Silvia Roth, Regali mortali, traduzione dal tedesco di Silvia Piccolo, casa editrice Booksalad, Anghiari (AR) 2013, pagg. 420, € 15,00

copertina Regali Mortali

La simbologia del fiore intrisa di sangue

Ti porto come una ferita

sulla fronte che non si rimargina.

Non sempre duole. E il cuore

non ne muore dissanguato.

Solo talvolta sono di colpo accecato

e sento del sangue in bocca.

(Gottfried Benn)

Sono poesie quelle che tornano quasi assillanti a introdurre alcune sezioni del romanzo e alitano come fiato sul collo, come se a scriverle fosse un respiro continuo, soffocante, alienante, tanto silenzioso ed insistente da farsi assordante ed insieme offerente. Il dono di una rosa lasciata cadere a terra è il primo dono mortale. Il primo a segnare nel testo un pensiero persecutorio che stringe come una morsa lo stesso persecutore: «solo talvolta sono di colpo accecato/ e sento del sangue in bocca»; e coloro che investigano caparbiamente su una serie di omicidi d’apparenza seriale. E Lei.

E i lettori, sui quali il narrato non può non far presa, impregnato fin dall’inizio da un andamento ascendente che mai perde il climax appassionato di una ricerca in salita della quale fino alla fine è impossibile anche solo intuire la soluzione.

Due investigatori, entrambi alla ricerca di un’autoaffermazione per riuscire a distanziarsi dalle proprie situazioni personali di autentica sofferenza nel quotidiano. È proprio nella forza che impiegheranno, la caparbietà senza sosta, i dubbi, gli abbattimenti, i silenzi, che nascerà una improvvisa complicità di lavoro e di com-prensione.

Nessuno sfugge all’attenzione profonda della narratrice, un’indagine profonda di ognuno fa da coagulo al dolore che scorre nelle pagine e unisce il romanzo in un’equilibrata cifra stilistica, senza sbavature, senza disarticolazioni di parti, senza neanche una centralità di nucleo.

Il filo rosso sono le poesie, la grafia in corsivo che àlita pesante e pervade di presente assenza ogni rigo del testo.

È difficile guardare quei corpi di donne, uccise senza difendersi, così come se non se lo fossero aspettato… difficile ed inquietante.

Un crisantemo è poggiato su una donna, ma dentro il ventre squarciato e aperto, quasi ad accogliere il fiore dei morti… e sulla cavità degli occhi di un’altra vittima, vuoti del bulbo oculare sono seminati semi di papavero. Ad indicare la caducità, la brevità, la labilità della vita, forse? E leggiamo:

l’accecato

papavero scarlatto

mugghia sanguinante

sui campi sconquassati

del mio animo

a te

sempre e solo

a te

«[…] a notte mi sveglio nel cuore della notte e li fermo tutti proprio tutti gli orologi». Ed è il tempo che si dilata nel testo. Nonostante i luoghi circostanziati, gli interrogatori, gli orari degli omicidi, le ambientazioni, le descrizioni dettagliate dei personaggi, l’atemporalità domina sovrana il romanzo della Roth. Sfuma come in un mondo altro e in un passato che torna con doni mortali. E tutti sembrano attendere.

Anche Lei.

Silvia Roth ha studiato lettere, anglistica e filosofia. Ha già pubblicato in Germania romanzi di grande successo. Di essi sono state realizzate diverse riduzioni cinematografiche. In autunno pubblicherà il prossimo lavoro con la Book Salad.