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L’autore è un giornalista che ha già al suo attivo varie opere tra cui il suo primo romanzo «Teroldego», del 2005. Si interessa anche di teatro.
Il protagonista, Giacomo Andreatti, 48 anni, è un medico di base e conduce la solita vita di routine, ambulatorio e casa. La storia è ambientata in un futuro non lontano (è già stato costruito il Ponte sullo Stretto, la tecnologia si comanda con gesti delle mani, le auto, anche quelle veloci, sono elettriche e silenziose, oppure vanno ad idrogeno, agli immigrati è stato concesso il diritto di voto, i preti possono sposarsi, il papa si chiama Paolo VII).
L’apparizione di una vecchia sdentata che, appostata sul marciapiede, irride ai passanti, offre al protagonista l’occasione di ripensare alla sua vita. È sposato con Margherita, agente immobiliare in proprio, ed ha due figli, il maggiore si chiama Francesco, fidanzato con Debora; l’altro è Nicola. Ha un fratello, Giorgio, maggiore di lui di tre anni.
La scrittura è ordinata e piacevole e vi si coglie il gusto del raccontare. Tutto procede senza fretta, lasciando che le cose si sviluppino da sé, secondo la stessa logica della vita.
Il lavoro di medico lo porta ad analizzare la società e gli uomini che la compongono. La paura è il fattore dominante; si ha paura di ciò che può accadere. Ne conseguono frustrazione ed ansia, un accavallarsi di insicurezze e di infelicità.
La morte del padre Franco, eminente uomo politico della città di Trento, dà al protagonista, che oltre ad essere medico ha scritto anche un libro di successo, l’occasione di alcune riflessioni. Sono tutte improntate ad una certa malinconia, come se dalla vita ognuno di noi non possa attendersi mai la felicità: meta impossibile visto che gli intrecci di essa ci riservano in misura assai abbondante quelle che vengono definite le meccaniche dell’infelicità, da cui il titolo dell’opera.
Uno dei passaggi più significativi a questo proposito è rappresentato dalla descrizione della morte della madre, molto succinta ma intrisa di una struggente delicatezza. Quelle mani che scivolano da quelle dei due figli per offrirsi alla morte sono una delle meccaniche dell’infelicità. La levità di un commiato che nella sua dolcezza produce dolore e malinconia.
Tutto torna, comunque, giacché tutto rientra nelle «geometrie esistenziali dell’umanità», una felice espressione con la quale l’autore evoca ed accetta un ordine universale del quale anche l’uomo è parte e protagonista.
La politica viene affrontata come una sorta di spartiacque tra l’individuo come è realmente, e la maschera che deve indossare quando assume l’incarico pubblico: «Fare il politico voleva dire diventare un altro mantenendo inalterate le mentite spoglie di se stesso.»
Occupa una parte di rilievo e dà modo all’autore di disegnare un quadro non confortante – e non nuovo – della relazione tra politica e affari.
A complicare le cose ci si mette pure una giornalista impicciona, Giuliana Martini, che – ma solo in un primo tempo – sembra interessata a danneggiare il fratello Giorgio, candidato a succedere al padre nella carica di presidente della Provincia, anche facendo rivelazioni sulla vita privata di Giacomo. La figura di costui viene marcata dall’autore assegnandogli una specie di presunzione e di snobismo per la sua attività di scrittore che, se è parallela a quella più stabile di medico, e sebbene il protagonista cerchi di ridurla a faccenda di poco conto, lascia qualche segno di vanità nella trama. Un compiacimento letterario che costituisce una costante della storia.
Il romanzo cerca di risolvere anche un giallo, la morte di Vigilio Endrizzi, il marito di una vecchia fiamma del protagonista, Elisa. Giacomo ne è coinvolto, si sospetta di lui e viene perfino messo in carcere, dove va a trovarlo un vescovo, don Alessandro Maria Cagnan, vecchio amico del padre, con il quale intavola una conversazione su Dio e la Fede, che ha il suo più illustre precedente in quella tra Dimitri e padre Zosima ne «Fratelli Karamazov».
Spunta perfino un losco individuo, Renato Gasperi, che ricatta Giorgio, il fratello di Giacomo.
Sono ancora una volta e sempre le meccaniche dell’infelicità. Sono sparse lungo tutto il tempo della nostra esistenza, ci fa capire l’autore. Si possono evitare? E come? Tornando agli affetti genuini, tra i quali quelli che non vanno mai del tutto in frantumi legati alla famiglia. Si possono ritrovare, ricucire, farli di nuovo i compagni inseparabili della nostra vita.