Intervista al regista Emanuele Montagna e all’attrice Asia Galeotti protagonisti  del recital dedicato alla vicenda di Marco Pantani
Il 14 febbraio 2004, in un residence di Rimini, viene ritrovato morto per overdose da farmaci  e cocaina Marco Pantani, ciclista su strada considerato tra i più forti scalatori di tutti i tempi, da diverso tempo caduto in depressione, dopo l’esclusione dal giro d’Italia nel 1999 per valori di ematocrito superiori a quanto previsto dal regolamento. Il sospetto è quello di doping.
La vicenda getta discredito sulla sua sfolgorante carriera,  innescando la miccia del giornalismo pruriginoso e sensazionalista che non dà tregua al campione, così come le indagini condotte dalla Magistratura, per stabilire se Pantani avesse fatto o meno uso di stupefacenti nell’attività agonistica, si scoprirà in seguito, non sono state accurate. La fragilità esistenziale di Marco fa il resto, precipitandolo nel tunnel della dipendenza della cocaina.
Il regista Emanuele Montagna,  fondatore  a Bologna, nel 1980, della Scuola di Teatro Colli, una delle più importanti scuole private italiane nel campo della didattica teatrale con il metodo Stanislavskij, ha portato in scena l’opera Pantani – Storia di un linciaggio, di Andrea Maioli  insieme all’attrice Asia Galeotti, in prima nazionale il 23 maggio scorso al Teatro Pio X di Padova, e li abbiamo intervistati.
Emanuele Montagna, regista e direttore della Scuola di Teatro Colli di Bologna – photocredit Scuola di Teatro Colli
Come è nato il progetto di scrivere un’opera sulla vicenda di Pantani e come si è sviluppato?
Emanuele Montagna: “Già nel 2001 avevo affrontato il tema sportivo del ciclismo portando in scena “Un uomo solo al comando: Fausto Coppi” di Guido Ferrarini. Volevo coniugare, sin da allora, il mondo dello Sport con quello del Teatro. Ma in questi ultimi anni il mio obiettivo principale è quello di abbinare Teatro e mala giustizia. Ho affrontato quindi processi celebri da Giordano Bruno a Galileo Galilei, da casi di cronaca giudiziaria a Enzo Tortora, fino a giungere appunto a Marco Pantani. In più occasioni ho sempre trovato l’appoggio di ordini professionali di avvocati che si battono quotidianamente sul campo in difesa di quello che viene chiamato giusto processo“.
A quali fonti avete attinto per documentarvi? Avete avuto modo di parlare anche con i loro familiari e, se si, cosa potere raccontare a proposito di questo incontro? 
E. M.: “Abbiamo attinto a numerosi libri scritti da giornalisti sportivi italiani e stranieri che hanno documentato con attenta cronologia tutte le vicissitudini giudiziarie e sportive del grande campione di Cesenatico.
Abbiamo tentato di coinvolgere la famiglia di Pantani, soprattutto nelle persone di Tonina e Paolo, genitori di Marco. Purtroppo, attraverso il loro attuale legale, avrebbero voluto tagliare intere parti del copione, falsando in questo modo, la linea poetica della drammaturgia, tracciata dall’autore Andrea Maioli. Invano abbiamo tentato di invitarli alla Prima Nazionale a Padova. La risposta è stata un secco No.
Pur comprendendo l’enorme dolore di una madre e di un padre che hanno perso un figlio in così tragiche circostanze, ho sempre ribadito il concetto che la libertà di espressione è sancita dall’Art. 21 della nostra Costituzione Repubblicana”.
Montagna, lei in passato ha già trattato il tema del linciaggio mediatico che ha riguardato il caso di Enzo Tortora. Ha trovato delle similitudini con il caso Pantani?
E. M.: “Il caso Pantani è ancora aperto. Il caso Tortora è definitivamente chiuso con sentenze passate in giudicato. Questa la ragione per la quale non posso esprimermi più di tanto sul caso Pantani. Da poco è stato riaperto il processo ed è quindi giusto non parlare in questa sede di qualcosa che è attualmente in divenire.
Sia nel caso di Tortora che in quello di Pantani, si deve tuttavia parlare sempre di linciaggio mediatico. I processi non si devono svolgere nei talk show televisivi o sulle pagine dei quotidiani, ma all’interno dei palazzi di Giustizia. Ho sempre trovato solidali tutti gli amici Avvocati nel combattere la mala abitudine del cosiddetto processo mediatico”.
La locandina dello spettacolo andato in scena in prima nazionale a Padova – photocredit Scuola di Teatro Colli
Lei ha anche una formazione giuridica, ha potuto quindi considerare la vicenda da una duplice prospettiva, sia come regista che come potenziale avvocato. Che cosa l’ha colpita del caso Pantani in modo particolare?
E. M.:” Chiarisco da subito che sono laureato in Giurisprudenza ma che non sono un avvocato.  Conosco tuttavia molto bene il lessico giuridico che mi ha dato la possibilità di meglio scandagliare sia l’aspetto umano che quello più precisamente processuale. E’ come guardare uno stesso oggetto da due diverse prospettive. Palpabile l’ingiustizia che si è perpetrata ai danni del Pirata, sia da un punto di vista sportivo (la Federazione) sia da un punto di vista giuridico/processuale (la Magistratura). Sin dal primo momento ci si è resi conto che le indagini preliminari erano state svolte quantomeno con sufficienza e approssimazione, come ampiamente documentato da un illuminante servizio delle Iene su Italia Uno”.
Lo spettacolo ha il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati. Inoltre si tratta si tratta di un caso giudiziario molto controverso…
E. M.”Si, è stato patrocinato dall‘Ordine degli Avvocati di Padova e dalla Fondazione Forense di Padova. Come dicevo prima, il caso giudiziario, da poco riaperto, è decisamente molto controverso, poiché non tutti i soggetti dell’intera vicenda hanno svolto il loro lavoro con l’attenzione e la professionalità necessarie. Non è una mia personale convinzione, ma è qualcosa che emerge tragicamente dal semplice esame di tutti quanti gli accadimenti. Col nostro spettacolo affiora dirompente una profonda verità: Marco Pantani non si è suicidato, ma è stato ucciso. E poi Marco Pantani ha assunto cocaina da Madonna di Campiglio in poi. Prima non ne faceva uso. Ha cominciato ad assumerla da quando hanno deciso di distruggerlo come atleta e come uomo. Citando le ultime parole di Andrea Maioli messe in bocca a Marco nella parte finale dello spettacolo (esattamente nel monologo) “Io sono una persona per bene“.
Il cast del recital su Pantani al completo. Da sinistra: Francesca Romana Severi nel ruolo dell’Avvocato, Umberto Baldissarri nel ruolo della Magistratura, Valentina Nanni è l’informazione, Emanuele Montagna che dà voce a Marco Pantani, Asia Galeotti ne la “Bici” e ultimo sulla destra Giovanni Soave nei panni della Federazione
Perché l’idea di dar voce alla sua bicicletta?
E.M.:”Anche questo dettaglio nasce dai racconti della Tonina. Sia ad Andrea Maioli che a me è molto piaciuta l’idea di personificare un semplice oggetto in qualcos’altro che avesse a che fare con la profondità dell’anima del Pirata. Drammaturgicamente questo espediente ha creato nel pubblico una dirompente commozione. Marco è diventato campione, è diventato Pirata con Lei e grazie a Lei”.
Ad Asia Galeotti invece chiedo come si è preparata al ruolo della Bicicletta che, appunto, non è una persona, ma un oggetto  che rappresentava la grande passione di Pantani?
A.G.: “Il ruolo della Bici scritto da Andrea Maioli è un alter ego, una seconda coscienza, ma soprattutto la migliore amica e in un certo senso anche compagna di Pantani. Interviene durante lo spettacolo come parentesi emotiva nella vicenda umana del campione. Una voce di sostegno , la voce della Passione, del Ciclismo. Essendo in questo spettacolo come un’identità immaginaria nella mente di Marco, sono potuta entrarci dentro tramite quelle vicende note del rapporto tra lui e la sua bici, raccontate dalla madre e dagli amici. Ad esempio la Tonina ha più volte ricordato come Marco ci parlasse, con la sua bici, e la portasse anche in bagno per lucidarla e pulirla. Questo tenerci, questa cura e rispetto, insomma, questa Amicizia, mi hanno profondamente intenerita. Durante lo spettacolo sono rimasta sempre concentrata sulle parole di Marco facendole mie, come parte del nostro vissuto e mi hanno commossa tanto”.
L’attrice Asia Galeotti in un backstage durante le prove dello spettacolo su Pantani – photocredit Scuola di Teatro Coli
Anche a lei  chiedo cosa l’ha colpita in modo particolare della sua vicenda e la risposta è immediata: “L’ingiustizia. Si, quella mi ha colpita molto. Soprattutto dietro le scommesse clandestine che l’hanno messo fuori dal Giro d’Italia ad un passo dalla vittoria. In un periodo come quello, dove era nel pieno delle sue facoltà, non dovevano proprio farglielo. E poi ovviamente tutta l’imperizia dietro le indagini della morte, come sono state svolte in loco presso l’Hotel Le Rose, e tutti gli elementi che non tornano”.
C’ qualche aneddoto che volete raccontare  e, infine,  se pensate di portare lo spettacolo anche in Romagna dove Marco Pantani è nato
E.M.: “Più che un aneddoto, è successo qualcos’altro. Quando alla fine del 2019 Andrea Maioli mi ha consegnato la prima bozza del testo, avevo appena terminato di rivedere, credo per la decima volta, Amarcord di Fellini e, mentre leggevo la drammaturgia, quasi per magia ho abbinato le musiche di Nino Rota a quello che leggevo. La stessa cosa è accaduta per le altre parti della pièce, ascoltando le melodie meno note di Ennio Morricone. Sicuramente una semplice combinazione! Ma dopo 46 anni di lavoro teatrale, non credo più alle casualità. Mi piacerebbe pensare che Nino, Ennio e Marco, mi abbiano lanciato un messaggio da chissà dove.
Ci piacerebbe far girare questo spettacolo per i prossimi due anni come è successo con Enzo Tortora. Abbiamo incaricato un’agenzia che si occuperà della distribuzione”.
Anna Cavallo
Nella cover: una foto di scena di Pantani – Storia di un linciaggio,
in scena al Teatro Pio X di Padova