Agnese Palumbo
101cose da fare a Napoli almeno una volta nella vita
Newton Compton Editori
Tuoccame… – ripete Napoli – con tutti i sensi possibili. Non si arriva qui da turisti, troppo complicata per visitarla così. Bisogna passarle dentro, perché questa città inganna; bisogna entrarci con il corpo, perché la sua natura epicurea è l’unica cosa che sa tradurre. Ostensorio d’amor profano, sembra si sia concessa a tanti, ma solo in pochi hanno potuto realmente possederla, sentirsela addosso.
Napoli è un incontro di carne, un viaggio che diventa fisico quando si avverte allo stomaco la morsa di pietà per il ragazzino nella Chiesa del Carmine, la nausea alla Pignasecca, la claustrofobia a San Gregorio Armeno, lo smarrimento tra gli scacchi perfetti dei decumani; quando si avverte il tormento della Vergine, nascosta dentro la grotta, l’estasi per il piede d’oro di Maradona, la devozione nelle preghiere recitate per ll’anem’o Priatorio. Qui l’arte si ammira dai tappeti scorrevoli della metropolitana, spalancando la bocca tra le stanze di Capodimonte, perdendosi nella sensualità del diavolo intrappolato a Mergellina, assaggiando il caffè bohémien di Piazza Bellini. Ci si commuove guardando i tuffi dei pescatorielli dalle alture di tufo della Gajola, assaggiando la sfogliatella a via Toledo, sentendo il Cristo velato che palpita sotto il marmo o scoprendo che San Giovanni a Mare si allaga con l’alta marea, mentre Donna Marianna imponente ne protegge l’ingresso.
È questa una città di donne sensuali e sprucide per cui perdere la testa: popolane regine, contrabbandiere in gravide, rivoluzionarie, sante, vedette del Salone Margherita. È ancora qui la nostra sirena, a tender bene l’orecchio si può sentirla cantare, troneggia tra animali marini e zampilli d’acqua, nel cuore di Piazza Sannazaro. Il suo canto è più lieve, ma ci piace pensare che Ulisse ancora si danni per non averla ascoltata.
Per chi inizia questo viaggio non resta che un consiglio: immaginarsi un viaggiatore, libero da pregiudizi e luoghi comuni, che mette in borsa una buona dose di prudenza, tanta pazienza e un’infinita arrendevolezza. Del resto si sa, non facilmente si scende nelle viscere dell’Inferno, ma ancora meno, si regge alla vertigine del Paradiso.