La moglie.

di
Caterina Percoto

tempo di lettura: 12 minuti


Persone distinte sotto ogni aspetto, la parte più eletta dei giovani eleganti, e numerose signore già da qualche ora affluivano alla casa del conte Battista, chè gl’inviti della Cecilia venivano sempre accettati con gioia, perchè tutti amavano la Cecilia; e sebbene fosse bella, ricca e fortunata, non v’era chi le portasse invidia, tanto i suoi modi erano gentili ed improntati di quella schietta e cara modestia che sa fruire dei piaceri altrui più che de’ propri. Sapevano le signore che ella sarebbe stata cordialmente contenta di trovarle belle e di vederle brillare, e perciò, quasi a compenso, venivano in quella sera a farle corteggio e ad accrescere così l’allegria della festa che il marito le aveva consacrata.

Trattavasi di una città di provincia, e, più che il compassato cerimoniale d’etichetta, avresti notato una certa affettuosa disinvoltura di modi, che ti palesava subito come cotesto più che altro era un lieto convegno d’amici; non mancava peraltro il lusso, la ricchezza e il buon gusto negli abbigliamenti; la sala particolarmente era arredata con molta leggiadria, scelta la musica, e una profusione di lumi e di fiori, sicchè la festa prometteva di farsi oltremodo brillante.

Il conte Battista, unico erede di una vistosa fortuna, s’era ammogliato assai giovane, e amava teneramente la sua bella e graziosa compagna. Il suo più dolce pensiero era di farle cara la vita e d’indovinarne ogni desiderio. E la vita, nei due brevi anni dacchè si erano uniti, volava per essi tutta intrecciata di rose.

Era in occasione di questa festa, ch’egli aveva fatto dipingere la sala e acquistate alcune mobiglie di squisito lavorio, eseguite da un bravo artefice del paese; e compiacevasi dei giudizj degli amici venuti ad ammirare il buon gusto di quelle sue nuove ricchezze, ma nel secreto del suo cuore un’altra gioia si aveva riserbata. Sapeva che la Cecilia aveva fissato di comparire in quella sera in un leggiadro abbigliamento all’orientale: or egli, al momento che si vestiva, le aveva fatto trovare sulla sua toeletta un bel finimento di corallo che completava in maniera veramente magnifica quel novello capriccio della moda. E la Cecilia in così fatto costume appariva più che mai attraente: aveva qualche cosa della poesia delle odalische; trasportava coll’immaginazione ai sogni delle mille ed una notte. Ei la vedeva accarezzata dagli occhi di tutti, mentre con una semplicità e disinvoltura piena di grazia faceva gli onori di casa, le accoglienze alle amiche, ed apriva ella stessa la danza; ma la ricompensa che in suo cuore s’aveva ripromessa non veniva. – Ella accoglieva sempre colla gioia e colla gratitudine d’una fanciulla la menoma attenzione del marito; e quegli occhi sereni, che gli dicevano senza mistero tutta la contentezza della sua anima innocente, e l’ilarità, e l’affettuosa espressione di quella cara fisonomia lo riconducevano a’ suoi anni più giovani, ed era uno dei beni di che la provvidenza gli teneva consolata la vita.

Ma questa volta, o non aveva aggradito, o qualche spina secreta s’era fitta in quel cuore. Forse che la vivacità dei colori dell’abbigliamento le togliessero il brillare della consueta sua tinta, gli pareva pallida, e negli occhi pensierosa e come contristata, e forzato il sorriso e perfin la voce velata da una malinconia ch’ella indarno cercava superare.

Era più bella del consueto, ma d’una bellezza austera e meditabonda che rivelava od una sofferenza, od una lagrima. Si ricordò allora che gli parve così mutata fin dal giorno innanzi. Per gli apparecchi della festa aveva voluto recarsi alla campagna onde scegliere i più bei fiori della ricca serra che ivi tenevano. Era partita allegrissima: aveva mille progetti, di ghirlande, di mazzolini simbolici per le amiche, ch’ella stessa intendeva comporre e regalare; gli aveva su questo argomento tenuto così bizzarri propositi! folleggiava come fanno i fanciulli…. Tornò coi cristalli della carrozza ermeticamente chiusi, e discese mesta e impallidita, come se i tanti fiori che la circondavano l’avessero fatta languire coi loro troppo vivaci effluvj: così almeno aveva egli interpretato; e attribuì alla stanchezza del viaggio se lasciò che altri l’intrecciassero, e se parve dappoi poco curarsi del tanto vagheggiato festino. Ma ora vedeva la cosa sotto un altro aspetto, e pativa; e le più strane supposizioni gli facevano un tormento di quegl’istanti che aveva creduto consacrare alla gioia. Appena partite le signore, ella si era ritirata nella sua stanza da letto. Alcuni amici trattenevano ancora il conte, che non sapeva più come dissimulare l’angustia che lo amareggiava. Quando alla fine fu libero, risolse di subito chiarirsi. Dopo il suo matrimonio, era questa la prima nube che veniva a turbare la sua felicità; voleva diradarla a costo anche di trovarci sotto il dolore. – Salì le scale mortalmente agitato, ed aperta con precauzione la porta, rimase un istante perplesso sulla soglia.

La campana d’alabastro, nascosta dietro le ampie cortine della finestra, mandava una luce così debole, che non avrebbe concesso di rilevare gli oggetti, se non fosse stata riflessa dalle candide pareti e dai mobili tutti candidi di quel nitido santuario.

Ell’era coricata, e posava sugli origlieri come se avesse dormito. Si appressò in punta di piedi. Era pallida fuor di misura, dalle chiuse pupille trapelavano le lagrime, e sulla sua faccia estenuata passava senza sospetto il dolore dell’anima, come se le fosse stata dinanzi qualche amara visione. Allorchè sentì vicino l’alito di lui, si riscosse, gli stese le braccia, e con un sorriso che finiva in pianto, nascose sul suo petto la fronte coperta di rossore.

— Ma che cosa è avvenuto? ma perchè queste lagrime, buono Iddio?… — diss’egli, accarezzandola e raccogliendo colla mano le lunghe ciocche de’ suoi capelli disciolti.

— Se tu sapessi, Battista, quel che ho veduto!… ti parrà una fanciullaggine…. ma io non posso aver pace…. sento qui nel cuore come un rimorso continuo….

E quando la presenza e l’affetto di lui l’ebbero alquanto rasserenata,

— O amico mio! ripigliava, io ti ho sempre detto tutti i miei pensieri: anche quelli che qualche volta ti fanno sorridere e trattarmi da fanciulla…. perchè tu sei buono e raddrizzi le mie idee, e la tua parola indulgente, e il bene che ci vogliamo, m’insegnano a farmi degna di te. E anche ieri, subito tornata dalla campagna, ti avrei detto tutto…. ma mi pareva crudeltà turbar colle mie fantasie l’allegria della festa che tu mi avevi preparata, e ho creduto di saper dissimulare….

— Oh sì! come se io non ti conoscessi…! Ma non sai tu, ch’io leggo su questa cara fronte e in questi occhi benedetti tutta l’anima tua, e che tu non puoi patire senza ch’io divida le tue lagrime? Cecilia mia, cavami di pena! dimmi che cosa è accaduto, così colla confidenza e colla schiettezza di tante altre volte….

— Or bene: sono andata in campagna per la provvista dei fiori. Sapeva delle camelie così ricche quest’anno, e degli achimenes fioriti tutti, anche le ultime varietà che tu facesti venire e che non aveva peranco vedute. Ero così contenta, che non mi sono neppure accorta del freddo grande che faceva; e poi ben vestita, avvolta nella mia pelliccia, sui soffici cuscini d’una carrozza ben chiusa, colle mani nel manicotto, che m’importava del freddo? Oh il freddo non è per noialtri signori! Attraverso de’ miei impenetrabili cristalli io godeva della vista del cielo, del sole nascente, dei campi tutti inargentati di pruine, e fantasticava ai ghiribizzi dei mazzolini che voleva comporre. Ero tanto beata e tanto immersa in cotesti miei progetti, che non mi sono neanche mai ricordata del povero Antonio che stava sulla cassetta, e che non avrà certo trovato piacevole il capriccio di quella mia gita così mattutina. Arrivo, e non trovo nè Valentino, nè le chiavi della serra. Intanto che cercavano, la gastalda mi dice, che sarà facilmente ito a far un po’ di compagnia alla Margherita ch’è malata da un mese, e la cui figlia egli intende sposare. La Margherita, quella buona donna che ti ha allattato, e che ti vuol tanto bene, come se fosse tua madre…. Allora mi viene in capo: voglio andarla a trovare. Mi vedrà volentieri, io pensava, e poi le dirò di Battista, le dirò ch’egli ha gradito i funghi portatici a regalare queste vendemmie…. perchè mi ricordava d’averla veduta più d’una volta con un costellino di funghi, e che dimandava di parlare con te; ma tu allora eri impedito, e volevo….

— E volevi, diss’egli, riparare la mia trascuranza, compiere per me a un dovere verso quella povera donna, colla tua delicata cortesia rimediare alla mia spensierataggine…. Ma ti giuro, Cecilia, non è stato per alterigia o per mancanza di cuore!… gli è proprio che a noialtri uomini occupati di mille impicci, certe piccole attenzioni ci sfuggono…

Ella gli pose la mano sulla bocca e fattasi rossa continuava:

— Volevo recarle conforto e aprirmi l’adito di offerirle qualcosa, ecco tutto. Mi feci dunque accompagnare alla sua casa. In cucina facevano la polenta; un fumo d’affogare, e se aprivano, il vento rapiva i tizzi e li ruzzolava sullo spazzo. Non ti so dire l’orrore di quella negra e sucida caverna! Salii una scaletta diroccata, e davvero ho creduto accopparmi, perchè i gradini in più luoghi mancavano, e taluni tanto fracidi da non osare a fidarvi sopra il piede. La stanza della malata, sotto a’ coppi e al disopra della cucina, e nera come la cucina, perchè le tavole in più d’un sito rotte proprio affatto lasciano trapelare il fumo, che tormenta e fa tossire la poveretta che è affetta da mal di petto… Oh Dio mio! e pensare che quella è casa nostra, e ch’e’ sono nostri affittuali!… Delle finestre non ti parlo, senza vetri già si sa; sicchè la meschina, che è là inchiodata in letto da più d’un mese, non ha neppure il conforto della luce.

— Ma perchè non avvisano il fattore di cotesti disordini? sclamò il conte annuvolato.

— Ho detto anch’io la stessa cosa, ma sai quel che risposero? Gli è, soggiuns’ella in un tuono sommesso come se titubasse, gli è che la casa della Margherita in tale deplorabile stato, tra quelle dei nostri coloni non è mica la sola, e a far tutti i restauri che sarebbero proprio di prima necessità per quella povera gente, bisognerebbe, amico mio, che noi avessimo il coraggio di rinunziare a buona parte di cotesto vano lusso che ci circonda.

Stettero entrambi alcuni istanti in silenzio.

— Oh! ripigliò ella, se tu sapessi quel che mi diceva questa sera la musica del nostro festino, i gioielli e la seta di cui io era coperta, i profumi di quei nostri tanti fiori….! E anche adesso qui in questa stanza così riccamente addobbata, in mezzo a una profusione di finissimi lini, di ricami, di mille costosi oggetti…. veggo sempre la Margherita…. la sento tossire, e mi pare che si tratti di nostra madre….

— Non facciamo esagerazioni, Cecilia! Puoi credere che se avessi soltanto immaginato tale miseria, io avrei voluto ripararla ad ogni costo…. Poi il lusso che tu adesso condanni, sai tu a quante famiglie si fa per nostro mezzo sorgente di onorati guadagni?

— Tutti questi argomenti che ci scusano sono passati anche per la mia mente, e benchè io non sappia tirare le conclusioni come voialtri fate, capisco che non sarebbe giusto rifiutar ogni agiatezza, perchè v’è chi patisce…. Ti ricordi quando mi conducesti a vedere il giardino inglese e il parco dei conti N.?

— Fu uno dei più bei giorni della mia vita. Tu eri allegrissima e trovavi così ameni quei luoghi!…

— E tu pensasti subito ad erigere una serra e a modellare il nostro giardino sul gusto di quello che mi aveva tanto piaciuto! Allora rimodernata la casina, aperta sul tetto una terrazza, in fondo al viale il chiosco, il boschetto d’inverno, il parco, la corte d’ingresso; per tua cura tutto fu nuovamente abbellito. A ogni gita che facevo, trovavo sempre qualche sorpresa. Una volta fu l’acquicella che co’ suoi graziosi rigiri e colle sue cascatelle era venuta come a dar l’anima a que’ siti; un’altra la collinetta, e poi la grotta, e poi le artificiose rovine del castello gotico, che tu stesso inventasti, e il cui modello in sovero deve averti costato molte ore di paziente fatica; eppure io non me ne accorsi, se non nel giorno in cui, già tradotto in pietra, mi si presentò all’improvviso di mezzo al verde, e pareva che una fata lo avesse fatto balzare dal seno della terra….

— Io mi ricordo, Cecilia, soggiunse egli fissandola con dolce emozione e passando il braccio dietro a’ guanciali di lei, io mi ricordo di tutte le care ed affettuose parole che tu mi dicesti in quel giorno! Eravamo assisi l’uno presso dell’altro sul fusto rovesciato dell’antica colonna che ho fatto venire dagli scavi di N.; alcune roselline selvatiche crescevano tra i rottami del capitello, e il salice che ci faceva ombra, mosso dalla brezza, pareva inchinarsi a baciarle. Era assai lieta la sera, e i placidi raggi del sole che tramontava, intersecati dal verde, ti circondavano di una luce così fantastica….

— Adesso, siccome allora, io sento tutto il valore dell’inestimabile tesoro che il signore mi concesse nel darmi cotesto tuo cuore! Non mi sfugge nessuna delle tue dilicate premure, nessuna delle tue continue attenzioni…. Veggo tutto il bene che tu mi vuoi…. Pure, Battista, invece di esserti grata, io ti ricambio oggi coll’amareggiarti!… Gli è che dopo quel che ho veduto co’ miei propri occhi, mi pare che noi siamo cattivi! e che io ne ho la colpa, perchè fin adesso non ho pensato che a godere…. Oh, se, invece di contentare i miei capricci, tu avessi speso quel denaro nelle case dei nostri poveri coloni!

— Erano lavori di lusso, diss’egli; hanno peraltro impiegato molte braccia, e dato il pane a molte famiglie….

Ma alla Cecilia pareva, che se quegli operai, invece di costruire una grotta, un castello, i chioschi, e i tanti abbellimenti del suo giardino, avessero lavorato nelle case dei contadini, il loro pane sarebbe venuto fuori allo stesso, e non poteva quietarsi, e finchè v’era tra’ suoi affittuali chi pativa di freddo, o mancava di spazio, quelle tante vanità della moda che le stavano d’intorno, le pesavano sul cuore, e sentiva rimorso de’ suoi divertimenti come se fossero stati procacciati col sangue e colle lagrime del povero. Parlarono a lungo, e in quella stessa notte stabilirono di migliorar subito l’abitazione della Margherita. Colla sollecitudine e colle delicate attenzioni di due figli affettuosi provvidero a tutti i suoi bisogni, e la buona donna, che li aveva sempre amati con viscere di madre, nel vedersi adesso contraccambiata, godeva di tanta felicità, e non sapeva più neanche ricordarsi della passata trascuranza. Dopo quella festa, la casa del conte Battista assunse come una specie di aspetto severo. Comparivano di rado ai pubblici spettacoli, e la toeletta della contessa s’era fatta più semplice e più modesta. In quella vece, appena comparsa la primavera, stabilirono il loro soggiorno alla campagna, e il villaggio cresceva e ringiovaniva a colpo d’occhio: diverse fabbriche nuove erano surte come per incanto, le vecchie venivano riattate, in poco tempo spirava in quei dintorni come un’aria di agiatezza e di ben essere che consolavano il cuore. Era bello allora per la Cecilia, goder del lusso di che la circondava l’amore del marito, e le loro gioie s’erano fatte più pure e più serene, perchè sentivano entrambi d’essere benedetti ed amati.

Fine.


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TITOLO: La moglie
AUTORE: Caterina Percoto

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Racconti / di Caterina Percoto - Firenze : F. Le Monnier, 1858 - 553 p. ; 19 cm.

SOGGETTO: FIC029000 FICTION / Brevi Racconti (autori singoli)