Il vecchio Osvaldo.

di
Caterina Percoto

tempo di lettura: 4 minuti


All’albergo capitò questa mattina una superba carrozza da viaggio tirata da due cavalli stornelli. Ne smontò un ricco signore che abita la città di T***, e aveva seco la nuora, bellissima donna, e due leggiadri bamboletti figli di lei. Andavano a passar qualche giorno in un loro villaggio situato tra queste montagne. Il suocero mi salutò, mi presentò alla Signora, che tra superba e graziosa mi fece un freddo complimento. Era vestita da viaggio, nondimeno elegante. Quegli occhi così neri e quella fisonomia altera e capricciosa mi fecero risovvenire d’averla veduta ancora. Ella, che vestita di finissimo veluto, adorna di trine, scintillante di preziosi monili io vidi altra volta salutata regina della soirée, veniva ora a passare alcuni giorni in Carnia, tra questi dirupi? Veniva nella patria del suocero…. Presi l’ombrellino, e sola m’avviai alle acque salutari. Un vecchio montagnolo pascolava una meschina vaccherella a’ piedi della montagna di San Pietro. Nel venerando suo volto mi parve vedere alcuni lineamenti a me non ignoti. Se altro fosse stato il suo arnese, l’avrei creduto padre del ricco mercatante che pochi momenti prima mi aveva salutata, tanta si era la rassomiglianza. Sorrisi, e sedetti sulle pietre della fontana che in quell’ora era affatto solitaria. Di lì a pochi minuti il vecchio venne anch’egli, s’assise a me dappresso e narrava dei tempi passati. Erano settantacinque anni, ch’ei giovanetto di dodici aveva, diceva egli, per la prima volta guidato un medico a quella scaturigine. Venuto a caso nel paese, cenava con due suoi amici, all’aria aperta, sulle sponde pittoresche della But: sentì l’odore dello zolfo, chiese da che proveniva e scoprì le famose sorgenti. Ma allora, continuava il vecchio, esse erano migliori, l’odore che spandevano si sentiva perfino a Tolmezzo; un bel prato le circondava di verzura, v’erano delle acacie piantate all’intorno, egli stesso aveva dipoi veduto trecento forestieri incoronare il bacino. A quei giorni fortunati, soggiugneva sospirando, era ben altro il paese! I monti più verdi, le notti della Carnia più limpide, una luna più lucente del sole che ora ci splende le illuminava, e stelle più scintillanti ricamavano i cieli. Egli allora era garzone e cantava armonie cento volte più belle che non si sanno oggigiorno.

Povero vecchio! e il suo occhio commosso piagneva una lagrima. Gli anni avevano offuscato il suo sguardo, irrigidite le sue membra, quietato il palpito del suo cuore, ed ei così tramutato deplorava i tempi cangiati! Stette ivi un pezzo con me, bevette nella mia tazza l’onda medicinale ch’io stessa attinsi per lui, mi promise le carniele ch’egli aveva cantato nell’amore della sua prima gioventù. Amava con passione il suo paese dal quale non era mai uscito, quindi la sua anima era ancora vergine e piena di poesia come la superba natura che ci stava d’intorno. Finchè gli anni giovanili gli durarono, egli aveva lavorato nella Sega che ci stava difaccia sulla riva opposta del torrente, e ch’egli m’additava con una specie d’affetto. Adesso viveva in una piccola casuccia ad Avosaco co’ suoi risparmi, e col latte dell’armenta che pascolava. Mi narrò le tradizioni del paese, le costumanze, le feste. M’apriva l’animo come se stata fossi sua figlia. Chiesi il suo nome, e seppi ch’era fratello del negoziante, e zio della gentile signorina da me veduti poche ore innanzi. Coloro che passando sull’alto della via che va a Paluzza m’avran scòrta sedermi così a lungo presso quel vecchio cencioso, non avrebbero forse immaginato ch’io preferissi la sua semplice conversazione a quella de’ suoi educati parenti.

Fine.


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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Il vecchio Osvaldo
AUTORE: Caterina Percoto

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Racconti / di Caterina Percoto - Firenze : F. Le Monnier, 1858 - 553 p. ; 19 cm.

SOGGETTO: FIC029000 FICTION / Brevi Racconti (autori singoli)