Il narratore mentre si appresta a raggiungere il maniero degli Usher per venire in soccorso all’amico Roderico, l’ultimo discendente di una storica casata, resta profondamente turbato dall’aspetto spettrale dell’edificio. Intorno una natura malata e segnata dall’abbandono fa da cornice a un luogo che porta su di sé il peso del costante e inesorabile delirio della stirpe che lo ha abitato. Probabilmente chi scrive immagina di vivere un’avventura al confine tra realtà e trascendenza, anche se non ci sono riferimenti che possono spingere a pensare che narratore e autore siano la stessa persona.

Il viaggiatore pensa di volgere lo sguardo all’immagine della casa Usher riflessa in uno stagno, nella vana speranza di interrompere almeno per alcuni attimi la visione terrificante, ma nello specchio d’acqua il maniero non perde il suo orribile aspetto. Quando entra nella dimora affronta con coraggio ogni visione spettrale che lo assale e lo rende profondamente turbato; a ogni angolo, sulle pareti o negli arredi, si nasconde lo spirito irrequieto della casa che vorrebbe convincerlo a fuggire. Usher è nella stanza centrale e l’immagine del suo corpo consumato dal dolore della mente, tanto da rendere il colore della pelle cadaverico e i movimenti inumani, sembra appartenere a una dimensione prossima alla vita ultraterrena. L’ospite è reso partecipe dei deliri dell’amico fino alla tragica scomparsa di Lady Madeline, la sorella gemella di Roderico il cui il corpo, per volontà del fratello, viene lasciato per alcuni giorni nella cripta. È allora che Usher smette di comunicare le sue convinzioni e di trasmettere l’alterazione della mente attraverso la musica e la pittura coltivate in un incontrollabile delirio, fino alla notte risolutiva. La notte durante cui lui e Madeline raggiungono la trascendenza a cui hanno sempre aspirato.

È la trama di uno dei brani più allucinati e angoscianti dello scrittore americano Edgard Allan Poe, tra i rari miti letterari delle ultime generazioni, apprezzato perché nel suo modo di interpretare la paura e l’irrealtà si riconoscono le basi della narrativa horror, che come ogni forma di letteratura di genere è stara impostata nel romanzo e successivamente ha avuto uno sviluppo a vari livelli nel cinema. “La caduta della casa degli Usher” (a volte anche con i titoli“La rovina della casa Usher” o “Il crollo della casa Usher”) fu pubblicato su “Burton’s magazine” nel 1839, mentre a livello cinematografico fu Jean Epstein a farne una delle prime trasposizione nel 1928 ispirandosi anche ai racconti “Ligeia” e “Il ritratto ovale”, in un’opera ormai conosciuta solo dai più assidui cinefili a cui collaborò come aiuto regista il ventottenne Luis Bunuel. Precedentemente ai racconti di Poe il genere horror era legato a forme narrative ancora immature, dove gli scrittori si dilungavano in particolari irrilevanti che distraevano il lettore come accadeva nei romanzi gotici inglesi del Settecento.

Poe ne “La caduta della casa degli Usher” al contrario attrae l’attenzione del lettore concentrandosi sul personaggio del tormentato Roderico che vive in un mondo onirico, proiezione della sua visione malata della realtà. Il passaggio dal sogno alla trascendenza è una conseguenza inevitabile. Nella prima parte del brano il narratore si trova coinvolto, e di conseguenza anche il lettore, prima nell’atmosfera tenebrosa del maniero e poi nei deliri del proprietario, che non perde occasione per rivelare il suo modo di vivere l’instabilità emotiva e psichica. A questo viaggio nell’universo introspettivo di Usher, si contrappone la sua totale chiusura che sopraggiunge dopo la presunta morte di Lady Madeline. Il narratore confessa di sentirsi esiliato dalle emozioni dell’amico ma l’evento conclusivo si appresta, la suspense resta elevata, il lettore attende un finale che possa donare un’ultima forte emozione e risolvere la condizione surreale.

In questa capacità di descrivere con dovizia di particolari, ma senza eccedere, ambientazioni e atteggiamenti dei personaggi Poe si pone diversi gradini avanti rispetto alla tradizione del romanzo gotico. La stessa tecnica narrativa torna negli altri racconti, dai più ricordati come “Il cuore rivelatore” o “Il gatto nero”, ai meno noti ma pur sempre degni di interesse come “I delitti della Rue Morgue” o “Una discesa nel Maelström”, e li rende soggetti ideali per trasposizioni cinematografiche. In un momento storico in cui non era ancora minimamente immaginabile che circa mezzo secolo dopo a Parigi i fratelli Lumiere avrebbe proiettato il primo filmato, Poe era riuscito a concepire uno stile narrativo incentrato sulla descrizione di scene e ambientazioni in modo talmente soddisfacente, da scrivere racconti che in futuro si rivelarono facili da trasformare in sceneggiature per film. Passaggio che è stato compiuto in più occasioni, da Epstein a seguire, basti ricordare la fitta produzione ispirata allo scrittore americano del regista Roger Corman.

L’altro aspetto innovativo della narrativa di Poe riguarda l’introspezione psicologica. I suoi racconti parlano di psicopatici, paranoici, schizofrenici, con circa un secolo di anticipo rispetto alle teorie della psicanalisi moderna di Freud. Lo stesso Roderico Usher nella sua ricerca della trascendenza si pone tra la depressione, alimentata dal vivere lontano da ogni suo simile, e la schizofrenia per le visioni di cui è succube la sua mente malata. Eppure Poe non poteva che avere una percezione personale forse dovuta alla sua esperienza di vita di queste malattie, non ancora diagnosticabili nella prima metà dell’Ottocento.

È noto che una fonte di ispirazione a cui lo scrittore attinse a piene mani fu l’opera di Franz Anton Mesmer vissuto nel XVIII secolo, che ebbe la pretesa di chiamarsi scienziato ma fu più un visionario e forse una sorta di alchimista, anche se dopo la sua morte alcuni vollero attribuire alle sue teorie un certo valore di carattere scientifico. Poe rivela il suo interesse per lo studioso tedesco nel racconto “Lo strano caso del signor Valdemare”, ma anche nelle atmosfere descritte nel finale de “La caduta della casa degli Usher” il rimando a Mesmer è inequivocabile. Come non vedere la sua teoria del magnetismo nei vapori luminosi che sovrastano il maniero di Roderico nella notte finale del racconto. È questo il materiale che veramente aveva a disposizione lo scrittore americano nel lungo viaggio che intraprese alla conoscenza del delirio umano, aiutato dai fumi dell’alcol, che lo portò a eccellere nel suo stile letterario.

 

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Giampaolo Giampaoli
Giampaolo Giampaoli nasce a Lucca il 12 febbraio 1973. Dottore di ricerca in storia e sociologia della modernità, titolo conseguito presso il dipartimento di Scienze Politiche di Pisa, insegna materie letterarie nella scuola. Pubblica la sua prima raccolta "Diario di poesia" per l'Editrice Prospektiva nel 2002, a cui segue alcuni anni dopo "Frammenti", silloge in e-book realizzata per l'Associazione Cesare Viviani di Lucca. All'impegno nella poesia si affiancano le collaborazioni per varie riviste letterarie on line con recensione e articoli su manifestazioni culturali. Recentemente ha pubblicato in e-book una nuova raccolta di liriche dal titolo "La qualità dei sentimenti" nei libri di Pagina Tre.