Scienza e incanto
La scienza è la fede del nostro secolo ed ha aiutato l’umanità a migliorare le proprie condizioni di esistenza materiale. Questa è un’affermazione vera senza alcun dubbio nella mente della maggioranza degli abitanti dei paesi industrializzati. Vera per un vago 60% degli abitanti della terra.
Grazie allo sviluppo tecnologico ampie sacche di fame endemica sono state bonificate, si sono potute curare centinaia di milioni di persone che sarebbero altrimenti morte per le malattie più banali e molte persone che non avevano un tetto sotto cui ripararsi, mettendosi a disposizione del sistema industriale, hanno potuto costruirsi un’abitazione, ottenere un’istruzione, l’umanità, con questa nuova fede, ha raggiunto un livello di espansione che non aveva mai raggiunto prima: praticamente 109 abitanti sul pianeta terra.
I problemi però non mancano ma sono convinto che la popolazione negli anni futuri regredirà, in tutti i paesi più avanzati la mortalità è superiore alla natalità e il problema demografico più consistente è l’invecchiamento della popolazione ma non è tutto.
Il problema vero è che i beni e i servizi dei paesi più avanzati, tra cui ci metterei anche l’Italia, non solo non sono accessibili alla gran parte della popolazione del pianeta, ma stanno diventando inaccessibili anche per una buona fetta degli stessi abitanti dei paesi avanzati. Il costo di queste nuove tecnologie, per la complessità delle nuove scoperte, in un bilancio complessivo, supera i benefici che portano all’insieme della popolazione. Ci siamo resi conto che comfort come l’automobile, il frigorifero, il condizionatore, una rete superveloce se venissero estesi all’intera popolazione del pianeta lo ridurrebbero a una discarica di materiali e gas tale da rendervi impossibile la vita per gli umani. La soluzione di questo problema, ovviamente, non può consistere nella negazione di questi benefici a chi non li ha ancora ottenuti, ma neanche nella produzione di sistemi tecnologici e sociali talmente complessi e costosi da diventare incomprensibili persino per i loro ideatori.
La soluzione sta nella rinuncia volontaria ai privilegi non sostenibili per il pianeta. Un discorso utopico da idealista cronico? Certo, lo devo ammettere, ma cosa c’è di scientifico nella proposta di colonizzare Marte o la Luna? In cinquant’anni di esplorazioni spaziali nello sgabuzzino di casa (la Luna), siamo riusciti a portare a casa 400 kg di merce sotto forma di campioni da analizzare, per arrivare in fondo al giardino (su Marte) e tornare a casa non si sa con precisione se saranno necessari tre, dieci o più mesi di viaggio spaziale. Raggiungere un’altra stella con un sistema planetario in cui andare a ficcare il naso alla ricerca di un altro pianeta abitabile è una favola che può far sognare i bambino ma offende l’intelligenza di qualunque adulto normodotato.
La situazione è anche più complessa di così perché alcune tecnologie, in termini pratici, hanno veramente migliorato l’efficienza energetica del nostro modo di vivere ad un costo ragionevole, ma sperare nella buona volontà della gente per sistemare un po’ i guai che abbiamo combinato fino ad ora è veramente più utopico di questi scenari da propaganda del terzo millennio?