Se i giovani d’oggi hanno delle pecche, dei difetti che quelli di altre generazioni non avevano, ebbene queste tare sono la diretta conseguenza del mondo che abbiamo lasciato loro, indipendentemente dal nostro orientamento politico. Ai giovani questa società non ha tarpato le ali, ma ha bruciato le ali sul nascere. Inutile chiamarli bamboccioni. Stupido affermare che non hanno voglia di lavorare quando alcuni datori di lavoro vorrebbero che lavorassero gratis! Ricordiamo anche che la generazione Z è stata definita generazione delle 250 euro per i loro contratti di lavoro da fame. I giovani non possono spiccare alcun volo, nemmeno quello goffo di un tacchino, che può almeno planare nell’aia. Almeno Icaro aveva le ali e quindi era libero di avvicinarsi al sole! Fuor di metafora, ai giovani non è concesso di sbagliare perché non viene neanche data loro l’opportunità di sbagliare. I giovani oggi non hanno ali, né sole! I giovani hanno ereditato troppi problemi e per giunta insormontabili. E noi boomer non siamo da meno! La tecnologia e una parvenza di benessere ci hanno rinchiusi tutti nella comfort zone, nelle nostre bolle di filtraggio e la televisione, i mass media, la moda, lo shopping, la diffusione del porno di massa ci hanno inebetiti e anestetizzati. La tecnologia, il materialismo, il consumismo, l’edonismo, la civiltà dell’immagine, i mass media, la superficialità, il qualunquismo, il conformismo ci hanno disgregato socialmente. Siamo tutti immersi nel grigiore delle nostre esistenze e andiamo avanti per inerzia con il solito tran tran verso l’abisso, presumibilmente. Un tempo le persone avevano crisi di coscienza o vivevano con una coscienza in crisi. Oggi pochissimi usano la loro coscienza. Nessuno si sente chiamato in causa. Già pensare è improponibile. Pensare è considerato inutile, dannoso. I liberi pensatori vengono derisi, osteggiati, considerati dei perditempo. Vengono considerati poveretti e da compatire. Ad alcuni di loro, che hanno un minimo di estro artistico, viene dato come contentino l’appellativo di poeta: la coscienza e il pensiero, questi sconosciuti. I problemi esistono, ma pochissimi se li pongono. Pochi vanno in piazza e andarci si rivela sempre più inutile. Non esiste più l’entusiasmo idealistico giovanile della rivolta di Berkeley, del maggio francese, del ‘68 italiano. Pochissimi conservano la speranza di poter cambiare le cose. A livello planetario ci sono l’emergenza climatica, la fame nel mondo, l’inquinamento, la sovrappopolazione, il debito del terzo mondo, le guerre, ma i potenti non fanno niente per migliorare la situazione. A livello nazionale ci sono il i morti sul lavoro, il dissesto idrogeologico, il carovita, i diritti civili, la questione femminile, la condizione disumana delle carceri, le mafie, una giustizia e una sanità a tratti inefficienti, la disoccupazione giovanile, la precarietà lavorativa, il grande debito pubblico, la corruzione, il divario economico tra Nord e Sud, la grande evasione fiscale e l’elevata pressione fiscale (esiste una stretta connessione, però il centrosinistra sostiene che la seconda sia la causa della prima e il centrodestra l’esatto contrario). Ma le cose purtroppo non cambiano e se cambiano, cambiano in peggio. La risoluzione dei problemi viene sempre rimandata, posticipata. Tanto ci penseranno i posteri! Ma il Climate clock continua il countdown inesorabile. Questi problemi spesso non vengono nemmeno presi in considerazione. Non parliamo poi di una loro possibile soluzione! Anzi abbiamo un effetto valanga: i problemi, giorno dopo giorno, crescono esponenzialmente per numero e per mole. Una speranza deve anche essere alimentata giorno dopo giorno. Ciò non avviene. La disaffezione alla politica e con essa l’astensionismo crescono anno dopo anno. Tutti noi diciamo: “tanto è tutto un magna magna “. Ma siamo sempre noi cittadini comuni a pensare: “Francia o Spagna, purché si magna”. Nel frattempo il cambiamento non arriva dal basso, né dall’alto. Non c’è nessuna spinta propulsiva top-down, né bottom-up. Molti in Italia avevano sperato che i grillini potessero cambiare le cose. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Del superbonus hanno beneficiato solo il 3,5% delle famiglie italiane e questa iniziativa è costata moltissima a tutti gli italiani. Il reddito di cittadinanza (idea giusta e sacrosanta) è stato dato anche ai mafiosi e i cosiddetti navigator spesso non sapevano che pesci prendere. Adesso con il green gli italiani non hanno soldi per mettersi in regola e probabilmente lo Stato non li aiuterà. Leggevo qualche giorno fa di un amico su Facebook che aveva fatto il conto di quanti gelati poteva comprarsi un operaio negli anni ‘80 con uno stipendio e quanti se ne può comprare oggi e sosteneva che la differenza del potere d’acquisto era tutta in quel tot di gelati in meno. Ogni sogno è stato abbattuto. Ogni tentativo è stato vano. Ogni illusione è stata disattesa. A ogni modo fare gruppo, dire “noi”, pensarsi collettivamente è quasi impossibile. Criticare il sistema è allo stesso tempo considerato un’utopia, un volo pindarico e sputare nel piatto in cui si mangia. L’importante è apparire belli/e grazie al chirurgo estetico, al botulino, all’acido ialuronico, a ore di palestre, all’estetista, ai filtri e ai fotoritocchi. L’importante è avere sempre più like, più follower, più fan. L’importante è diventare onlyfanser famose o youtubers seguitissimi oppure delle piccole star su Instagram. L’importante è far parte del programma Uomini e Donne, diventare personaggi pubblici e goderne i vantaggi, i privilegi. Il resto non conta. Un tempo contavano i contenuti. Oggi gli unici contenuti ritenuti apprezzabili sono quelli su Onlyfans: non è moralismo il mio, ma pura e semplice constatazione di fatto; non è moralismo perché oggi non c’è futuro probabilmente e i giovani fottono per l’appunto come se non ci fosse un domani. E poi probabilmente rifiutare totalmente il sistema e fare scelte di vita radicali, come cantava Battiato, sarebbe apprezzabile ma anche un sacrificio inutile all’atto pratico. Qualcuno potrebbe chiedere: ma tu chi sei per criticare questo stato di cose? Personalmente mi sono nascosto, rifugiato dal mondo. Me ne sto in un angolo del pianeta, in un punto morto del mondo, alla periferia della provincia, quasi in solitudine; frequento solo la mia famiglia e un carissimo amico d’infanzia. Leggo, medito, scrivo, cammino più di 20 km al giorno. Ho scelto la solitudine o mi è stato imposta? A onor del vero non so se è dipeso da me o no, non so se l’ho voluto io o se sono state le circostanze e gli altri; forse mi hanno emarginato, in parte mi sono autoghettizzato anche io. Ma io non posso essere preso assolutamente d’esempio. Anzi sono un esempio negativo. Dovrei far parte di qualcosa e invece non faccio parte di niente. Scrivo le mie cose sul web e non so chi le leggerà. Comunque la libertà è partecipazione, come cantava Gaber. E, in definitiva, oggi siamo sempre meno liberi!