Podcast: Apple Podcasts | RSS
Eye, Maphite, Black Axe. Sono i i nomi di gruppi criminali nigeriani attivi ormai da anni sul territorio nazionale e secondo alcuni anche in quello ferrarese. Tanto da far scattare il campanello di allarme, soprattutto dopo l’operazione Wall Street, legata al traffico di stupefacenti in zona Grattacielo, conclusasi l’ottobre scorso con 26 arresti.
ll seminario dal titolo “Mafia nigeriana? Analisi del fenomeno, cronaca giornalistica, approfondimenti”, organizzato dall’Ordine dei Giornalisti di Bologna ieri mattina in Municipio nella città estense, ha tentato di analizzare la situazione con uno sguardo a 360 gradi sia sul versante locale che su quello nazionale. “Se Andrea Crucianelli, capo della Squadra Mobile, che ha condotto le indagini, ha smentito l’ipotesi di una infiltrazione della criminalità nigeriana con caratteristiche simili a quelle della mafia – spiegano Daniele Pedrieri della Nuova Ferrara e Federico Malavasi del Resto del Carlino, entrambi giornalisti di cronaca giudiziaria presenti all’incontro – questo non significa che si tratti di episodi meno gravi. Semplicemente, è prematuro dare definizioni e creare inutili allarmismi collegando l’aumento della criminalità sul territorio all’immigrazione”.
Tre gli episodi che hanno portato la questione nigeriana al centro dell’attenzione. Nel 2016, una rissa sfociata in accoltellamento nel Grattacielo, dove una ventina di appartamenti dismessi erano stati affittati da un ferrarese facoltoso a ragazzi nigeriani, tutti piccoli spacciatori. Il motivo? Lo zio era andato a contestare l’ingresso del nipote in un’altra banda. Il secondo, nel luglio 2018, nel quartiere Giardino, il tentato omicidio di un giovane, rimasto poi vivo per miracolo, sempre per motivi legati al traffico di stupefacenti fino alla banda del machete protagonista dell’operazione Wall Street di cui sopra.
“E’ un’organizzazione liquida, flessibile – precisa Malavasi – con ricambio continuo di manovalanza, abbastanza strutturata ma senza le caratteristiche del clan mafioso, quanto piuttosto mafiogeno”. L’ipotesi più accreditata al momento, spiega ancora Pedrieri – è quella di Ferrara come punto di snodo per la droga che da Castelvolturno è diretta a Milano.
Leonardo Palmisano (nella foto), sociologo e autore del libro Ghetto Italia (2015) e Le città del sesso (2010), spiega come i meccanismi di penetrazione mafiosa in un territorio siano fondamentalmente quelli di sempre: per droga e prostituzione un aumento della domanda fa scattare immediatamente organizzazioni capillari sul territorio, prelevando manodopera da chi non è in regola con il permesso di soggiorno o vive condizioni di marginalità sociale. Ma fin qui si tratta, appunto, di malavita da strada, che le grandi organizzazione criminali lasciano, appunto, “al nero”, perché si crei allarme e si dia la caccia a loro. Gli interessi dei boss si concentrano principalmente su appalti e politica, come già avvenuto in Regione con il caso Aemilia.
“Le imprese del territorio che vogliono fare cartello (oltrepassare le regole) sugli appalti – continua Palmisano – si rivolgono alle mafie, in grado di garantire prezzi al ribasso. E’ probabile che anche al nord alcuni fenomeni economici locali (crisi del settore edile, ad esempio) siano stati sottovalutati o gestiti in modo non abbastanza efficace dalle istituzioni, di qui l’infiltrazione mafiosa anche in zone storicamente estranee a fenomeni di questo tipo”.
E nelle altre città cosa sta succedendo? Che esista una mafia nigeriana al sud si sa da tempo. Sergio Nazzaro, anche lui giornalista e autore di Mafia nigeriana (2019), conferma le parole di Palmisano sull’atteggiamento della malavita tradizionale, sempre più concentrata sui mercati di armi, diamanti, e alle prese anche lei, detto in modo umoristico ma non troppo, con il calo demografico, che spinge a “raccattare” i picciotti nelle sacche della povertà extracomunitaria.
Una prima definizione della criminalità nigeriana con i crismi di quella mafiosa è del 2008 con la sentenza del Tribunale di Napoli, con l’applicazione dell’articolo 416 bis del Codice penale ma, conclude Nazzaro, “il problema vero sono gli appalti derubati alla Sanità, che fanno morire una donna di parto per mancanza di strutture e servizi minimi, i suicidi di tanti ragazzi che qui non hanno prospettive”.
La criminalità nigeriana, insomma, sarebbe solo una parte del problema, che fa comodo perché permette di scaricare sull”altro” la colpa del degrado. Prima era il napoletano, poi l’albanese, adesso il nigeriano. “Fra un po’ ce la prenderemo con i ghanesi, ai quali si sta subappaltando il mercato dello spaccino delle città del sud dove si trova eroina a 5 euro”.
A fare da contraltare a questa tesi, che non sottovaluta il fenomeno ma invita a non strumentalizzarlo per fini politici e a capire in profondità i meccanismi sempre più complessi di una criminalità che si muove ormai a livello globale, c’è quella di Roberto Mirabile (nella foto) giornalista, fondatore della onlus La caramella buona di Reggio Emilia, contro la pedofilia, autore de La mano nera sulla città (2016).
“La mafia nigeriana esiste da tempo, è ben radicata e agisce anche in Emilia. Capisco che sia difficile parlarne apertamente, perché il fenomeno della malavita organizzata qui è sempre stato tenuto sotto controllo, grazie a un forte senso civico e a una cultura della legalità piuttosto radicata. Ma si rischia di sottovalutare quello che sta succedendo. Complice, spesso, la noncuranza di certa stampa che si accontenta di scrivere la versione ufficiale di fatti inquietanti”.
Ad esempio, la rissa a colpi di machete, a Reggio Emilia, nel settembre 2015 in zona stazione, con violenza inaudita e brandelli di carne umana per terra. Il tutto, secondo il comunicato stampa ufficiale, scatenato da una parola di troppo a una ragazza nigeriana in minigonna. Salvo poi scoprire, in seguito a indagini che avrebbe eseguito lo stesso Mirabile, che in realtà c’era di mezzo il controllo del territorio, anche qui per droga.
E ancora: che dietro al mercato della tratta delle ragazze destinate alla prostituzione per riscattare il debito contratto dalla famiglia per mandarla in Italia, ci sono inquietanti riti voodoo in cui sono coinvolti anche i politici locali nigeriani e che il modus operandi non disdegna mutilazioni fisiche. Che la Nigeria è un paese in grande espansione economica dove la malavita organizzata si serve delle confraternite per intercettare finanziamenti economici alle start up e poi delegalizzarle.
Che proprio per questo sarebbe interessante scoprire perché l’interesse della mafia a infiltrarsi in città universitarie come Perugia e Ferrara. Anche le associazioni culturali, aggiunge, sarebbero da monitorare, per il rischio di infiltrazioni, finalizzate ad accreditarsi agli occhi delle istituzioni per poi perseguire secondi fini.
E’ seguito un botta e risposta immediato con Federico Varese (nella foto a sx) criminologo dell’Università di Oxford, che ha dichiarato che “non si può affrontare in modo preventivo e repressivo un fenomeno così complesso come la mafia nigeriana, così come non si dovrebbero enfatizzare la componente macabra delle rese dei conti, presente anche in altre malavite, e il rito voodoo, che è e rimane a tutti gli effetti un patto criminale”.
Parte conclusiva dedicata alla tratta delle ragazze, con l’omaggio a Isoke Aikpitanyi, oggi presidente dell’Associazione Vittime della Tratta e autrice del libro Le ragazze di Benin City (2012).
Arrivata adolescente dalla Nigeria a Torino, con la promessa di un lavoro e poi sbattuta in strada, è riuscita a chiedere aiuto e ad affrancarsi dalla schiavitù. Una volta libera, ha ospitato a casa sua, ad Aosta, altre vittime, diffondendo un “modello Isoke” da cui hanno preso vita in tante regioni italiane le case di accoglienza di donne finite nel giro della tratta, spesso con la complicità dei familiari.
A Valeria Ruggero, operatrice di Unità di strada (Centro Donna Giustizia) di Ferrara, le considerazioni sul fenomeno prostituzione in città, dove le donne che esercitano in strada sono in calo del 50% rispetto agli anni scorsi, ma non è una buona notizia: semplicemente, lo fanno in casa. “Spesso – spiega la Ruggero – le vittime intraprendono consapevolmente il percorso liberatorio che passa attraverso la prostituzione per riscattare il debito contratto dalla famiglia e anche una volta saldato, per mancanza di alternative, rimangono nell’ambiente della prostituzione, salendo di grado, come maman“.
Anna Cavallo
Il seminario“Mafia nigeriana? Analisi del fenomeno, cronaca giornalistica, approfondimenti”, organizzato dall’Org di Bologna, rientra nell’ambito delle iniziative della Festa della legalità e della responsabilità che si è svolta a Ferrara e comuni limitrofi da lunedì 11 a sabato 16 novembre scorsi. Organizzata da Regione Emilia Romagna, Comune di Ferrara, Comuni di Cento, Voghiera e Fiscaglia, Università, Camera di commercio di Ferrara e associazioni del territorio e Pro Loco.