La moglie Siwash

di
Jack London

tempo di lettura: 19 minuti


— Se fossi uomo…

Le parole erano indecise, ma il disprezzo che lampeggiava negli occhi neri della donna non sfuggì agli uomini rannicchiati sotto la tenda.

Tommy, il marinaio inglese, trasalì, ma il vecchio Dick Humphries, pescatore della Cornovaglia e un tempo capitalista americano, le sorrise con la sua solita benevolenza.

Le donne avevano una parte troppo larga nel suo cuore vecchio e rude, per irritarsi quando esse «avevano i nervi», o quando la loro visione limitata non permetteva di veder chiaro. Così non dissero nulla, i due uomini che tre giorni prima avevano portata nella loro tenda la donna a metà assiderata, e che l’avevano riscaldata, nutrita, ricuperando per lei anche l’equipaggiamento dei portatori indiani. Quest’ultimo atto aveva richiesto il pagamento di numerosi dollari, per non dir nulla della dimostrazione di forza: Dick Humphries, che spianava la Winchester, mentre Tommy distribuiva i compensi a proprio arbitrio. Era stata poca cosa in sè, ma aveva significato molto per la donna che si avventurava da sola in una lotta disperata nell’ugualmente disperata corsa all’oro nel Klondike.

— Se fossi uomo, saprei che cosa fare.

Così ripetè Molly, la donna dagli occhi lampeggianti, nei quali parlava il valore accumulato di cinque generazioni di americani.

Nel silenzio che seguì, Tommy introdusse una teglia di biscotti nella stufa, che alimentò con nuovo combustibile. Un rossore gli saliva sotto la pelle abbronzata dal sole, e nel curvarsi, fece vedere la pelle del collo scarlatta. Dick ricuciva con un ago da vele delle cinghie da trasporto spezzate, e il suo buonumore non era per nulla disturbato dal cataclisma femminile che minacciava di scoppiare dalla tenda battuta dalla tempesta.

— E se foste uomo? – domandò con voce piena di bontà.

L’ago s’incastrò nel cuoio umido, ed egli sospese per un momento il lavoro.

— Mi comporterei da uomo. Mi metterei il fagotto sulle spalle, e partirei. Non sarei qua a perder tempo, con la prospettiva che lo Yukon si congeli da un momento all’altro, e con l’equipaggiamento neppure a metà cammino sulla pista. E voi… voi siete uomini, e ve ne state seduti qua, con le mani in mano, spaventati di un po’ di vento e di umidità. Ve lo dico chiaro e tondo. Gli yankees sono fatti di una stoffa diversa. Uno yankee si sarebbe già avviato per la pista di Dawson, anche se dovesse attraversare i fuochi dell’inferno, e voi… voi… Vorrei essere un uomo.

— Sono contentissimo, mia cara, che non lo siate – rispose Dick Humphries, introducendo un punteruolo nella cruna dell’ago, che estrasse dal cuoio con due abili giri e una scossa.

Una raffica di vento s’impadronì della tenda e la squassò, e il nevischio strepitò dispettosamente sulla tela sottile. Il fumo, respinto dal vento, rigurgitò nella tenda, portando con se l’odore pungente degli abeti.

— Buon Dio! Perchè una donna non ascolta la ragione? – esclamò Tommy, sollevando il capo, e volgendo su lei un paio di occhi arrossati dal fumo.

— E perchè un uomo non si mostra uomo?

Tommy balzò in piedi, con un’imprecazione che avrebbe urtata una donna meno rude, slacciò le corde e spalancò i lembi della tenda.

I tre guardarono fuori. Non era uno spettacolo rallegrante. Poche tende inzuppate di acqua formavano lo sfondo, oltre il quale il terreno coperto d’acqua scendeva in una gola fumeggiante. In fondo a questa scorreva un torrente montano. Sul pendio opposto, si delineava vagamente un ghiacciaio, attraverso il velo di pioggia. Mentre essi guardavano, la fronte massiccia crollò nella valle, sollevando un tuono profondo sopra l’ululato della tempesta. Involontariamente Molly indietreggiò.

— Guardate, donna, guardate con tutti gli occhi. Tre miglia contro la tempesta fino al lago Cratere, lungo le rocce più sdrucciolevoli, col fiume turbinoso fino al ginocchio! Guardate, dico, voi donna yankee! Guardate! Ecco i vostri uomini yankees! – E Tommy tese appassionatamente il braccio in direzione delle tende sbattute dal vento. – Sono yankees dal primo all’ultimo. Si son mossi? Ce n’è uno solo col fagotto sulle spalle? E voi vorreste insegnare il lavoro a noi uomini? Guardate!

Un’altra tremenda sezione del ghiacciaio precipitò fragorosamente a valle. Il vento urlò nel vano della tenda, rigonfiandone i fianchi, finchè essa oscillò come un pallone trattenuto a terra dalle corde. Il fumo turbinava intorno ad essi e il nevischio li sferzava sulla faccia. Tommy riabbassò in fretta i lembi e tornò lagrimoso al suo lavoro davanti alla stufa. Dick Humphries gettò in un angolo le corregge riparate e accese la pipa. Per il momento anche Molly fu persuasa.

— Ci sono i miei abiti – disse con voce lamentosa, poichè per il momento il lato femminile aveva il sopravvento. – Si trovano per il momento sulla sommità del nascondiglio, a una buona distanza di qui, e si rovineranno! Vi dico che li troverò completamente rovinati!

— Via, via – intervenne Dick. – Non vi tormentate, donnina, io sono abbastanza vecchio per essere fratello di vostro padre, e ho una figlia più grande di voi, e quando giungeremo a Dawson vi comprerò tutte le ciafrusaglie che vorrete, a costo di rimetterci l’ultimo dollaro.

— Quando giungeremo a Dawson! – Il disprezzo era tornato nella sua voce. – Marcirete prima lungo il cammino. Vi annegherete in una buca di fango, voi… voi… inglesi!

Quest’ultima parola, esplosiva, intensa, conteneva gli estremi limiti del vituperio, il collo di Tommy si arrossò di nuovo, ma egli tenne la lingua tra i denti. Gli occhi di Dick si addolcirono. Egli aveva un vantaggio su Tommy, perchè la sua defunta moglie era una bianca.

Il sangue di cinque generazioni di americani costituisce a volte un’eredità incomoda; molto incomoda per Molly Travis, che sentiva il bisogno di svergognare quegli inglesi.

I due uomini non intervennero. A un certo punto Dick le propose di prestarle il suo impermeabile, poichè con quella tempesta il mantello di lei non valeva più di un foglio di carta. Ma la donna scosse il capo con tale indipendenza, che il vecchio si concentrò nella pipa finchè ella non ebbe rilegati dall’esterno i lembi della tenda e non si fu allontanata lungo la pista sommersa dalle acque.

— Credi che vi riuscirà? – Il volto di Dick smentiva l’indifferenza della sua voce.

— Riuscirvi? Se sopporta la pressione dell’uragano, finchè non raggiunga il nascondiglio, sarà così gelata e miserabile, che si sentirà impazzire.

— Credi che abbiamo fatto male a lasciarla andare, allora?

— No. Se non glie l’avessimo permesso, avrebbe trasformato questa tenda in un inferno per il resto del viaggio. Il fatto è che quella donna ha troppo spirito. Ora avrà una lezioncina che la calmerà.

— Sì – ammise Dick. – È troppo ambiziosa. Ma è una donna che mi piace. Una sciocca, ad affrontare un viaggio di questo genere, ma col suo coraggio riesce più sopportabile di quel genere di donne che hanno bisogno di piagnucolare e di esser portate in braccio.

— E quando sono irragionevoli, dobbiamo sopportarle?

— Appunto. Un coltello affilato ci taglia il dito peggio di uno dal filo smussato, ma questa non è una ragione per togliergli il filo sopra un mattone.

— Va bene, se lo dici tu; ma quando si tratta di donne, preferisco la mia un po’ meno affilata.

— Che ne sai tu? – domandò Dick.

— Abbastanza.

Tommy prese un paio di calze bagnate di Molly e le distese sulle ginocchia per farle asciugare. Dick frugò nella borsetta a mano di lei, e si voltò di nuovo alla stufa con vari capi di vestiario che sospese ugualmente davanti al calore.

— Mi pareva avessi detto di non aver mai avuto moglie? – domandò.

— Io? Certo che… cioè… sì, perdio! Ho avuto moglie. Ed era una delle donne migliori che abbia mai cucinato per un uomo.

— Spezzò gli ormeggi? – disse Dick, simbolizzando l’infinito con un gesto della mano.

— Sì.

I fagiuoli bollivano furiosamente sulla stufa, e Tommy spinse la pentola un po’ indietro. Dopo questo guardò i biscotti, li saggiò con una scheggia di legno, li mise da parte sotto una copertura umida. Alla maniera della sua razza, Dick celò il proprio interesse e attese in silenzio.

— Una donna diversa da Molly. Era una Siwash.

Dick fece un cenno affermativo.

— Non così fiera e autoritaria, ma fedele nelle gioie come nelle avversità.. Andava sul davanti quando la prua dello sloop era più spesso sott’acqua che fuori, e ripiegava una vela come un uomo. Una volta andai in cerca dell’oro dalla parte di Teslin, oltre il Lago delle Sorprese e la Piccola Testa Gialla. l viveri finirono, e mangiammo i cani; i cani finirono, e mangiammo le bardature, i mocassini, le pellicce. Mai un lamento; mai una protesta. Prima di partire mi aveva detto di badar bene ai viveri, ma quando ci trovammo senza, mai una volta: «Te lo avevo detto». Diceva invece: «Non importa, Tommy», ed era così debole, che poteva appena sollevare la racchetta, coi piedi orribilmente gonfi per la fatica. «Non importa. Preferisco patire la fame ed essere tua sposa, Tommy, che avere un potlach ogni giorno ed esser moglie del capo George ». George era capo dei Chilcoots, comprendi, e la voleva assolutamente in moglie.

«Grandi giorni, quelli. Ero anch’io un tipo robusto, quando toccai la costa. Disertai una baleniera, la Stella Polare, a Unalaska. E mi aprii il cammino fino a Sitka, presso un cacciatore di lontre. Mi unii a Happy Jack: lo conosci?

— Vigilava per me le trappole, quando cacciavo le pellicce rispose Dick. – Laggiù sul Columbia. Un po’ selvaggio, non è vero? Col cuore tenero per il whisky e per le donne?

— Proprio lui. Trafficai in sua compagnia per un paio di stagioni: hooch, e coperte, e altra roba simile. Poi comprai uno sloop, e per non separarmi completamente da lui andai dalla parte di Juneau, dove incontrai Killisnoo: la chiamavo Tilly. La conobbi a una danza di squaws sulla spiaggia. Il capo George aveva finito il traffico annuale con gli Stick sopra i valichi, ed era venuto a Dyea con metà della sua tribù. Un’infinità di Siwash alla danza, ed io ero l’unico bianco. Nessuno mi conosceva, all’infuori di pochi indiani che avevo incontrato dalla parte di Sitka; ma Happy Jack mi aveva narrata la maggior parte delle loro storie.

«Parlavano tutti in chinook, non immaginando che io conoscessi meglio di loro quel dialetto, e principalmente due ragazze fuggite dalla Missione di Haine, sul Lynn Canal. Due belle creature; fresche come il merluzzo appena pescato. Ma troppo affilate, comprendi. Essendo un nuovo venuto, quelle due si misero a parlar di me, non sapendo che io capivo tutte le parole di chinook che pronunciavano.

«Non lasciai trapelar nulla, ma mi misi a danzare con Tilly, e più danzavamo, più il nostro cuore si riscaldava. «Cerca una donna», disse una delle ragazze, e l’altra scosse la testa e rispose: «Poca probabilità che ne trovi una, quando tutte le donne sono in cerca di uomini». E i guerrieri e le squaws che stavano intorno si misero a ridere e a sogghignare, ripetendosi ciò che avevano udito dire. «Un bel giovinetto» disse la prima. Non nego che avevo le guance morbide e giovanili, ma ero un uomo tra gli uomini, e quelle parole mi annoiarono. «Danza con la ragazza del capo George», disse l’altra. «La prima cosa che farà George, sarà di dargli il piatto della pagaia sulla schiena, e di rimandarlo per i suoi affari».

«Il capo George aveva il volto nero, ma a quelle parole si mise a ridere, e si battè sul ginocchio. Era un uomo robusto, e ben disposto a usar la pagaia.

«— Chi sono quelle ragazze? – domandai a Tilly, mentre continuavamo a danzare. E appena ella mi disse i nomi, rammentai tutto ciò che Happy Jack mi aveva detto di loro. Conoscevo vita, morte e miracoli di tutte e due: sapevo anche varie cose sconosciute a quelli della loro tribù. Ma mi tenni calmo, e continuai a corteggiare Tilly, con le due ragazze che non la smettevano di beffarsi di noi, e tutti che ridevano intorno ad esse. «Attendi un po’, Tommy», mi dicevo, «attendi un po’».

«E attesi, finchè la danza fu per finire, e il capo George portò una pagaia pronta per me. Tutti ardevano di curiosità di assistere allo spettacolo; ma io marciai, con tutta la disinvoltura possibile, fino in mezzo a loro. Le ragazze della Missione pronunciarono qualche altra parola pepata al mio indirizzo, e, con tutta la collera che provavo, dovetti stringere i denti per trattenermi dal ridere. Mi voltai su loro bruscamente: – Avete finito? – domandai.

«Avreste dovuto vederle, quando mi udirono parlare in chinook. Allora mi sfrenai. Dissi tutto quel che sapevo di esse e dei parenti, padri, madri, sorelle, fratelli; parlai di tutti e di tutto. Dissi di ciascuna dei più volgari tiri che esse avevano giocati, di ogni imbroglio in cui si erano cacciate, di ogni vergogna che era caduta su loro. E le marchiai senza paura e senza misericordia. Tutti gli indiani si affollavano intorno. Non avevano mai udito un bianco parlare il loro gergo come facevo io. Ridevano tutti, all’infuori delle ragazze della Missione. Anche il capo George dimenticò la pagaia, o almeno era invaso da troppo rispetto per osare di adoperarla.

«— Oh, basta, Tommy! – gridavano le ragazze, con le lagrime che scorrevano loro giù per le guance. – Per favore, fermatevi. Saremo buone. Sicuro, Tommy, sicuro.

«Ma le conoscevo bene, e le cauterizzai in tutti i punti più teneri. Nè mi arrestai, finchè non si gettarono in ginocchio, supplicandomi di tacere. Allora lanciai un’occhiata al capo George; ma questi non sapeva se prendersela con me o no. E se la cavò mettendosi a ridere.

«Così sia. Quando mi separai da Tilly, le dissi che mi trattenevo colà per una settimana o due, e che volevo rivederla. Non sono troppo esitanti le fanciulle della sua razza, quando si tratta di mostrare simpatia o antipatia, e, da onesta ragazza, ella dimostrò il piacere che provava. Sì, una fanciulla sorprendente, e non mi meravigliavo che il capo George la desiderasse in moglie.

«Tutto mi era favorevole. Per prima cosa toglievo il vento dalle vele del capo George, Avevo l’idea di farla venire a bordo del mio sloop e di correre in direzione di Wrangel finchè il vento non cessasse, lasciando il pellerossa a fischiare sulla spiaggia. Ma non dovevo ottenerla così facilmente. Sembra che ella vivesse con uno zio, tutore o qualcosa di simile, e sembra che il vecchio fosse malato di tisi o di qualche altra malattia polmonare. Migliorava e peggiorava a periodi, ed ella non voleva lasciarlo finchè non si fosse rimesso. Prima di partire andai al tepee, per vedere che si poteva fare; ma il vecchio briccone l’aveva promessa al capo George, e quando mise gli occhi su me la collera gli cagionò una emorragia.

«— Vieni a prendermi, Tommy – diss’ella quando ci dicemmo addio sulla spiaggia.

«— Si – le risposi; – quando mi manderai a chiamare. – E la baciai alla maniera dei bianchi, alla maniera degli innamorati, finchè ella fu tutta tremante, e io ero talmente fuori di me, che avevo una mezza idea di correre dallo zio, e di dargli una spinta verso l’altro mondo.

«Andai dunque dalla parte di Wrangel, oltre Saint Mary e fino alle Regina Carlotta, trafficando, trasportando whisky, usando lo sloop per tutto ciò che potevo fare. Venne l’inverno, rigido e aspro, ed io ero tornato a Juneau, quando ricevetti il messaggio di Tilly.

«— Venite – mi disse lo straccione che mi portò la notizia. – Killisnoo dice: «Venite ora».

«— Che è accaduto? – domandai.

«— Il capo George. Un potlach. Lui prende Killisnoo in moglie.

«Sì, fu terribile: col vento che urlava dal nord, l’acqua salata che si gelava appena cadeva sul ponte, e il vecchio sloop ed io che correvamo contro l’uragano per centro, ma a metà strada fu portato via da un miglio fino a Dyea. Qui giunto, spinsi lo sloop sulla spiaggia al riparo del fiume. Non potevo andare un pollice più avanti, perchè l’acqua dolce era solidamente gelata. Dirizze e bozzelli erano così ghiacciati, che non osai abbassare le vele o il fiocco. Prima mi riscaldai con un bicchiere di whisky, e poi, lasciando tutto come si trovava, pronto per la partenza, e avvolto in una coperta, mi diressi verso il campo. Non c’era da sbagliare sull’importanza dei preparativi. I Chilcoots erano venuti in corpo, con cani, bambini e canoe, per non parlare delle altre numerose tribù. Erano un mezzo migliaio, venuti per celebrare le nozze di Tilly, e non c’era un bianco a venti miglia di distanza.

«Nessuno fece caso a me, poichè la coperta sulla testa mi celava completamente, e avanzai scavalcando cani e giovinetti, finchè fui giunto al centro della riunione. Lo spettacolo si svolgeva in una vasta radura tra gli alberi, con grandi fuochi che ardevano e la neve così ben pigiata da esser dura come cemento. Avevo accanto Tilly, vestita di scarlatto e coperta di ornamenti di perline, e davanti a lei il capo George e gli uomini principali della sua tribù. Lo shaman era aiutato dai colleghi delle altre tribù. Mi domandai che avrebbero detto i miei a Liverpool, se mi avessero veduto in quel momento. E ripensai alla bionda Gussie, il cui fratello picchiai dopo il mio primo viaggio, perchè non voleva che un marinaio facesse la corte alla sorella. E con Gussie davanti agli occhi guardai Tilly.

«Così sia. Quando il frastuono fu più forte, con le pelli di marsuino che rimbombavano e i sacerdoti che cantavano, dissi: «Sei pronta?». Dio! Non un sussulto, non un’occhiata dalla mia parte, non il fremito di un muscolo. «Lo sapevo», rispose, calma e fredda come una sorgente primaverile. «Dove?». «L’argine alto sul limite dei ghiacci», bisbigliai alla mia volta. «Salta giù quando te lo dico».

«Avevo detto che c’era un numero sterminato di cani? Ebbene, erano innumerevoli; qua, là, dappertutto, erano sparsi in giro: lupi addomesticati, e null’altro. Quando i viveri scarseggiano, vanno a caccia nella foresta coi lupi selvaggi, e non ci sono combattimenti più feroci di quelli. Ai miei piedi era disteso un grosso bruto, e, dietro di me, un altro. Tirai rapidamente la coda al primo, con tale forza che mi rimase tra le dita un ciuffo di peli. Mentre le sue mascelle si chiudevano con uno scatto metallico nel punto dove doveva trovarsi la mia mano, afferrai il secondo cane per il collo e lo gettai diritto nella bocca dell’altro. «Corri!» gridai a Tilly.

«Sai bene come si battono i cani. In un batter d’occhi vi fu un centinaio di bestie inferocite, che si ammucchiavano, azzannando, balzando da tutte le parti, con bambini e squaws che fuggivano in ogni direzione, con l’intero campo in subbuglio. Tilly era scivolata via, e io la seguii. Ma quando mi guardai sopra la spalla, il diavolo s’impadronì di me, e lasciai cadere la coperta e tornai sui miei passi.

«Ormai avevano separati i cani, e la folla si riordinava. C’era una grande confusione, sicchè nessuno notò l’assenza di Tilly. «Hello», dissi, prendendo il capo George per la mano. «Il fumo del vostro potlach possa alzarsi sempre, e gli Stick portarvi molte pellicce in primavera».

«Dio mi aiuti, Dick». Ma fu rallegrato di vedermi. Lui che vinceva la partita, sposando Tilly. Il racconto che io ero profondamente innamorato di lei si era sparso su tutti i campi, e la mia presenza lo rendeva orgoglioso. Tutti gli indiani mi riconobbero, senza la mia coperta, e si misero a ridere e a sogghignare, Era splendido, ma io resi la situazione ancora più splendida, facendo lo gnorri.

«— Che cos’è tutto questo. chiasso? – domandai.

«— Killisnoo sposa il capo George – gridarono.

«Feci un salto, e guardai il capo George. Questi fece un cenno affermativo e gonfiò il petto.

«— Non sarà vostra moglie – dissi con decisione. – Non sarà vostra moglie – ripetei, mentre il volto gli si oscurava e la mano gli correva al coltello da caccia.

«— Guardate! – gridai, assumendo un atteggiamento solenne – una grande magia. Guardatemi.

«Mi tolsi i guantoni, mi rimboccai le maniche, e feci dei movimenti come se camminassi nell’aria.

«— Killisnoo! – gridai. – Killisnoo! Killisnoo!

«Facevo una magia, e gli indiani cominciavano a spaventarsi. Tutti gli occhi erano fissi su me; non avevano tempo di accorgersi che la ragazza non era presente. Poi chiamai Killisnoo altre tre volte, e attesi; e tre volte ancora. Tutto questo per creare un’aria di mistero e renderli nervosi. Il capo George non immaginava a che miravo, e voleva arrestarmi; ma gli shaman gli dissero di attendere, che era bene vedere che volevo fare. D’altronde egli era superstizioso, e aveva un po’ paura della magia del bianco.

«Allora chiamai Killisnoo a lungo, sommessamente, con una voce come l’ululato del lupo, finchè le donne si misero a tremare e i guerrieri divennero seri.

«— Guardate! – gridai, balzando avanti, col dito teso verso un gruppo di squaws: – è più facile ingannare le donne che gli uomini; lo sai. Guardate! – E sollevai il dito, come per accompagnare il volo di un uccello. Su, su, dritto in aria, seguendo il movimento con gli occhi, finchè scomparve nel cielo.

«— Killisnoo – dissi, guardando il capo George e indicando di nuovo l’aria.

«Dio mi aiuti, Disk, ma la frottola fu bevuta. Metà di loro, almeno, videro la ragazza scomparire nell’aria. A Juneau avevano trangugiato il mio whisky, e veduto degli spettacoli bizzarri, te lo garantisco. Perchè non potevo fare una cosa simile io, che vendevo degli spiriti cattivi in bottiglie sigillate? Qualcuna delle donne si mise a strillare, i guerrieri si raggrupparono per scambiarsi le proprie impressioni. Io incrociai le braccia e tenni alta la testa, ed essi si scostarono da me. Era il momento di andarsene.

«— Afferratelo! – gridò il capo George. Io ripetei la buffonata, e il coraggio suo svanì come acqua.

«— Ordina ai tuoi shaman di operare delle meraviglie come quelle che io ho eseguite questa sera – dissi. – Richiamino Killisnoo dal cielo dove io l’ho mandata.

«Ma i sacerdoti conoscevano il limite del proprio potere.

«— Le tue mogli possano prolificare come il salmone – dissi, voltandomi per andarmene; – e il palo del tuo totem possa restare a lungo nella terra; e il fumo del tuo campo alzarsi eternamente al cielo.

«Ma se mi avessero veduto correre verso lo sloop appena fui fuori vista, avrebbero creduto che la mia magia si fosse messa fuori di me. Killisnoo s’era riscaldata spezzando il ghiaccio, e tutto era pronto per la partenza. Dio, come corremmo, con la tramontana che ci urlava dietro e i marosi che spazzavano il ponte e si gelavano in ghiacciuoli. Con tutte le aperture ermeticamente chiuse, io che governavo e la fanciulla che spezzava il ghiaccio, proseguimmo per metà della notte, finchè portai lo sloop a tremare sulla spiaggia. Le coperte erano umide, e Killisnoo asciugava i fiammiferi sul seno.

«Così, credo di saperne qualcosa. Sette anni marito e moglie, nel buono e nel cattivo. E poi ella morì nel cuore dell’inverno, di parto, lassù alla stazione Chilcat. Mi tenne fino all’ultimo la mano nelle sue, col ghiaccio che s’insinuava dietro la porta e si spandeva sopra i vetri della finestra. Fuori l’urlo solitario del lupo e Silenzio; dentro, la morte e il Silenzio, e Dio voglia che non l’oda mai seduto al capezzale della morte. Se l’udivo! Sì, finchè il respiro sibilava come una sirena, e il cuore rombava come la risacca sulla riva.

«Siwash, Dick, ma una donna. Bianca, Dick, bianca e pura. Verso la fine disse: «Conserva il mio letto di piume, conservalo sempre», E promisi. Poi riaprì gli occhi pieni di sofferenza. «Sono stata una buona donna per te; e per questo desidero che mi prometta… che mi prometta…». Le parole sembravano fermarlesi nella gola… «che quando sposerai di nuovo, sia una bianca. Non più Siwash. A Juneau vi sono molte bianche, lo so. Il tuo popolo ti chiama un uomo da squaws, le donne della tua razza voltano la testa dall’altra parte, e tu non vai nelle loro capanne come gli altri. Perchè? Tua moglie è Siwash. Non è così? E questo non è bene. Perciò muoio. Promettimi. Baciami in pegno della tua promessa».

«La baciai, ed ella si addormentò mormorando: «È bene». Poco dopo parlò per l’ultima volta: «Rammenta, Tommy, rammenta il mio letto di piume». E morì, di parto, lassù alla Stazione di Chilcat».

La tenda barcollò e si schiacciò quasi a terra sotto la spinta dell’uragano. Dick riempì la pipa, mentre Tommy preparava il tè e lo metteva da parte in attesa del ritorno di Molly.

E colei dagli occhi lampeggianti e dal sangue yankee? Accecata, cadente, trascinandosi sulle mani e sulle ginocchia, col vento che le ricacciava il respiro nella gola, ritornava lentamente alla tenda. Sulle spalle un grosso fagotto sosteneva l’intero furore della tempesta. Ella tirò debolmente le corde annodate ai lembi della tenda, ma furono Tommy e Dick a scioglierle. Poi mise tutta l’anima nell’ultimo sforzo, entrò barcollando e cadde esausta sul pavimento.

Tommy le slacciò le cinghie e le tolse il fagotto dalle spalle. Dick, versando una tazza di whisky, si arrestò abbastanza a lungo a contemplare il fagotto. Tommy ammiccò alla sua volta. Le sue labbra formarono la parola: «abiti». Ma Dick scosse il capo con aria di rimprovero.

— Qua, donnina – disse, dopo che ella ebbe bevuto il whisky e si fu riavuta. – Vi abbiamo preparato qualche indumento asciutto. Indossatelo. Noi usciamo per assicurar meglio la tenda. Quando avrete finito, chiamateci, e rientreremo per pranzare. Chiamateci appena siete pronta.

— Dio mi aiuti, Dick, ma questa passeggiata sotto l’uragano le ha smussato il filo per il resto del suo viaggio – borbottò Tommy, mentre i due stavano accovacciati dietro la tenda per piantare un altro piuolo.

Fine.


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TITOLO: La moglie Siwash
AUTORE: Jack London

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: La legge della vita : dai volumi: The God of his fathers, Children of the frost, e altri di J. L. / edizione 1939-17. - Milano : Sonzogno, 1938 (Tip. A. Matarelli). - 252 p. ; 16.

SOGGETTO: FIC002000 FICTION / Azione e Avventura