Titolo: Non pensarci di Gianni Zanasi, 2007
Con: Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Anita Caprioli, Teco Celio, Gisella Burinato, Caterina Murino, Paolo Briguglia, Dino Abbrescia, Luciano Scarpa, Paolo Sassanelli, Natalino Balasso, Raffaella Reboroni, Edoardo Gabriellini, Ciara Bucchi, Riccardo Bucchi, Paola Bechis, Valentina Fois.
Venezia 2007, Giornate degli autori: Premio Pasinetti (Sngci), Premio Arca Cinemagiovani.
A mezz’aria. Il modenese Zanasi (Vignola, 1965), ex assistente di Mazzacurati (Un’altra vita, 1992), Gabbiano d’argento a Bellaria ’93 (Le belle prove), conferma la qualità di Nella mischia (Cannes ’95) con questa commedia filosofica, che contiene le migliori «amarezze» della tradizione «leggera» italiana e conserva tracce sensibili dell’humus felliniano primario (la vita d’artista nella mitica Roma, la delusione e il ritorno alla provincia) segnandolo di una coscienza nuova, «depurata» dalle scorie immaginifiche del vitellonaggio e soggetta, invece, alle deludenti finzioni di non meno velleitarie imprenditorie familiari. In questo senso, Stefano (Mastandrea) e Alberto (Battiston) sono una coppia di fratelli perfetta. L’uno era partito dalla piccola città (Rimini) armato di chitarra e nella testa sogni esistenziali, l’altro era rimasto, più per pigrizia che per vocazione, nella ditta paterna nascondendone i cattivi destini a tutta la famiglia, che comunque è impegnata a far finta di niente: la moglie (Bechis) bada ai due bambini e pensa alla separazione, il padre (Celio) gioca beatamente a golf, la madre (Burinato) sembra avere pensieri lontani, la sorella (Caprioli) si dedica ai delfini in piscina. Quando la chitarra (e la donna) romana tradisce, Stefano rientra. E adesso che viene «da fuori» può vedere con un altro sguardo le piccole mostruosità dell’ambiente, interno ed esterno, delle singole persone e delle insignificanze quotidiane di tutta la comunità. Gli attori, ben diretti, sono bravi a rendere una specie di sospensione, un vuoto dello spirito che trasuda dai particolari concreti, persino dagli oggetti. Ogni mossa di Stefano si traduce in una contradizione, in una rottura, una ferita da curare mentre tutto sembra scorrere liscio. E tutto, invece, sta per crollare. Toccante la parentesi sentimentale di Alberto con la prostituta (Murino) che un amico gli fa «capitare» davanti e che egli prima scambia per una bella ragazza stranamente interessata a lui e della quale poi, scoperto il gioco, si innamora. C’è in ciascuno la possibilità di un guizzo, un sentimento nascosto che può riemergere solo per un’occasione inaspettata. Molto dipenderà da Stefano, la cui sofferenza progressiva, riscattata dall’ironia, funzionerà da benefico apriscatole. Alla fine, forse, non molto sarà cambiato, nella famiglia e nella piccola città di provincia, ma si sarà comunque aperto uno spazio per un volo che Stefano immagina di ritentare, da rocker non più tanto immaginario, come fanno i chitarristi «pazzi» con il loro pubblico, ma questa volta gettandosi ad angelo con convinzione e rabbia, sicuro che qualcuno lo prenderà a mezz’aria.
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