Volga blues di Marzio G. Mian
viaggio nel cuore della russia
Giangiacomo Feltrinelli editore
Il reportage di Marzio Mian ci porta dalle sorgenti del Volga, su un altopiano in prossimità delle repubbliche baltiche, nei pressi di Ostaškovo, nella regione dell’Oblast per scendere lungo il corso della “madre Volga” alla ricerca di ciò che identifica l’essere russo oggi, fino ad Astrakan, sul mar Caspio, bacino di collegamento di Russia, medio oriente e oriente, su cui si affaccia l’Iran, tanto per citare appena l’ospite d’onore.
In tempi come questo, in cui la Russia è in guerra, oltre che con l’Ucraina, praticamente con i detentori di oltre la metà del PIL del pianeta, il viaggio si trasforma inevitabilmente in un indagine alla ricerca delle radici del conflitto.
Mettendo insieme le poche informazioni che gli è stato concesso di raccogliere, Mian, traccia un quadro dell’identità russa contemporanea e del plagio che tenta di farne la propaganda putiniana.
Ne emerge la potenza di una fede sommersa, miscuglio di correnti ortodosse e orgoglio sovietico, barriera al nichilismo dei burocrati del potente PCUS e anche agli impulsi autodistruttivi dei russi, troppo frequentemente e intensamente alleati dell’alcol e altre droghe di vario genere.
Ma leggendo il libro, quello che veramente risalta rispetto alle abitudini occidentali è l’ordine di grandezza superiore dei sacrifici umani che i russi hanno affrontato e affrontano: ieri per respingere e sconfiggere i nazifascisti, oggi per trovare una loro identità che gli permetta di distinguersi dagli occidentali corrotti che gli hanno sottoposto troppo bruscamente il modello consumista senza preoccuparsi del fatto che, inserito in un contesto di ampia e diffusa corruzione, in cui l’allargamento della platea dei beneficiari degli agi del consumismo è stata troppo lenta, non avrebbe portato ad altro che alla frustrazione di dover mantenere un impiego poco gratificante perché pochi ex funzionari corrotti possano godere dei lussi che i paesi occidentali volentieri gli concedono in cambio di un bel sacco di sodi.
Putin ha offerto loro il suo modello di identità Russa post-sovietica, un modello generico di ortodossia cristiana e, appunto, orgoglio nazionale da alimentare con imprese di conquista e rivolgere contro un nemico ben definito, l’occidente, principalmente impersonificato nell’alleanza atlantica. Poco di nuovo sul fronte della propaganda dunque che però, in tempi di relativismo etico e crisi religiosa pone parecchi interrogativi anche dalla parte del nemico: dalla nostra parte, smascherandone l’inconcludenza istituzionalizzata e l’incapacità di una risoluzione efficace e definitiva del conflitto.
Spunti di riflessione notevoli quindi, soprattutto per noi occidentali oggi più informati che mai e forse ancora non pronti a fare i conti con i cadaveri che teniamo bene nascosti nei nostri armadi per far funzionare un sistema che offre molti vantaggi ma stenta tremendamente nel dimostrare di essere equo.