L’ultima intervista rilasciata il 24 luglio 2024 da Carlo Calenda a Maria Teresa Meli su Il Corriere della Sera offre uno spunto interessante per riflettere sulla figura politica dell’attuale leader di Azione. In questo confronto, Calenda tenta di delineare una visione di politica seria e centrata, ma le parole del leader sollevano dubbi e critiche che meritano di essere esaminati nel dettaglio.
La vera capacità politica di un leader bollito
Carlo Calenda si è trovato a raccogliere le briciole di un’elezione fallimentare dopo l’altra, cercando di mantenere viva una leadership che sembra più interessata a fare la conta dei pidocchi tra il suo micropartito e i piccoli alleati che lo circondano. La capacità di incidere realmente sul panorama politico appare ormai compromessa, con una leadership che ha perso smalto e forza, rimanendo confinata a un ruolo di mero commentatore. Le sue continue critiche al “campo largo” e l’insistenza sulla necessità di un centro politico forte sembrano essere più un tentativo di rimanere rilevante che una reale proposta di governo.
Narcisismo e frammentazione politica
Calenda non è solo in questo narcisismo politico che ha frammentato eccessivamente il quadro politico italiano. La sua intervista non è altro che l’ennesima dimostrazione di come personalità di questo tipo, più interessate a risaltare individualmente che a costruire un progetto collettivo, abbiano contribuito a rendere il panorama politico un mosaico di piccole fazioni in continua lotta tra loro. Questo egocentrismo non solo danneggia la possibilità di costruire alleanze solide, ma allontana anche gli elettori, stanchi di assistere a continue guerre di posizione.
Il paradosso della politica al ribasso
Il discorso di Calenda riflette un paradosso tipico della politica al ribasso: meno contano, più parlano. La sua enfasi su questioni come l’Autonomia differenziata o la critica agli “spettacoli” politici degli avversari suona vuota senza un’effettiva capacità di influenzare le decisioni. Sembra che Calenda creda che una maggiore quantità di parole possa compensare la mancanza di azione concreta, trattando l’opinione pubblica come una massa facilmente manipolabile con discorsi roboanti ma privi di sostanza.
Balanzoni di un carnevale senza arlecchini
Le grandi idee di cui Calenda si fa portavoce appaiono come una facciata dietro cui si cela il vero obiettivo: la preservazione del proprio posto. Il sospetto è che, più che un progetto politico serio, ci sia una recita ben orchestrata per mantenere visibilità e rilevanza. I suoi appelli a un “centro serio” e le critiche ai populismi suonano come le parole di un balanzone in un carnevale privo di veri arlecchini, dove la politica diventa un teatro dell’assurdo.
Generali senza soldati
Calenda, come molti altri leader di piccoli partiti, sembra un generale senza esercito, capace di spendere e spandere i resti del finanziamento pubblico per ottenere un’apparenza di visibilità sui media. L’ossessione per apparire in TV o sui giornali per avere “mezza notizia in più” riflette una strategia di sopravvivenza più che una reale volontà di incidere politicamente.
Il sofisma del centro
Il richiamo al centro politico come “non luogo” a cui tutti vogliono tendere è l’ennesimo sofisma della politica attuale. Calenda ne fa il suo cavallo di battaglia, ma questa insistenza su un centro ideale, privo di una reale collocazione politica e programmatica, appare come un tentativo di giustificare una posizione di continua mediazione che alla fine non porta a nulla.
Il ballo dei macachi impazziti
La scena politica descritta da Calenda sembra un ballo di macachi impazziti, con leader che si affannano a trovare una posizione mentre i veri carovanieri, quelli della destra e della sinistra tradizionale, continuano imperterriti nei loro traffici redditizi. Mentre Calenda e altri come lui si perdono in discussioni sterili e polemiche, i veri decisori politici non perdono tempo, concentrandosi sui loro obiettivi concreti.
In conclusione, l’intervista di Calenda non fa che rafforzare l’idea di una politica italiana frammentata, narcisista e spesso autoreferenziale. Le sue parole, lungi dal rappresentare una visione chiara e incisiva, sembrano più un tentativo disperato di rimanere a galla in un mare sempre più agitato, dove la credibilità e la capacità di incidere realmente sono ormai messe in discussione.