Santasilia, Tra metafisica e storia
Santasilia, Tra metafisica e storia

Stefano Santasilia si è laureato in filosofia presso l’Università degli Studi di Napoli «Federico II». Successivamente ha conseguito la Licenza in Filosofia e Mistica presso l’Ateneo Sant’Anselmo in Urbe e il dottorato in «Culture dei Paesi di Lingue Iberiche e Iberoamericane» presso l’Università degli Studi di Napoli «L’Orientale». I suoi interessi di ricerca vertono sull’antropologia filosofica, sulla filosofia spagnola e ispanoamericana, e sulla filosofia della religione. Autore di saggi su alcuni esponenti del pensiero ispanico e francese, ha curato, insieme a Giuseppe Cacciatore e Pio Colonnello, il volume Ermeneutica tra Europa e America Latina (Armando, Roma 2008). Ha trascorso periodi di studio presso la Universidad Autónoma de Madrid, la Universidad Intercontinental de México e la Universidad Nacional Autónoma de México. Ha partecipato a numerosi congressi in Italia, Spagna e Messico. Ha tenuto cicli di lezioni e seminari nelle Università di Città del Messico e di Morelia. Attualmente collabora con la cattedra di Filosofia Teoretica presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università della Calabria. Lo abbuiamo intervistato a proposito del suo ultimo libro, Tra metafisica e storia. L’idea dell’uomo in Eduardo Nicol (ed. Le Càriti, 2010).

Prof. Santasilia, la sua formazione inizia dalla mistica: si è laureato in filosofia con una tesi sulla mistica in Thomas Merton, perfezionando gli studi al Sant’Anselmo di Roma, conseguendo anche la licenza in Filosofia e Mistica con una tesi sull’influenza di Meister Eckhart nella fenomenologia di Michel Henry. Come nasce successivamente il Suo interesse per la filosofìa hispánica?

Per rispondere in maniera esaustiva e diretta al suo quesito, credo sia necessario riprendere una distinzione, nonché questione, fondamentale riguardante appunto la definizione filosofìa hispánica. Se con essa intendiamo individuare solo una distinzione di carattere storiografico, ossia ci rivolgiamo ad autori di origine spagnola o latinoamericana, allora posso con certezza risponderle che tale interesse è sorto proprio a partire dai miei studi sulla mistica: lavorando su Thomas Merton e sulla lettura che questi effettua delle opere di San Giovanni della Croce e Teresa d’Avila, il mio interesse si è progressivamente spostato su alcuni autori del siglo de oro e, infine, sul pensiero spagnolo in generale. Di qui, lavorando su alcune ricognizioni storiografiche, nello specifico le opere di José Luis Abellán, ho rivolto la mia attenzione ad alcuni autori dell’esilio, tra cui appunto Eduardo Nicol. Il filo rosso che lega tali tappe nel mio itinerario di ricerca è sicuramente individuabile nelle questioni della «fondazione della soggettività» e del «limite». Se, invece, si vuole intendere filosofìa hispánica come una maniera peculiare di pensare, differente da altre «filosofie nazionali o regionali», allora non posso che rimandare al giudizio che lo stesso Eduardo Nicol dà rispetto a tali considerazioni, ossia che non siamo più nel campo della filosofia, bensì dell’ideologia; utile, magari da un punto di vista politico o storiografico, ma completamente fuorviante dal punto di vista filosofico.

Il suo saggio si intitola Tra metafisica e storia. L’idea dell’uomo in Eduardo Nicol. Com’è l’uomo visto dalla filosofìa hispánica e da Nicol in particolare?

Riprendendo quanto detto, descrivere la lettura che fa dell’umana esistenza tutta la filosofìa hispánica sarebbe un’impresa che va oltre i limiti imposti da un’intervista. In questo caso, per i caratteri peculiari, ossia lo «stile» del pensiero ispanico, non mi resta che rinviare al primo capitolo del libro dove viene approfondita appunto la questione, già citata, dell’ideologia. Venendo a Nicol, invece, l’dea dell’uomo costituisce proprio il momento cruciale dell’esistenza umana: l’uomo, infatti, produce, elabora un’idea di se stesso. Lo fa sempre, in ogni epoca, individualmente e comunitariamente, e tale idea caratterizza e, allo stesso tempo, modifica il suo stesso essere e modo di agire. Eduardo Nicol pone l’accento sul fatto che la questione fondamentale non sta nell’individuare quale idea dell’uomo sia corretta o meno, bensì nel riconoscere che l’uomo è appunto l’essere che elabora sempre, quindi che ha la necessità di elaborare, un’idea di se stesso. Comprenderà, allora, perché il «sottotitolo» del volume è «l’idea dell’uomo in Eduardo Nicol» e non «l’uomo secondo Eduardo Nicol».

Eduardo Nicol: la filosofia come «vocazione» e come «scienza». Che significa?

Per rispondere in maniera esauriente e diretta riguardo a tale questione mi sembra giusto rimandare direttamente al testo di Nicol El problema de la filosofìa hispánica. Il volume si divide in tre parti e nella prima Nicol esprime chiaramente la sua idea di filosofia come vocazione e scienza: la ricerca filosofica è vocazione non nel senso che riguardi solo alcune persone, anzi il filosofare riguarda ogni essere umano e ne è prova il fatto che intorno ai problemi base dell’esistenza ogni uomo si costituisca una propria idea e pretenda che essa sia rispettata (pur aprendosi al dibattito). Il dedicarsi alla filosofia è, allora, vocazione perché implica una disposizione d’animo non comune a tutti, una postura metodologica che riassume in sé un’attitudine personale ma anche la precisa scelta di «voler far scienza», ossia di volersi occupare di ciò che è básico, ciò che è massimamente comune dunque patrimonio di tutti. Da tale impostazione nasce proprio il tentativo di rifondazione della metafisica a partire dalla categoria di espressione. Un tentativo che conduce ad esiti riguardo ai quali si può certamente discutere ma che, a mio parere, ha il grande merito di tentare una conciliazione tra pluralità delle voci e comunità del fondamento. Allora, vocazione e scienza non si escludono perché si produce scienza secondo una vocazione che riconosce il comune, una vera e propria vocazione alla comunità, patrimonio di ogni uomo sebbene non tutti siano «vocati» a tali ricerche.

Ha scritto che «la realtà precede la ragione» (p. 141). In che senso (e fino a che punto) la «ragione storica» di Nicol critica la tesi parmenidea dell’identità tra l’essere e il pensare?

Affermare che, secondo Nicol, «la realtà precede la ragione» vuole essere un sottolineare la maniera secondo la quale il pensatore spagnolo intende la questione del metodo. La realtà precede la ragione nel senso che la ragione non è che la maniera di conoscere la realtà. Qui si può chiaramente notare, sebbene l’utilizzo della terminologia sia differente, il peso degli studi fenomenologici nello sviluppo della riflessione nicoliana. La realtà precede la ragione solo nel senso che non è possibile elaborare un metodo per «dire le cose» in maniera corretta, questo perché sempre le cose vengono «dette». L’intenzione di Nicol è quella di «ridurre» la questione al dato comune che è quello della ragione condivisa da ogni essere umano, la ragione storica perché espressiva. La ragione è la maniera di esprimere il dato reale comune incontrovertibile, condiviso perché sempre espresso. Per tale ragione, la critica a Parmenide è condotta da Nicol a partire dal riconoscimento della storicità costitutiva dell’espressione. Il problema di Nicol è che il dato comune per eccellenza, il reale, è il punto di convergenza delle coscienze, il dato dia-logico, è lì che si danno il reale e il razionale, e si danno storicamente. Pertanto, il «rimprovero» rivolto a Parmenide è quello di non aver considerato la storicità costitutiva della ragione espressiva stessa. Anche secondo Nicol non si può «uscire» dall’essere ma bisogna considerare che l’essere si dà solo come espressione, momento connotato da storicità. Non sottovaluterei, in questo caso, quanto il pensiero nicoliano sia prossimo ad alcune affermazioni di Eckhart, ma si tratta solo di una suggestione.

Che cos’è il «contro-discorso del metodo»? Che rapporto c’è tra Nicol e Cartesio?

Il «contro-discorso del metodo», nello specifico, è il titolo che Nicol dà ad un paragrafo della sua Metafìsica de la expresión. Il perché di tale definizione risiede nel suo opporsi al famoso «metodo» cartesiano. Affermando che il metodo non è che il funzionamento della ragione intesa come nostra modalità di esprimere il reale, Nicol non può che considerare fallace il principio cartesiano del dubbio metodico. Il dubbio non può esercitarsi sul dato evidente costituito dal convergere delle coscienze, ossia sul dato comune ed evidente del reale. La posizione di Nicol invita a riconsiderare il valore del senso comune, inteso come la considerazione dell’evidenza incontrovertibile di ciò che è comunemente sentito. Se la ragione è sempre dialogica e se nel logos condiviso (dia-logos) si esprime – quindi conosce – l’essere, allora il punto di partenza è in tale convergere, da considerare come dato incontrovertibile, e non in un «appiglio interiore» che può condurre solo ad un’impostazione solipsista. Questa la posizione nicoliana che, sebbene problematica, mi sembra estremamente interessante perché tenta di abitare l’aporia irrisolvibile di una correlazione fondante.

In che senso la filosofia è una forma di saggezza?

La filosofia è una forma di saggezza perché implica la capacità di individuare quelli che sono i principi fondamentali della conoscenza e quindi della scienza. Questo significa dire che tale capacità richiede un’attitudine particolare: Nicol parla di una capacità di raffinare il proprio pensare e sentire, una capacità che migliora solo attraverso l’esercizio e che si esplica nella vita stessa. Sicuramente, in tali affermazioni, è possibile riscontrare in maniera evidente tutto il peso della formazione intellettuale avvenuta nell’ambiente culturale catalano, del quale una caratteristica fondamentale è sempre stato il seny, ossia una forma di saggezza pratica che affonda le proprie radici nella phronesis aristotelica passando per la prudencia tanto elogiata da Baltasar Gracián.

In apertura del suo libro ringrazia doña Alicia Nicol per averLe permesso di accedere alla biblioteca personale del filosofo. Com’è la sensazione di incontrare l’uomo, oltre che il pensatore?

In realtà non ho potuto incontrare l’uomo, essendo Questi morto nel 1990. Sicuramente, però, ho avuto l’onore e l’importante possibilità di consultare la biblioteca dello stesso Nicol. Colgo ora l’occasione per aggiungere, al ringraziamento presente nel libro, un’ulteriore espressione di gratitudine nei confronti di doña Alicia per avermi concesso, alcuni mesi or sono, di prendere in prestito dalla stessa biblioteca un volume utilizzato da Nicol e di portarlo con me, per mostrare gli appunti del pensatore spagnolo segnati a margine del testo, agli studenti che hanno partecipato al seminario da me tenuto presso la Universidad San Nicolás de Hidalgo in Morelia (México), sull’idea dell’uomo in Eduardo Nicol e Francisco Romero. Avere una possibilità del genere è importante proprio perché ciò permette di analizzare in che maniera il pensatore ha letto e analizzato le opere di altri filosofi e, soprattutto, di individuare attorno a quali nuclei tematici si sono prevalentemente andate sviluppando le sue riflessioni.

Nelle Conclusioni accenna, senza approfondirla, a una differenza tra «limite» e «confine» gravida di spunti. È forse materia per un suo prossimo lavoro?

Come si suol dire in francese […] touché! La riflessione riguardo al limite, e nello specifico riguardo alla relazione tra l’uomo inteso come limite del mondo e come essere che vive «tra limiti» è ciò che, a partire dallo studio del pensiero di Eduardo Nicol, sta stuzzicando profondamente il mio interesse. Tempo fa ho dedicato alla questione un piccolo intervento tenuto in un congresso presso la Universidad Nacional Autónoma de México e pubblicato appunto negli atti di tale congreso (A. Constante – L. Flores Farfán (coords.), Topologías de la frontera, UNAM-Afínita, México 2009). Già lì meditavo, sulla scorta delle riflessioni di Nicol, Rombach, Kant, Trías e altri, riguardo alla differenza tra «limite» e «frontiera» […]e il mio meditare ancora continua. Di più credo di non poter dire ancora e penso che a breve darò il via proprio ad una riflessione sistematica riguardo tutto ciò.


S. Santasilia, Tra metafisica e storia. L’idea dell’uomo in Eduardo Nicol, ed. Le Càriti, 2010, pp. 272, euro 30.

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Paolo Calabrò
Laureato in scienze dell'informazione e in filosofia, gestisco il sito ufficiale in italiano del filosofo francese Maurice Bellet. Ho collaborato con l'Opera Omnia in italiano di Raimon Panikkar. Sono redattore della rivista online «Filosofia e nuovi sentieri» e membro dell'associazione di scrittori «NapoliNoir». Ho pubblicato in volume i saggi: – Scienza e paranormale nel pensiero di Rupert Sheldrake (Progedit, 2020); – Ivan Illich. Il mondo a misura d'uomo (Pazzini, 2018); – La verità cammina con noi. Introduzione alla filosofia e alla scienza dell'umano di Maurice Bellet (Il Prato, 2014); – Le cose si toccano. Raimon Panikkar e le scienze moderne (Diabasis, 2011) e 5 libri di narrativa noir: – Troppa verità (2021), romanzo noir di Bertoni editore (2021); – L'albergo o del delitto perfetto (2020), sulla manipolazione affettiva e la violenza di genere, edito da Iacobelli; – L'abiezione (2018) e L'intransigenza (2015), romanzi della collana "I gialli del Dio perverso", edita da Il Prato, ispirati alla teologia di Maurice Bellet; – C'è un sole che si muore (Il Prato, 2016), antologia di racconti gialli e noir ambientati a Napoli (e dintorni), curata insieme a Diana Lama.