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Bregola ha già al suo attivo almeno due volumi importanti, «Racconti felici», del 2003, e «La cultura enciclopedica dell’autodidatta», del 2006.
In questo libro, che potrebbe segnare una svolta nella produzione letteraria del giovane autore, egli ci rende partecipi di una nuova sensibilità che lo ha pervaso e arricchito, mettendolo in contatto con la realtà più intima e nascosta che sta intorno a noi. Non è nuovo il tema che vi si affronta, e non sono nuovi i temi di squisita spiritualità come questo della Bellezza, e lo stesso Bregola ci indica gli autori del passato che hanno rappresentato il suo punto di riferimento nella stesura della «Lettera agli amici sulla bellezza».
Percorrere una tale strada non è facile. Il cammino, al di là delle apparenze, non è mai lieve, anzi, brucia e consuma. Non è l’attenzione e l’affinamento dei sensi che si richiedono, bensì l’esposizione della propria anima ad un continuo contatto esterno, attraverso il quale un uomo penetra nelle cose per comprenderle e immedesimarvisi. Vi è una qualche santità racchiusa in un’impresa simile; occorre possedere un dono, un carisma: «la bellezza, quando è vera bellezza è cifra del mistero, è richiamo al trascendente.»
Bregola è abituato da una lunga consuetudine con la scrittura a porsi delle domande e a tentare delle risposte. Lo strumento da usare lo conosce assai bene, e infatti ci troveremo di fronte ad un testo di profonda bellezza e di squisita armonia. Quello che un lettore è chiamato a verificare è se lo strumento è riuscito in tutto a rappresentarci una sensibilità che non tutti possediamo e che ci viene offerta come una specie di chiave magica per vedere e capire intorno a sé: «capire che le realtà fisiche sono soltanto immagini di realtà ulteriori di cui fa parte la vera Bellezza.»
L’autore si sente chiamato e invocato dalla Bellezza, qualità, questa della Bellezza, tra le più sublimi, la quale innalza e trasfigura la materia e lo spirito in una complessa rappresentazione ideale. Quest’ultima, tuttavia, sia pure «intelligibile», manca di un reale strumento in grado di contenerla e rappresentarla agli altri.
Viene, ossia, da domandarsi se un impegno di questo tipo possa essere assunto.
Bregola ci prova, non ha timori, spinto dalla freschezza di un’età in cui tutto appare possibile e a portata di mano. Per farlo, si avvale della minuta osservazione della realtà, sezionandola in brevi frammenti che si accendono davanti a noi con i bagliori di una luce che subito passa oltre. È in quel momento, in quel rapido istante, che va colta la Bellezza: quando passa una formica, quando si forma un pensiero nella mente, davanti ad una fontana, una pianta, «una ragazza che ha in mano delle scarpe da ballerina», una vecchia signora con il cagnolino in braccio, le api intorno ai fiori del biancospino, i grilli che cantano, una libellula: «Ogni gesto che vedo compiere mi sembra un segno di Bellezza.»; «non sono le cose che vengono a noi, ma noi che andiamo alle cose.» Spesso, viene in mente «Il nome delle parole» di Guglielmo Petroni, del 1984.
«La vita che canta», ossia, la vita con il suo incessante movimento, è la prima fonte irradiante della Bellezza; riuscire a guardarsi intorno è l’impegno che dovrebbe occupare gli uomini, affinché non accada che non si riesca più a cogliere il significato di ciò che ci sta intorno: «Ora so che i movimenti della distruzione non possono prevalere interamente, non possono seppellire la spinta della vita.» In questo cammino, l’autore incontra non solo la Bellezza, ma anche, ad esempio, la Grazia, la Virtù, il Bene, la Verità, la Felicità, la Beatitudine, spaziando in un ampio spettro di spiritualità, e la sua scrittura non nasconde a volte emozione e euforia (»vorrei infondervi l’entusiasmo per la Bellezza») per una scoperta che lo sta prendendo totalmente, ed essa si trasforma in una invocazione ad imitarlo, a percorre la nuova strada insieme con lui. Ci confessa: «Ma quali uomini, quali donne mi danno la forza? Sono gli uomini e le donne che non danno insegnamenti ma comunicano energia, non criticano la realtà ma la reinventano […] Agiscono e basta. Consapevolmente.»
La spinta che lo muove alla ricerca della Bellezza è sempre, tuttavia, generata da una qualche insoddisfazione legata agli uomini, una qualche tristezza e delusione derivanti da atti degli uomini. La ricerca della Bellezza diventa così una fuga momentanea dall’umanità, allo scopo di trovare nuove strade nascoste, di tale forza da poterla rigenerare: «Se davvero vorrò fare diventare la mia presenza radiosa dovrò andare all’esperienza originaria e dovrò riuscire a leggerla e interpretarla e da crisalide farla diventare qualcosa d’altro.»
Ecco perché il cammino che Bregola intraprende con questo viaggio non potrà essere breve: dovrà sondare ogni remoto angolo della realtà, cogliere il trascendente in ogni cosa, giacché solo attraverso la scoperta del trascendente che dà ad ogni cosa vita e armonia, significato e fulgore, egli potrà percepire e poi intendere la Bellezza. «L’arte può contribuire a trovare quel luogo. Il luogo della bellezza autentica.»: a cospetto di una frase come questa viene da porsi la domanda di quanto la Bellezza possa essere tributaria della Fantasia, o ad essa comunque collegata. Un tema che Bregola non affronta direttamente, ma che, con riferimento alla potenza escatologica dell’arte, appare sottinteso.
L’autore nel suo cammino ripensa, rivede e rimodella anche la sua vita. Riesamina il passato e individua gli errori commessi. Quasi sempre essi sono stati generati dal cinismo e dal sussiego, dal rifiuto, ossia, di ciò che appariva troppo semplice e ingenuo. È proprio qui, invece, che si può nascondere la Bellezza: «ora apro semplicemente gli occhi e guardo.»
Bregola ci offre con questo libro l’occasione per un ripensamento del nostro modo di vivere, ci fa intendere che, frastornati dalla modernità, abbiamo intrapreso una strada sbagliata, ci siamo dimenticati dei valori veri che presiedono alla nostra vita. Ce ne indica alcuni, tra cui quello fulgido della Bellezza, e ci invita ad entrare nelle cose insieme con lui: «vi offro questo desiderio di rivelazione, amici. È ancora immacolato.»