Stefania, la mia amica Stefania, a scrivere ci ha preso gusto. Questo è il suo quarto libro, e viene dopo «Roma nascosta», 1984; «Matrioska», 2001 e «Gli scheletri di via Duomo», 2009. Per sovrappiù cura la pagina settimanale «Scritture & Pensieri» del quotidiano «Corriere Nazionale».
Vive tra la Francia e l’Italia.
Il libro narra la storia del poeta e scrittore Jean-Claude Izzo, figlio di Gennaro, un emigrante partito, ragazzino di dodici anni, da Napoli alla volta di Marsiglia per raggiungere il fratello e la sorella, lì emigrati. Nell’ultima guerra Gennaro sarà un soldato francese, ma un soldato tutto speciale perché «parlava napoletano».
Un avvio dal piglio deciso, quello della Nardini, che non concede niente al superfluo e che intride la scrittura, precisa e asciutta, di una tenerezza soffusa.
Napoli e Marsiglia sono le due città che la Nardini ama di più, e si sente. Nella prima ha ambientato «Gli scheletri di via Duomo», ora è la volta di Marsiglia. In entrambi vi si esprimono sentimenti destinati a lasciare tracce indelebili per tutta la sua vita.
Marsiglia è un porto di mare dove arrivano in tanti, di ogni razza. La delinquenza la fa da padrona, in mano soprattutto ai siciliani e ai corsi. Non è una città facile, la vita vi si snoda duramente. Come non ricordare il film «Il clan dei marsigliesi» di José Giovanni, del 1972, tratto dal romanzo dello stesso regista, «Lo scomunicato», ambientato proprio negli anni ’30 e ’40, con uno splendido Jean Paul Belmondo e con quella celebre colonna sonora di François de Roubaix.
Dal matrimonio di Gennaro con Isabel (detta Babette) nasce a Marsiglia il 25 giugno 1945 Jean-Claude, che fu giornalista, narratore e poeta. Alla sua fama è legata la trilogia marsigliese, composta da tre romanzi di grande successo: «Casino totale», 1995; «Chourmo. Il cuore di Marsiglia», 1996, e «Solea», 1998. Morirà ancora giovane per un cancro ai polmoni il 26 gennaio 2000, a Marsiglia.
La Nardini ripercorre la sua vita di figlio di immigrati («rital»), conquistata dalla sua personalità. Si avvale dei suoi scritti e delle testimonianze lasciate dai suoi genitori Gennaro e Babette, dagli amici, dal figlio Sébastien e dalle donne da lui amate.
La Marsiglia disegnata è quella dell’immigrazione, dei sogni e degli ideali che vi si formano e vi si consumano. L’immigrato (il «rital») cresce per conquistarsi una propria identità: «Ricordo che da ragazzino dicevo agli amici che a casa mia si parlava napoletano, a casa di un altro spagnolo, e a scuola imparavamo il francese. E ci ponevamo una domanda: ma in fondo cosa siamo?»
Jean-Claude comincia il suo cammino, conosce giovani come lui, inizia a muoversi, a prefiggersi delle mete.
Pacifista, si trova mandato nella Legione straniera. Cattolico di Pax Christi, passa al Partito Socialista Unificato, poi al Partito Comunista Francese, quando questi condannò l’invasione della Cecoslovacchia.
Sposa Marie-Hélène che condivide i suoi ideali anche dopo che Jean-Claude la lasciò per nuovi amori: «Perché per Izzo l’amore è sempre stato un sogno da realizzare.» Dal matrimonio nasce il figlio amato, Sébastien.
Izzo ha vissuto da protagonista, con la sua militanza politica, con le sue poesie e con i suoi romanzi un periodo, quello degli anni Sessanta che modificò il corso della Storia, non solo europea.
Chi ha la mia età ricorda i tanti sogni, gli eccessi giovanili, la voglia di ribellarsi e di cambiare la società. Izzo li fece propri.
Capì comunque che l’impresa era ardua, gli ostacoli molti, e nemmeno si illuse che il suo contributo sarebbe stato ricordato. Scriveva sul giornale del Pcf, «La Marseillaise», eppure, ricorda l’autrice, nella pubblicazione del 2004 che celebrava i sessant’anni del giornale «Jean-Claude Izzo non è neppure citato.»
Al tempo in cui Marsiglia fu chiusa nella morsa della speculazione edilizia, e in particolare della costruzione di un grosso centro siderurgico, Izzo fu in prima linea con i suoi articoli. Non avendo la patente, si recava a Fos sur mer in bicicletta. La speculazione illuse e lasciò sul lastrico molte famiglie. Izzo non si arrendeva. In quegli anni uscirono le sue poesie e via via tutti i suoi scritti di denuncia. Segnato dalla malattia, non si lasciava vincere.
L’autrice, nel rendere omaggio a questa figura, attraverso di lui rende omaggio anche alla vecchia Marsiglia, quella che ancora resiste, ventre di un mondo multietnico, dove la povertà e il sogno convivono: «Dalla collina di Notre Dame de la Garde sembra che sia Marsiglia ad avvicinarsi allo sguardo. Una città diseguale, prepotentemente portuale nonostante le nuove logiche dello sviluppo urbano. Città dall’umore variabile. La rabbia del mistral, il silenzio delle calanche.»
Scrive ancora l’autrice: «Marsiglia non è ricca. La sua povertà ancestrale è un motivo ricorrente nell’opera dello scrittore. Anche se nella povertà scorge una condizione di libertà anarcoide, di umana felicità condita dal diritto al sogno.
Quando lascia il Pcf, lo fa senza polemica, ma non lo considera più un partito vicino alla gente, bensì «gerarchizzato, incapace di inventare movimenti. Andava tutto deciso a Parigi.» I suoi sforzi mirano a diffondere la cultura tra la povera gente, lo fa anche distribuendo ciclostilati ai lavoratori del porto: «Facciamo venire a Port de Bouc una pièce di Dario Fo. Dario Fo ha messo in scena ciò che accade a Verona come a Milano; è esattamente lo stesso problema perché lo sfruttamento è uguale in Italia come in Francia.»
Si trasferisce a Parigi e la sua attività diventa ancora più intensa, fa nuove amicizie, continua a scrivere poesie e per il teatro, scrive anche testi per canzoni, incontra Beatrice, il suo nuovo amore, ma non l’ultimo. Farà dire al suo personaggio più importante, il poliziotto Fabio Montale: «Non sono mai stato capace di tenermi accanto le donne che ho amato.»
È nella casa di Parigi che scrive il racconto «Marseille, pour finir» che, finito nelle mani di Patrick Raynal, direttore della collana noir di Gallimard, darà il via alla celebre trilogia che farà di Izzo «uno dei più grandi autori di noir.»
Marsiglia è diventata la città dell’autrice grazie ai libri di Izzo, ne ha scoperto la luce e ancora l’ama. Porta nel suo cuore le parole che Jean-Claude dedicò alla città: «Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere a favore o essere contro. Essere violentemente. Solo allora, ciò che c’è da vedere si lascia vedere […]»