In prima nazionale al Teatro  Comunale di Caserta. Intervista alla regista Adriana Follieri

 

In scena il 28 ottobre al Teatro Comunale di Caserta, in prima nazionale, La Tenda di Achille della compagnia Manovalanza, regia, drammaturgia e spazio scenico di Adriana Follieri.

Manovalanza, associazione a cui hanno dato vita la regista Follieri insieme al fotografo e disegnatore di luci Davide Scognamiglio  nel 2009 a Cava dei Tirreni, prosegue il lavoro di ricerca teatrale nato e sviluppato dopo l’incisiva esperienza formativa all’interno della Compagnia della Fortezza di Armando Punzo a Volterra. La tenda di Achille costituisce la seconda tappa del progetto Disadirare, nato nel 2022 dall’incontro tra le associazioni CCO – Crisi Come Opportunità e Manovalanza nell’ambito del progetto nazionale Presidio Culturale Permanente negli Istituti Penali per Minorenni.

Nell’occasione abbiamo intervistato Adriana Follieri.

 

Il regista Armando Punzo ha affermato più volte quanto il teatro di ricerca all’interno delle carceri trovi qui uno spazio privilegiato proprio perché il carcere può essere inteso come metafora della condizione umana in generale.  La tenda di Achille dove si impara a dis-adirarsi e a rinunciare al conflitto, può essere intesa in questo senso?

A.F.: “Certamente il nostro lavoro accoglie e rafforza quanto immaginato e realizzato tra le mura della Fortezza Medicea; è proprio grazie all’incontro con Armando Punzo e la Compagnia della Fortezza infatti che si è aperto nel mio percorso registico il varco di possibilità che oggi ci vede realizzare questo nuovo prezioso progetto. I rispettivi linguaggi compositivi ed espressivi sono naturalmente indipendenti, ma la condivisione della pratica filosofica, politica e poetica è certamente un elemento che connota questo nostro cercare e spingere il processo creativo oltre le consuetudini legate alle attività artistiche negli Istituti Penali Minorili, verso una netta emancipazione dalla funzione riabilitativa e nella direzione di una concreta evoluzione del Teatro ibridato da tutte le possibili contaminazioni necessarie alla sperimentazione e produzione artistica. La compagnia di attrici e attori è infatti anche partecipe della creazione autoriale e della scrittura di scena, verso la creazione di incontaminati spazi di libertà espressiva.

La guerra mi riguarda. Violenza e prevaricazione da lontano arrivano fin qui, nelle pupille, nel teatro che faccio, e aprono un varco desiderante in mezzo al tutto pieno dell’ira, del conflitto, dell’amore mancante.

Abbiamo il libero arbitrio, anche in scena.

È qui che cominciamo a fare spazio alla vita disadirata”.

Come per Punzo, anche secondo te i classici del teatro, dalla tragedia greca a Shakespeare, devono essere riscritti per sottrarsi a quel noviziato alla morte di cui parla il regista?

A.F: “Ai dati di realtà preferisco i dati di possibilità e la trasformazione che ne deriva: così la Tenda di Achille, come luogo di sciopero pensante, fa da reagente all’esteso campo di battaglia del fuori, che è tutto il mondo. L’Iliade omerica è una traccia dissestata la cui ammirata lettura suggerisce inediti slanci: vediamo protagonisti fortemente umani, contemporanei, che realizzano finalmente a partire dalle predestinazioni granitiche e schiaccianti un trampolino per ben altri tuffi, disponendo sul terreno del presente scenico un atto politico e poetico fatto di vitali precipitazioni di sé nel senso collettivo.

Dentro la tenda si protegge e si crea il piccolo esercizio di pace partecipata, che smuove l’abitudine a disfare in guerra, provocando il cambiamento di un sé sottratto, che proprio nell’assenza lascia campo aperto a una nuova forma di partecipazione, riflessiva e spiccante di vita. Cerco nel teatro questa possibilità: emancipare il pensiero e l’azione, scardinare i meccanismi ingabbianti, sfuggire alla predestinazione, scrivere drammaturgia di bellezza, che ci avvicini in vita alla nostra visione ideale e concreta”.

La tenda di Achille, regia di Adriana Follieri – la locandina

La tenda di Achille arriva, dopo Airola, in provincia di Benevento, dove si è svolto il lavoro di ricerca teatrale nel carcere minorile, e Arienzo, in provincia di Caserta, con  lo spettacolo ospitato all’interno del Festival Dialoghi di Libertà, al Teatro comunale di Caserta. Cosa puoi raccontarci di questo percorso e a che punto è in questo momento?

A.F: “Il processo creativo dello spettacolo La tenda di Achille – che costituisce il secondo capitolo del progetto Disadirare iniziato nel 2022 attraverso un laboratorio teatrale all’interno dell’I.P.M. di Airola nell’ambito del progetto nazionale Presidio Culturale Permanente a cura di CCO – Crisi Come Opportunità – , principia nell’ottobre 2023 sperimentando una modalità innovativa di partecipazione dei giovani detenuti in I.P.M., coinvolgendoli per questo secondo capitolo sin dal principio nel percorso di ricerca, creazione e prove all’esterno dell’istituto, insieme ad attrici e attori professionisti. A dicembre 2023 il lavoro si è aperto al pubblico con un primo studio per il Festival Dialoghi di Libertà, proseguendo quindi le fasi di scrittura e composizione fino al debutto del 28 ottobre nell’ambito del Campania Teatro Festival diretto da Ruggero Cappuccio.

Ci troviamo nel momento di condivisione finale del progetto, con lo spettacolo “La tenda di Achille – Progetto DISADIRARE / capitolo secondo” che incontra il pubblico al termine dell’anno di lavoro.

L’azione si sviluppa tra quello che potrebbe essere l’accampamento degli Achei e il mare, uno spazio esteso e desolato abitato da persone lontane con all’orizzonte l’agognata reggia di Itaca. Incombenti le mura di Troia da espugnare, anche se di quell’esercito nemico non vi è traccia. È la sola idea del conflitto che brucia. In una suadente prossimità sta la tenda di Achille, dove i corpi in vicinanza seppur apolidi trovano la casa, il nido ideale per elaborare la propria crescita e la trasformazione che ne deriva. La violenza incombe, straziante. Tuttavia il processo che porta a disadirarsi continua tenacemente. Connotato ciascuno da un Ex Voto, frammento di armatura Per Grazia Ricevuta – che è qui anche simbolicamente inteso come tratto caratteriale e gabbia identitaria – , ogni eroe ed eroina attraversa la possibilità di deporre le protezioni in gesto di sovversiva rinuncia alla guerra, verso un capovolto sistema di affermazione di sé, in campo aperto di anime esposte, rovesciate. Tutto è creato e disegnato accuratamente per la compagnia di attrici e attori: artisti che attraverso l’innesto tra classico, contemporaneo e futuro remoto, si fanno simbolo discreto del moto di rivoluzione artistica e incisione sulla realtà auspicato e posto alla base del teatro di Manovalanza”.

La forte suggestione che suggerisce il tuo lavoro riguarda appunto il riconoscimento del nemico come la propria ombra, quindi inseparabile da sé e destinata ad essere reintegrata. Come può avvenire questo passaggio e come renderlo sul piano drammaturgico?

A.F: “Il lavoro si è sviluppato approfondendo la simbologia dei tratti caratteriali e delle gabbie identitarie e sociali attraverso la presenza nei costumi di scena (firmati da Giusi Giustino grazie alla collaborazione con il Teatro San Carlo di Napoli) di un Ex Voto per ciascun personaggio, iconico di una parte del corpo esposta per potenza, o in senso opposto per fragilità. Durante tutto lo spettacolo Achille, Briseide, Agamennone, Penelope, Ulisse e anche il bellicoso Agamennone provano a liberarsi della propria armatura, quindi della forma rappresentativa del ruolo che il mondo esterno riconosce loro. Nello spettacolo La tenda di Achille ogni eroe ed eroina attraversa la possibilità di deporre questi frammenti di armatura, Per Grazia Ricevuta, lasciando andare le protezioni in gesto di sovversiva rinuncia alla guerra, verso un capovolto sistema di affermazione di sé, in campo aperto di anime esposte, rovesciate”.

 

E sul piano visivo, da quale tipo di suggestioni o idee avete attinto?

A.F: “Dal punto di vista visivo quest’anno di ricerca abbiamo attraversato le fotografie di Salgado che ritraggono i pozzi di petrolio in Kuwait, quando Sadam Hussein li fece esplodere, e quelle di McCurry che ritraggono di pescatori del Bangladesh seduti su delle palafitte sottilissime in mezzo al mare. Quindi ho ricercato il processo di adiramento e di disadiramento in queste due immagini della nostra storia contemporanea”.

Novità de La tenda di Achille rispetto allo scorso anno dal punto di vista scenico/drammaturgico

A.F: “I sei personaggi de La tenda di Achille, rappresentativi del solo esercito acheo e quindi non ingaggiati in conflitto dichiarato contro l’esercito nemico, hanno qui la possibilità di esplorare relazioni ed evoluzioni più intime e simboliche; fotografati in un momento di interruzione dall’azione bellica e proiettati in una lunga notte che precede e auspica la pace, svelano dettagli di sé stessi nel presente.

Schierati nell’ambiente sconfinato – dipinto da Emanuele Perelli e illuminato da Davide Scognamiglio – dal carattere ora lattiginoso, ora cupo e profondo come un buco nero, i corpi autoriali muovono i propri slanci e le rispettive sorti attraverso relazioni spinte e determinate dal libero arbitrio, facendo della storia mitica evocata dai propri nomi un’eco dissonante”.

 

Progetti futuri di Manovalanza

A.F: “L’anno 2024/25 vorrà portare lo spettacolo La tenda di Achille ad incontrare altri festival, teatri, pubblici diversi, e al tempo stesso ci vedrà impegnati nella prosecuzione del progetto Disadirare che intende sviluppare la ricerca teatrale verso un terzo capitolo.

Questi gli altri due progetti già in programma e particolarmente significativi per Manovalanza: consolidamento e prosecuzione di #Foodistribution, ricerca scientifica e artistica in luoghi non convenzionali con le comunità di abitanti, che si prepara alla sua ottava edizione; compagnia interculturale “Tutto il mondo è paese” con giovani attrici e attori residenti in Italia e provenienti da dieci diversi Paesi del mondo”.

Il lavoro fa parte del programma di Campania Teatro Festival, diretto da Ruggero Cappuccio.

Anna Cavallo