copertina_kaizen.jpgGiuseppe D’Emilio presenta il romanzo La strategia dell’Ariete , dell’ensamble narrativo “Kai Zen”, Mondadori, 2007. Segue un’intervista agli autori.

In attesa di recensire il romanzo, lo si segnala intanto per i seguenti motivi:

  1. è copyleft
  2. è stampato su carta ecologica
  3. è scritto a otto mani (da Jadel Andreetto, Bruno Fiorini, Guglielmo Pispisa, Aldo Soliani)

1) Per una definizione di copyleft, si rimanda alla sezione “LiberScuola” http://spazioinwind.libero.it/liberscuola/copyleft.htm

Il collettivo di scrittori Wu Ming (www.wumingfoundation.com) è stato tra i primi a imporre alle case editrici il copyleft; tra gli editori che adottano questa formula, si può segnalare Gaffi (www.gaffi.it) . Interessante al riguardo è anche la proposta de “iQuindici” (www.iquindici.org). Per quanto concerne la Mondadori, questo dei Kai Zen è il primo testo in copyleft.

Ad adottare pionieristicamente il copyleft (anche se allora non si chiamava così…) sono stati anche autori presenti nella biblioteca di “Liber Liber”: la guida ad Internet di Marco Calvo (presidente della nostra associazione), Gino Roncaglia, Fabio Ciotti, Marco Zela è da ben dieci anni, nelle sue varie edizioni, scaricabile gratuitamente qui: https://www.liberliber.it/biblioteca/c/calvo/index.htm

Marco Calvo sostiene da anni che una scelta del genere non arreca danni economici agli autori, visto che il manuale, nonostante sia disponibile gratuitamente in formato elettronico, è stato sempre vendutissimo nella sua versione cartacea. Un’altra riflessione che si può fare è che, ammesso e non concesso che la scaricabilità gratuita porti un minor numero di copie vendute, la perdita economica è minima, visto che il guadagno viene comunque diviso tra quattro persone, sia nel caso di Internet della Laterza sia nel caso de La strategia dell’Ariete.

Il guadagno, già. È molto diffusa la convinzione che ci si possa arricchire pubblicando libri, e questo spinge molti autori a essere estremamente gelosi delle loro opere, a spendere soldi per tutelarli presso la SIAE, a temere paranoicamente il plagio. In realtà, i dati editoriali dimostrano con chiarezza che la stragrande maggioranza delle migliaia di libri pubblicati in Italia ogni anno vende pochissimo e che gli scrittori italiani che vivono esclusivamente del loro lavoro sono pochissimi, mi azzardo a dire qualche decina.
M. Lana, su L’Indice (1998, n. 9) ha scritto:

Quando l’editore pubblicò il testo integrale di “Internet ’97” su Internet, contemporaneamente all’uscita in libreria del volume, il testo elettronico proliferò su altri sedici server di rete, e il volume registrò vendite doppie a quelle della prima edizione. Evidentemente testo elettronico e libro a stampa non sono necessariamente avversari.

Credo che la scelta del copyleft in prima istanza sia una scelta ideologica che parte dal presupposto che la creazione di “sapere” non è, o non è soltanto, appannaggio dello sforzo individuale del singolo, ma è sostanzialmente collettiva, specie nell’Era di Internet che consente l’accesso a un’enorme mole di informazioni, peraltro facilmente integrabili e rielaborabili.

La possibilità di leggere gratis il testo digitale prima di acquistarne una copia cartacea può anche essere intesa come una forma di rispetto verso il lettore, il quale ha la non trascurabile opportunità di non acquistare “a scatola chiusa”. Inoltre, il testo elettronico, l’ebook, permette di consultare il testo con percorsi di lettura non sequenziali, di ricercare parole-chiave etc.

Perché le case editrici, che non sono certo tenute a fare beneficienza, accettano questa “compresenza” del cartaceo e del digitale? Evidentemente cominciano a comprendere che, appunto, il copyleft è addirittura un veicolo promozionale.

Relativamente alla sinergia tra editoria tradizionale e Rete, sono senza dubbio interessanti le proposte di “vibrisselibri” (http://www.vibrisselibri.net) e di “Lulu” (http://www.lulu.com).

2) L’ovvietà dell’importanza dell’uso della carta ecologica per il rispetto dell’ambiente mi spinge a non spendere troppe parole su questo punto. Noto solo che, in passato, anche questa soluzione era osteggiata dalle case editrici, mentre oggi comincia a diffondersi, grazie proprio allo sforzo dei primi che ne hanno imposto l’uso agli editori come condizione per pubblicare i propri romanzi.

3) La scrittura a più mani non rappresenta una novità, basti pensare alla recente riscoperta da parte di Giulio Mozzi de Lo zar non è morto http://www.sironieditore.it/libri/libri.php?ID_collana=qam&ID_libro=978-88-518-0054-3

Appare però certo che la scrittura collettiva in questi ultimi anni si stia diffondendo, si pensi ad esempio all’esperienza dei già nominati Wu Ming, della Babette Factory e di Paolo Agaraff, autore multiplo intervistato qui da Pagina Tre: https://paginatre.it/?p=127

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Nell’introduzione a questa intervista, si è parlato di copyleft e de iQuindici, i “lettori residenti” dei Wu Ming…

Il copyleft (o, meglio, “licenza Creative Commons”) è un principio a cui noi Kai Zen, così come i Wu Ming e iQuindici da te citati, teniamo molto. Il concetto affermato dal CC è fatto di molte cose insieme, c’è innanzitutto la convinzione forte che le idee siano e debbano essere trattate come un bene della collettività e non del singolo, ma chi ci vede dentro un’affermazione meramente politica e, specificamente, “di sinistra” non fa altro che guardare il proverbiale dito che indica la Luna.
Nessuno dice che non ci si debba o possa guadagnare dalle idee, e nemmeno che sia sbagliato commercializzarle. Il CC è qualcosa di più evoluto perché, ferma restando la sacrosanta possibilità di guadagnarci, vuol preservare il principio dell’accessibilità dell’opera a chiunque in forma gratuita purché a scopo non commerciale. In sostanza: puoi leggere il mio romanzo senza per forza doverlo comprare (fotocopiandolo, scaricandolo da Internet), ma non puoi guadagnarci tu (se non in termini di guadagno intellettuale, ovvio). Questo arricchisce la comunità e, pure se non molti ancora lo capiscono, arricchisce anche lo scrittore perché gli fornisce maggiore visibilità, perche, se l’opera piace, gli porterà conseguentemente anche un vantaggio commerciale. Si tratta anche di una forma di onestà intellettuale verso il lettore. Il libro costa 16 euro e qualcosa. Prima di acquistarlo a scatola chiusa puoi leggerlo e “spiluccarlo” sul monitor del tuo computer o stampandone delle pagine e quindi decidere che vale o meno la pena.
C’è anche chi non può permettersi la cifra in questione, senza contare che la Rete arriva anche laddove non ci sono librerie o ci sono librerie poco fornite.
In pratica, a noi non piace l’accanimento del copyright classico che, guarda caso, è a solo vantaggio dell’editore, più che dell’autore.

Deve essere stato impegnativo documentarsi per scrivere questo romanzo, sia dal punto di vista storico sia da quello delle ambientazioni: vi si parla della Cina degli anni Venti, dell’antico Egitto, della Germania nazista, del Sudamerica… Del resto, nel libro avete ritenuto opportuno inserire un utile glossario e un’interessante bibliografia minima…

È stato senza dubbio un bel cimento, e molto istruttivo per noi. La fase della documentazione, oltre che preziosa per evitare di scrivere sciocchezze è stata decisiva anche ai fini della narrazione vera e propria. Approfondendo un tema, un’epoca, infatti, ci siamo spesso imbattuti in storie riportate da cronache e testimonianze del tempo, che sono poi finite, a volte trasfigurate a volte in modo più fedele, nel libro. Quindi, oltre che dal punto di vista della precisione storica, la documentazione è stata utile pure per la narrazione vera e propria. Ci sono stati casi in cui la ricerca storica ci ha fornito la soluzione narrativa che stavamo cercando disperatamente… serendipità! Di certo un’esperienza che ogni scrittore, anche il più «ombelicale», dovrebbe provare almeno una volta in carriera.

So che siete estimatori di Valerio Evangelisti e che avete partecipato alla stesura di La potenza di Eymerich. Le vicende narrate nel vostro romanzo si dipanano attraverso “salti temporali” verso un finale che, in un certo senso, “tira le fila”; è una tecnica adottata, ad esempio, nel ciclo di Eymerich…

L’esperienza fatta col “romanzo totale 2004” La Potenza di Eymerich è stata un’onore, perché ci ha permesso di partecipare attivamente alla narrazione di uno degli scrittori più innovativi degli ultimi anni attraverso il suo personaggio più noto e amato. Ma oltre all’onore, anche in questo caso, è stata un’occasione in più per imparare, per noi e per tutti i partecipanti al progetto, attraverso l’utilizzo delle tecniche narrative proprie delle storie
ciclo di Eymerich, che, come ricordavi, si giocano spesso su piani temporali sfalsati eppure dipendenti gli uni dagli altri. Riteniamo che scrivere sia per una grossa parte un’opera di fine artigianato, e un buon artigiano deve conoscere e saper usare tutti gli attrezzi del suo mestiere. Quella è stata indubbiamente un’esperienza preziosa al riguardo.

Leggendo La strategia dell’Ariete si percepisce che uno dei vostri intenti è quello eminentemente narrativo, come teorizzato, tra gli altri, proprio dai Wu Ming i quali, recentemente, vi hanno definiti i loro “cugini minori”….

Sì, l’intento è senz’altro condiviso. Del resto, cosa ci può essere di più bello che raccontare storie e ascoltarle? Tra le due entità, il collettivo Wu Ming, e l’ensemble Kai Zen, crediamo ci sia però un approccio molto diverso alla narrazione, sia per quanto riguarda le tematiche, sia per quanto riguarda il retroterra letterario che ha fatto da humus alla Strategia dell’Ariete
Ciò non toglie che sui comodini di ognuno di noi siano passati i libri di Wu Ming…
Un altro scrittore collettivo, l’amico Paolo Agaraff, in un’intervista a “Pagina tre” ci ha dato una sua visione della scrittura a più mani. Sarebbe interessante confrontarla con la vostra visione, conoscere le vostre procedure…

  1. farsi un sacco di risate. Punto fondamentale.
  2. organizzare insieme un plot preciso ma allo stesso tempo elastico per non limitare a priori la fantasia.
  3. suddividersi i blocchi di storia da scrivere e poi documentarsi al riguardo.
  4. scrivere e poi massacrarsi a vicenda a colpi di editing, correzioni, riflessioni incrociate e molteplici riscritture scambiandosi tutto in tempo reale con centinaia di mail.
  5. eliminare dal proprio dizionario la parola orgoglio…

Qualcuno ha già notato, ora non ricordo chi, che i ringraziamenti, i credits, dei romanzi contemporanei sono sempre più fitti di nomi: nonostante siate in quattro, non vi siete sottratti a quella che ormai appare una, secondo me bella, consuetudine diffusa…

E ci siamo pure limitati! Per ringraziare davvero tutti ci sarebbero volute dieci pagine a interlinea zero. Quel che c’è è proprio il minimo doveroso.
La scrittura è sempre collettiva anche nel caso degli scrittori solisti… c’è sempre un editor, un lettore, un direttore di collana, un amico, una moglie, un marito, un traduttore ecc ecc che contribuisce alla creazione in qualche modo…
Noi abbiamo solo pagato il pegno a chi ci ha aiutato, criticato e consigliato.

Avete realizzato un sito Web collegato al romanzo…

Si tratta di un sito partecipativo e rizomatico (non sappiamo bene cosa significhi ma ci
piace la parola). All’interno c’è tutto il mondo del libro e anche di più, parti tagliate, mappe, immagini satellitari, racconti collaterali e un progetto di scrittura aperta alle collaborazioni dei naviganti che abbiano voglia di partecipare partendo da alcuni capitoli del romanzo – veri e propri racconti autonomi – intitolati I Sentieri di Seth, e presto sarà scaricabile anche l’intero romanzo.

Progetti…

Un bel viaggio in Argentina. Prima o poi. A buon intenditor…

LINK E APPROFONDIMENTI

Per acquistare libri dei Kai Zen presso la libreria online «Webster», partner di «Liber Liber»: