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(voce di SopraPensiero)
Oltre 250.000 visitatori, solo nell’ultima giornata circa 44.000 presenze: malgrado il maltempo abbia imperversato per buona parte del festival, l’edizione 2018 di Lucca Comics & Games chiude con numeri estremamente incoraggianti, solo nel 2016 gli organizzatori erano riusciti a fare meglio. Molti i personaggi intervenuti per salutare il pubblico e attirare la sua attenzione con conferenze e appuntamenti agli stand, pronti a concedere l’autografo da apporre sulle copie delle illustrazioni o sulle pubblicazioni. Tra questi anche alcuni nomi legati solo indirettamente al fumetto, come il regista Ruggero Deodato che ha incontrato il suo pubblico all’Auditorium San Gerolamo in occasione dell’uscita di Cannibal holocaust 2, sequel in un volume in parte a fumetti del film più controverso del cineasta. Erano presenti l’editore Nicola Pesce insieme al disegnatore Miguel Angel Martinez, autore della parte grafica.
“Il secondo copione lo scrissi tempo fa allo scopo di riprendere la storia del film, ma non ho mai voluto girare il sequel malgrado abbia ricevuto diverse richieste – ha spiegato Deodato – mi rendevo conto che una continuazione sarebbe scaduta nell’immaginazione, mentre io avevo voluto incentrare l’opera sul realismo. Adesso questa pubblicazione permette al pubblico di conoscere il testo che era rimasto nascosto nel cassetto. Tutti sanno che Cannibal holocaust per molto tempo ha suscitato la disapprovazione dei benpensanti, un giudice milanese addirittura arrivò a pensare che gli attori erano stati uccisi veramente, solo negli ultimi venti anni il film è stato riscoperto per diventare un cult del suo genere. Eppure fin dal suo esordio portò grandi vendite, gli spettatori dimostrarono di apprezzarne il realismo.”
E tra una battuta per distendere l’atmosfera e una riflessione sull’avventura di ricostruire sulla pellicola il modo di vivere di un popolo primitivo, il maestro ha voluto raccontare nei particolari la realizzazione delle scene più significative, testimoniando le enormi difficoltà che dovette affrontare con la sua troupe per convincere a collaborare gli indigeni. Ha iniziato con la scena della ragazza impalata, certamente una delle immagini del film rimaste impresse nella memoria del pubblico e più difficile da girare, che dà il via all’orrore o, come ha detto lo stesso Deodato, alla carneficina. “Immaginate cosa può comportare spingere una ragazza indios a interpretare una scena del genere – ha continuato il cineasta – avere bisogno della sua collaborazione, anzi essere consapevoli che dalla sua performance dipende buona parte della riuscita delle riprese. Nel mio staff, fortunatamente, avevo uno scenografo di un’abilità impareggiabile che aveva lavorato con Federico Fellini, capace di escogitare un trucco per rendere reale la finta esecuzione tanto geniale nella sua semplicità, quanto economico. La mattina delle riprese mi disse che aveva impalato la ragazza spendendo solo 10 dollari.”
L’interesse di Deodato per le comunità primitive e la possibilità di insegnare al pubblico attraverso il realismo cinematografico aveva già dato i suoi frutti tre anni prima la realizzazione di Cannibal holocaust con Ultimo mondo cannibale, altra pellicola altrettanto impegnativa nei suoi tempi di realizzazione. “Malgrado avessi di fronte selvaggi con cui era quasi impossibile comunicare – ha continuato il maestro – notai subito che tra di loro si intendevano benissimo mugugnando, così iniziai a emettere i loro suoni e a imitarli nel loro gesticolare e riuscì a stabilire un contatto. Girare film come Cannibal holocaust o Ultimo mondo cannibale era veramente difficile, ma all’inizio il nostro sacrificio non fu capito. I primi a chiamarmi per darmi la notizia che Cannibal holocaust sarebbe stato proiettato nei cinema furono gli inglesi. Il film era stato vietato in tutti i paesi anglosassoni per le presunte violenze sugli animali, ma finalmente anche se era passato molto tempo in Inghilterra i benpensanti avevano capito che l’opera doveva insegnare e non spaventare. Credo sia stata l’uscita di The blair witch projet a portare un clima di maggiore tolleranza per le forme più forti del genere horror. Da quel momento il mio film ebbe un grande successo fino a diventare un cult. Oggi è al secondo posto tra le cento pellicole più impressionanti della storia, il primo podio se lo è guadagnato Pasolini con Salò e le 120 giornate di Sodoma, il terzo posto è andato a Kubrik con L’arancia meccanica.”
Quella di Deodato è stata una carriera segnata dalla costante ricerca nei linguaggi cinematografici, che lo ha spinto nei sui quaranta film a cimentasi con vari generi tra loro totalmente diversi e a lavorare persino per la pubblicità. Un’inesauribile desiderio di lasciare il proprio contributo che gli ha recentemente valso il Leone d’oro, consegnatogli in Parlamento. Ma per una buona parte del pubblico resta il regista di Cannibal holacaust, specialmente per gli appassionati delle storie violente che sono rimasti stregati dal realismo del film. “Eppure io non credevo al tempo di aver dato vita a una pellicola così forte – ha puntualizzato il regista – fu Sergio Leone a farmelo notare. Dopo aver affermato che la seconda parte del film era un capolavoro, mi consigliò di addolcirla con una colonna sonora melodiosa e rilassante e capii immediatamente che aveva ragione. Anche se può sembrare un paradosso, una musica dolce richiama l’attenzione dello spettatore anche sulle scene più forti rendendole sopportabili, mentre una colonna sonora dal ritmo accelerato disorienta. Tutti sanno che negli ultimi anni la musica del mio film è stata persino impiegata nei matrimoni tanto è diventata nota, questo dimostra che era la scelta adatta perché è rimasta nell’orecchio degli spettatori.”
Deodato ha voluto chiudere la sua chiacchierata con un riferimento alla storia del cinema e alla condizione attuale in Italia, certo dell’importanza di questi temi e del desiderio del pubblico di conoscere le sue opinioni in merito. “Oggi è troppo difficile trovare i finanziamenti per fare cinema – ha spiegato – in passato il mercato aveva tutt’altra vitalità. Per Cannibal holocaust ricevetti dalla Germania e dal Giappone un finanziamento di 180 milioni di Lire, ne spesi 110 e con il rimanente realizzai un’altra pellicola. Capite bene che in questa condizione era molto più facile produrre. Ma c’è da dire anche che i ragazzi sono poco attratti dal grande schermo, sono legati alla televisione e spesso non conoscono nemmeno i maggiori registi, come Fellini o Petri. Due nomi, ma ne potrei fare molti altri. I grandi del cinema italiano sono stati dimenticati anche all’estero, un’inevitabile conseguenza delle loro scelte di mercato perché non erano interessati ad esportare le pellicole, appagati dal grande successo che avevano in patria. Da questo punto di vista sono stato fortunato per la notorietà che il mio film mi ha dato al di là delle Alpi.”