delle varie scienze e nel porsi di tutte le forme dell’attività culturale e pratica – è un’altra indicazione sicura e si traduce in una sorvegliata padronanza di sé, cui ogni pensatore, pur nei necessari abbandoni, sente di non potere, di non dover rinunciare.