Gli innamorati sono ossessionati dall’amata o rivelano durante quel periodo un tratto ossessivo, altrimenti latente. Ci sono delle ossessioni di cui non siamo perfettamente consapevoli. In alcuni scrittori un tratto ossessivo può diventare un’ossessione, finendo per diventare monotematici. Ma tutti gli autori hanno dei rovelli che diventano temi portanti delle loro opere. Alcuni scrittori cercano di cambiare nuclei tematici, ma finiscono spesso per ricondurre le nuove tematiche ai loro soliti rovelli. La scrittura è espressione della personalità più profonda e c’è una parte di noi, che forse è stabile, inalterabile. Diciamocelo tranquillamente: è difficile fare un’analisi della nostra mente, pur con tutta l’introspezione possibile, ma se guardiamo un poco dentro di noi le nostre idee, quelle che fanno da struttura al nostro sistema di pensiero, sono poche e ben ancorate. Bisognerebbe catturare un’idea ogni tanto e fare in modo che non diventi un’idea fissa, ma è quasi impossibile da fare perché siamo affezionati alle nostre idee, non ammettiamo che possano essere sbagliate e se qualcuno ce lo dimostra cerchiamo nuovi dati, nuove informazioni, nuove argomentazioni che possano corroborarle. In cosa si differenziano gli scrittori? Forse solo nel modo di elaborare e scrivere un’idea fissa! È difficile non essere ripetitivi: spesso la sostanza è la stessa e cambia solo la forma, che viene rinnovata nel tempo. Forse addirittura la scrittura dall’esito più felice consiste nel fissarsi su poche idee, sviscerarle, approfondirle, descriverle minuziosamente, farle diventare simboli, miti, allegorie. A volte ho la vaga sensazione che le opere omnie di autori geniali ruotino tutte attorno a poche idee di fondo, a pochi pensieri di base. Anche rappresentare le idee più comuni del genere umano può portare al successo. A volte penso che oggi ci sia ben poco o addirittura nulla da inventare, che tutto sia già stato scritto. A ogni modo si può cambiare un’idea fissa? Si possono eliminare delle idee fisse, ovvero delle convinzioni molto radicate in noi? Ci sono delle idee fisse che, pur non essendo dei pregiudizi che discriminano le persone, ci limitano, pregiudicano la nostra possibilità di allargare gli orizzonti. Ma partendo dagli scrittori il discorso si può estendere a ognuno di noi, a tutto il genere umano. In psicologia si intende per bias della conferma il fatto che selezioniamo nuove informazioni che confermino le nostre credenze. Le persone leggono giornali del loro orientamento politico, guardano telegiornali del loro orientamento politico, nei talk show ascoltano attentamente i politici della loro parte e magari cambiano canale quando prendono la parola i politici della parte avversa. Cerchiamo continuamente conferme. Se cambiamo idea è soprattutto perché la maggioranza ci condiziona, ci influenza, come ha dimostrato Asch con i suoi esperimenti di psicologia sociale. Il cosiddetto cambiamento di atteggiamento antiattitudinale avviene spesso solo per ridurre la dissonanza cognitiva. Cercare smentite è faticoso oltre che innaturale per la mente umana, ma la vera conoscenza come ci insegna Popper passa solo da lì, dalla capacità di mettere in gioco, in discussione le nostre idee, che non devono mai essere un chiodo fisso. E se è vero che le nostre aspettative rispetto agli eventi sono inconsce, deve essere più razionale possibile la verifica delle idee, ascoltando e leggendo anche chi non la pensa come noi.
Purtroppo cerchiamo sempre di convincere gli altri e molto raramente ci facciamo convincere dagli altri, talvolta anche quando le prove sono schiaccianti. Quante volte diciamo: “io rimango delle mie idee” oppure “io non cambio idea”? Ci sono delle idee talmente fisse che ci farebbe troppo male cambiarle o eliminarle. Ci sono davvero persone con menti così aperte da stravolgere il proprio sistema di pensiero oppure lo fanno solo per convenienza, per opportunismo, per migliorare la loro reputazione? A volte gli stravolgimenti sono indotti dalle circostanze esterne. Un nuovo amore, un nuovo lavoro, un nuovo giro di amicizie, la nascita di un figlio, la perdita di una persona cara, un trauma psicologico, una malattia portano a cambiare ad esempio l’autore, lo ispirano nuovamente, lo portano alla trattazione di nuove tematiche. Ma come fare per mettere alla prova le nostre idee, anche quelle più radicate? Ci vuole libertà di pensiero. Bisogna esercitare la libertà di pensiero ed è un compito impegnativo, a scanso di equivoci. Uno dei maggiori esponenti della libertà di pensiero è Galileo grazie a “Il dialogo sopra i due massimi sistemi”. In questa opera memorabile dialogano per quattro giorni Salviati, Sagredo e Simplicio. Galileo è nelle veci di Salviati, lo scienziato copernicano. Sagredo è la spalla di Salviati, mentre Simplicio difende la teoria aristotelica. Ricordo che la terra era immobile secondo Aristotele e anche secondo la Bibbia; infatti nell’Ecclesiaste si trova scritto: “La Terra rimane sempre al suo posto” e “il sole sorge e tramonta tornando al luogo da cui si è levato”. Galileo tramite la logica deduttiva smonta gradualmente la teoria aristotelica e di conseguenza qualsiasi principio di autorità. Ci dimostra che non esistono certezze assolute, ma che piuttosto dobbiamo coltivare i dubbi. Quindi i principi cardini della libertà di pensiero sono l’uso della logica deduttiva, della correttezza delle argomentazioni, indipendentemente dall’autorità o meno degli interlocutori. J.S.Mill nel 1859 scrive “On liberty”, un testo magistrale, in cui dichiara che la discussione è l’unico modo per avvicinarsi alla verità. Secondo il filosofo inglese si può correggere gli errori solo tramite la discussione e l’esperienza: non basta la sola esperienza. J.S.Mill con questo libro diventa il massimo esponente della libertà d’espressione. La sue argomentazioni sono lucide e di una semplicità sbalorditiva. Il filosofo scrive: “Non possiamo mai essere sicuri che l’opinione che cerchiamo di soffocare sia falsa; e se ne fossimo sicuri, soffocarla sarebbe ugualmente un crimine”. Infatti ci spiega che qualsiasi opinione censurata potrebbe essere vera. In secondo luogo se l’opinione è errata, potrebbe comunque contenere una parte di verità, visto che raramente si ottiene la verità intera. Inoltre anche se l’opinione in questione fosse totalmente errata, servirebbe a mettere ancora di più in risalto l’opinione che contiene la verità. Essere liberi vuol dire anche essere aperti mentalmente e disposti a vagliare anche le ipotesi più improbabili. In diversi ambiti della vita umana infatti non esistono riscontri oggettivi e i fatti talvolta si prestano alle più disparate interpretazioni. Per i suddetti motivi Popper in “Congetture e confutazioni” critica il comportamento dogmatico nell’ambito epistemologico e ne “La società aperta e i suoi nemici” anche nell’ambito politico. Popper ci insegna che la miglior cosa è avere un atteggiamento critico. La conoscenza umana infatti è fallibile e perfettibile; perciò necessita continuamente di modificazioni e correzioni. Idee, ismi e teorie non devono mai essere accolti passivamente e pedantemente, ma devono essere rielaborati e discussi. Il filosofo austriaco ci mette in guardia: l’irrazionalità -ci dice- porta a cercare conferme piuttosto che lati deboli e zone d’ombra delle nostre teorie e opinioni. Va ricordato infatti che qualsiasi teoria scientifica, economica, filosofica fornisce apporti di conoscenza, però ha anche dei limiti. Questo non significa che dovremmo essere pessimisti. È accertato ormai che la mente umana non è uno strumento universale come pensava Cartesio. Esistono dei limiti nell’ambito del pensiero umano e della ricerca. Ma come ci ricorda Chomsky in “Linguaggio e problemi della conoscenza” se ci sono questioni che l’uomo non riesce a risolvere vuol dire che ha la facoltà di risolvere altri tipi di problemi.