In scena al Teatro Teatro Alighieri di Ravenna, Madre, il poema diretto da Marco Martinelli scritto e interpretato dalla compagna Ermanna Montanari
Madre di e con Ermanna Montanari, Stefano Ricci, Daniele Roccato. Poemetto scenico di Marco Martinelli. Produzione Teatro delle Albe/Ravenna Teatro in collaborazione con Primavera dei Teatri e Associazione Officine Theatrikés Salénto
Madre è un poema per immagini che parla di una madre e di un figlio, ambientato in una desolata campagna romagnola d’altri tempi in una rappresentazione insolita, dove il qui e ora del teatro è portato oltre. Ermanna inizia ad emettere gorgoglii, veloce e ritmata, incalzante, mentre viene proiettata la mano dell’illustratore Stefano Ricci che col gessetto inizia a disegnare il viale di campagna con gli steccati dove si affaccia il figlio, “alto e grosso ma cieco come una ponga”. Poco dopo arrivano i suoni sferzanti del contrabbasso di Daniele Roccato.
Lei è caduta in fondo ad un pozzo, non si sa come, mentre lui, spaventato e irritato, la sgrida, poi si allontana per andare a cercare gli attrezzi per tirarla fuori. Moschetti, tubo di ferro, carrucole. Degli altri, dei vicini, lui non ha bisogno. Sono polacchi, albanesi, gente inaffidabile. E così si allontana Quando Ricci termina in diretta il suo disegno con il ragazzo stagliato in corsa su uno sfondo di cerchi d’acqua concentrici verso un orizzonte tempestoso, sappiamo che la prima parte del dittico, la sua, è finita.
Nella seconda, è la mamma che parla, mescolando l’italiano al vernacolo che accentua la spigolosità delle parole, mentre il suono del contrabbasso si fa strazio e lamento. L’opera è un’allegoria, in realtà, del rapporto tra la madre Terra, la natura, ormai lasciata sola a morire in fondo al pozzo insieme “agli abeti segati e ai fiumi avvelenati”. Tutto nell’indifferenza generale della razza umana, fiduciosa solo in un’onnipotente e pervasiva tecnologia, capace di risolvere qualsiasi problema.
Il pozzo nero in cui giace l’anziana donna interpretata da Ermanna Montanari, suggerisce però anche altre metafore legate alle paure collettive di oggi. Quella di essere inghiottiti nel buco nero del disastro ambientale sempre più imminente, ad esempio, ma anche l’incapacità di rientrare in contatto con la natura e con i suoi ritmi, anche questo, in un certo senso per paura dell’ignoto che comporta ogni cambio di direzione drastico rispetto al presente.
Il figlio è oramai incapace anche solo di prestare attenzione a quello che gli dice la madre. Che lo invita a “farsi semplice” e calarsi in fondo al pozzo da solo, a non avere paura, se a un certo punto, il passaggio si farà sempre più stretto e a non arrendersi. La scena finale, in cui Ermanna si avvicina danzando sola, verso il centro del palco, enigmatica, lascia il finale aperto.
Oltre al messaggio su quanto si stiano ancora considerando con troppa superficialità le conseguenze ambientali e sociali dell’inquinamento, Madre è uno spettacolo innovativo, soprattutto per il modo in cui la vocalità di Ermanna si aggancia in modo così efficace alle immagini, dal vivo, dando la sensazione, come scrivevo prima, soprattutto nei momenti iniziali dello spettacolo, di una rappresentazione che si sta creando in quel momento, senza che ci sia alcuna improvvisazione, ma l’esatto opposto, uno studio profondo che rende possibile una straordinaria corrispondenza tra i suoni emessi dall’attrice e le dita di Ricci che disegnano.
Come già nel cortometraggio Er, uscito lo scorso anno, in una scena che si ripete spesso, Martinelli riprende Montanari di spalle, su una strada isolata, mentre bisbiglia parole indecifrabili, anche qui esplorando le potenzialità di questo strumento, la voce, che nella sua ricerca teatrale, sta diventando sempre più protagonista.
Madre, infatti, oltre ad aprire ufficialmente la Stagione dei Teatri a Ravenna, è anche il primo spettacolo del calendario di iniziative legate a Malagola, la scuola di vocalità e centro studi sulla voce che dirige insieme ad Enrico Pitozzi, studioso e docente dell’Università di Bologna, a cui Pagina Tre ha dedicato un articolo la scorsa estate.
Anna Cavallo
Cover: una scena dello spettacolo – photocredit Enrico Fedrigoli