Fior di gardenia.

di
Cordelia

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Tien-sin, una vecchia donna che abitava nel Celeste Impero, trovò innanzi alla sua capanna di bambù, appoggiata ad una gran foglia di musa, una bimba appena nata, piccina e bianca come la neve. Pensò che forse era Confucio che gliela mandava, affinché l‘aiutasse nei lavori, e la consolasse nella vecchiaia. La raccolse, la portò nella capanna, la nutrì e, trovandola tanto bianca, la chiamò Fior di Gardenia.
La bimba cresceva carina e delicata come una pianta di serra, ma appena incominciò a conoscere il mondo trovò ingiusto di dover lavorare tutto il giorno, per vivere meschinamente, mentre tanta gente godeva la vita e si divertiva senza fatica. Quando vedeva passare le signore, portate in ricchi palanchini, vestite di seta, coperte di perle o di gioielli, si sentiva morire dalla rabbia, e diceva che quella vita gretta e meschina non voleva continuarla a costo di fare uno sproposito. Non nascondeva il suo malcontento, nemmeno alla vecchia Tien-sin, la quale le diceva che a questo mondo chi nasce grande e chi piccino, e il miglior modo per esser felici è di contentarsi della propria sorte.
Fior di Gardenia non ascoltava quelle saggie parole e non sapeva rassegnarsi; non conoscendo i propri genitori, credeva d‘esser figlia d‘un alto personaggio, oppure un essere soprannaturale, caduto sulla foglia di musa, su cui era stata trovata.
— Senti come cantano gli uccelli, – le diceva Tien-sin, – senti come l‘aria è pura e profumata; guarda come sono belli i fiori variopinti che sbocciano nel giardino, le farfalle che volano nell‘aria; che cosa possiamo desiderare di più? Perché dobbiamo invidiare l‘Imperatore, se a noi pare è dato godere di tante belle cose?…
Ma Fior di Gardenia non le dava retta, avrebbe preferito che quei fiori fossero ricamati sulle vesti di seta dei suoi sogni; avrebbe voluto aver le ali di quegli uccelli per volare lontano lontano; le pareva d‘essere un prigioniero condannato alla catena, e passava lunghe ore fissando collo sguardo il cielo infinito.
— Che aspetti? – le dicevano le amiche quando la vedevano assorta mirando il cielo.
— Aspetto la fortuna che deve venire!
— Ah, cara mia, la fortuna bisogna andarla a cercare! – rispondevano, ma Fior di Gardenia aspettava piena di speranza.
Una mattina vide davanti alla finestra della sua camera un albero tutto carico di pietre preziose; era una meraviglia. Sul verde cupo delle foglie spiccavano mucchi di diamanti, rubini e smeraldi che scintillavano ai raggi del sole, mandando riflessi abbaglianti.
Fior di Gardenia si mise a far salti di gioia e a gridare:
— È arrivata, è arrivata la fortuna; presto, che non scappi, – e andò in fretta a cercare un sacco per riporvi tutte quelle gemme.
— Che fai? – le chiese Tien-sin, – sei pazza? Perchè tutto questo scompiglio?
— Oh se tu vedessi che bellezza! – L‘albero innanzi alla nostra casa è tutto pieno di pietre preziose; ce n‘è per tutti; andiamo, prima che ce le rubino!
La vecchia la seguì spinta dalla curiosità, ma giunte all‘albero rimasero deluse. Tutte le pietre preziose che Fior di Gardenia aveva veduto scintillare sull‘albero, non erano che goccioline di rugiada, che ai primi raggi del sole avevano preso l‘imagine di splendide gemme, e si andavano dileguando a poco a poco.
Fior di Gardenia si diede a piangere tutta confusa.
— Vedi, – disse la vecchia, – ecco l‘imagine delle cose che brillano: si dileguano come un sogno! Accontentati della tua sorte, e non seguire vani fantasmi!
Fior di Gardenia rimase tanto mortificata, che per parecchi giorni non ristette dal piangere e sospirare. Finalmente decise di andar a cercare la fortuna, giacchè questa non veniva a lei.
Un giorno, di nascosto della vecchia, si mise in cammino per la città. Aveva i piedini piccini; non era abituata a camminare, e si sentì presto stanca, così da non poter tirare più innanzi; quando scorse in distanza molta gente e una gran confusione davanti ad un chiosco. Si avvicinò adagio adagio a quel gruppo di persone, nascondendosi tra i cespugli di piante, finchè poté vedere di che cosa si trattasse.
Erano molti uomini che collocavano sopra carri vasi giganteschi di porcellana finissima,dipinti a smaglianti colori e rabeschi d‘oro; una vera meraviglia. Udì, dal suo nascondiglio, che quei vasi dovevano figurare a Pekino ad un‘esposizione.
Per un momento il carro dei vasi rimase abbandonato sulla via.
Fior gli Gardenia uscì per vederli da vicino e disse: – Quanto siete fortunati voi che andate a girare il mondo! Il vostro destino vi condurrà certo in mezzo agli splendori di qualche sontuoso palazzo.
Mentre parlava le venne un’idea, e pensò: – Perché non potrei seguire la loro sorte?
Detto fatto, s‘arrampicò sul vaso più bello, vi si mise dentro comodamente perchè il vaso era grande, ed essa era piccina, piccina come una bambola, e stette là tranquilla, aspettando il suo destino.
Ad un tratto sentì una scossa, s‘accorse che erano ritornati gli uomini, e trascinano il carro coi vasi. Per qualche tempo vide, sopra il vaso un pezzo di cielo azzurro; poi venne la notte e non vide più nulla. Era fresco e buio, ma non aveva timore perché era nata per le avventure, e peggio d‘essere condannata a lavorare tutta la vita in una capanna di bambù, senza speranza di migliorare la sua sorte, non le poteva accadere.
Cammina, cammina, cammina, il carro non si fermava mai. Qualche volta Fior di Gardenia s‘addormentava, poi una scossa del carro la risvegliava di soprassalto. Quel viaggio, in quella posizione, le pareva interminabile. Ad un certo punto s‘alzò in punta di piedi, cacciò la testa fuori dal vaso, e ai primi raggi del sole nascente, vide in lontananza mille cupole di porcellana tutte risplendenti in quella luce crepuscolare. Doveva essere la città, e si consolò al pensiero che presto sarebbe arrivata al suo destino.
Cammina, cammina, cammina, il carro non si fermava, gli uomini che lo trascinavano erano stanchi e andavano più lentamente; Fior di Gardenia cominciava ad annoiarsi.
Finalmente il carro si fermò; i vasi furono scaricati con grande delicatezza; essa sentì gli uomini disputare per il prezzo della loro fatica, e potè fare anche un sonnellino.
Ad un tratto fu destata da rumori di passi, e da un incessante chiacchierio; erano i passanti che ammiravano i vasi, e parlavano delle notizie della città. Nascosta nell‘immenso vaso cinese scoperse molti segreti. Udì lagnarsi dell‘imperatore e che si ordiva una congiura per ucciderlo nel giorno della festa dei ventagli. Poi seppe che il principe ereditario era ammalato, perché volevano fargli sposare una fanciulla che gli era antipatica, la principessa Gnau-zi, principessa così crudele che aveva ucciso, un giorno, una delle sue ancelle per una lieve mancanza. Pochi di quelli che passavano erano contenti. Si lagnavano che i ricchi, invece d‘aiutare i poveri, spendessero i loro denari in vasi che non servono a nulla; altri trovavano che il tempo era troppo lungo, altri ancora si lamentavano della salute e così via, nessuno era contento.
Fior di Gardenia, ascoltava, ascoltava, cominciando però ad essere stanca di starsene in quella prigione di porcellana. Nella notte uscì adagio adagio per i boschi e giardini e fece una provvista di frutta per non morire di fame. Poi tornò tranquillamente nel suo vaso.
Il giorno dopo fu quasi la stessa storia. Una quantità di persone si fermavano innanzi al vaso, ne chiedevano il prezzo, lo trovavano troppo caro, poi, o si contentavano di un altro più modesto, o andavano avanti.
Il terzo giorno udì un gran movimento, un suon di passi, delle voci, una gran confusione. Erano persone addette alla corte che venivano a fare acquisti. Appena videro il vaso dove si trovava Fior di Gardenia, il più bello di tutti, lo comperarono subito, lo fecero porre sopra un carro e trasportare al palazzo dell‘imperatore.
Mentre il vaso era in cammino, il cuore di Fior di Gardenia batteva forte forte, perchè aveva udito che l‘imperatore aveva comperato il vaso per regalarlo al proprio figliolo, nella speranza che ciò gli procurasse tanto piacere da farlo guarire della malattia che lo tormentava.
Finalmente il sogno di Fior di Gardenia era appagato, le sarebbe possibile veder da vicino gli splendori del palazzo imperiale e forse forse…. una volta entrata dentro a quelle porte, la sua sorte si muterebbe.
La strada non fu lunga; dalla differenza di luce, e non vedendo più il lembo di cielo comprese d’essere entrata nel palazzo imperiale. Sentì aprirsi e richiudersi molti usci, poi il vaso venir posato a terra e una voce lenta che diceva:
— Sua Maestà si compiace di mandarvi in dono questo splendido vaso, nella speranza che Vostra Altezza lo accolga con soddisfazione.
— Va bene, ringraziate mio padre e ponetelo in quell‘angolo, – rispose una voce fioca fioca.
— Ma Vostra, Altezza non si degna di ammirarlo?
— Più tardi, – rispose il principe, – andate, andate!
Appena quei personaggi furono usciti, Fior di Gardenia ebbe la curiosità di vedere la stanza in cui si trovava, e si arrampicò all‘orlo del vaso. Poteva farlo impunemente, perchè il principe stava sdraiato sopra morbidi cuscini cogli occhi chiusi, indifferente a quanto lo circondava.
Quella stanza. era splendida. Tutte le pareti erano ricamate a fiori ed uccelli che parevano vivi; tutt‘intorno una fascia con arabeschi strani, personaggi fantastici, e sparsi per la stanza, tavolini intarsiati d‘oro e di madreperla, cuscini ricamati, armi preziose, mensole sostenute da draghi d‘oro, tappeti soffici come il velluto, panneggiamenti di seta, e vasi contenenti piante esotiche e rare.
Accanto al letto del principe c‘erano tavolini carichi di cibi squisiti, e tazze finissime, dalle quali i vapori del thè mandavano per la stanza un soave profumo. A Fior di Gardenia, colla fame che aveva, veniva l‘acquolina in bocca, a quella vista, e li divorava cogli occhi; ma tutto ad un tratto dovette nascondersi,perchè l’uscio si aperse ed entrò I’imperatrice.
S‘avvicinò al figliuolo, l‘accarezzò, e con voce dolce, gli disse:
— Come, non hai mangiato? Vuoi proprio morire di frame? Prendi qualche cosa, ti prego di farlo per amor mio.
Il principe non le rispose, e si voltò dall‘altra parte. L‘imperatrice si fermò ad ammirare il vaso.
— Non sei contento di questo bel regalo? – gli disse.
— Lasciami, sono stanco, – rispose il principe.
— Mi prometti almeno di mangiare?
— Sì, lo farò, lasciami ora.
Uscita l‘imperatrice, il principe tentò d‘assaggiare qualche cibo; mise la bocca sopra una tazza di thè, ma inutilmente; aveva un nodo alla gola e non poteva mandar giù nulla.
Fior di Gardenia ritornò al suo posto d‘osservazione. Quando vide il principe addormentato, discese adagio adagio dal vaso, s‘avvicinò ai tavolini carichi di vivande, ingoiò in fretta una tazza di the, e ritornò al suo nascondiglio portando seco una quantità di cibi squisiti, come non ne aveva mai mangiati in tutta la sua vita.
Quando ritornò, l‘imperatrice rimase contentissima nel vedere che i cibi non c‘erano più, e corse a portare la buona novella all‘imperatore.
Il giorno dopo accadde la medesima cosa, e non potè trattenersi di dire al figliuolo:
— Bravo, ora sono contenta; vedo che mangi; così guarirai presto.
Il principe non ebbe forza di rispondere, ma fu sorpreso nel vedere che i suoi cibi scomparivano senza che egli ne sapesse nulla. Supponeva che ci fosse un topolino che se ne incaricasse; in ogni modo decise di stare attento, curioso di vedere dove andassero a finire.
Il giorno appresso finse di dormire e là immobile colle palpebre semichiuse vide scendere dal vaso, come una bella apparizione, Fior di Gardenia. La scorse avvicinarsi al tavolino e coi suoi dentini rosicchiare tutti i pasticcini destinati a lui. Sentì uno sguardo pietoso posarsi sulla sua persona, eppoi…. più nulla. La bella visione era scomparsa.
Preoccupato da quel mistero, non pensò più ai suoi dolori. Non disse nulla a nessuno, ma sentì per la prima volta un po’d‘appetito, e ordinò che si raddoppiasse la dose delle vivande.
La sera, all‘ora consueta Fior di Gardenia scese dal vaso e si avvicinò al tavolino; si teneva tanto sicura del fatto suo, che non osservava nemmeno più se il principe fosse addormentato. Ma quando si mosse per andarsene, si sentì afferrare per un braccio, e n‘ebbe tanto sgomento che le uscì dalla bocca un grido che risuonò in quella stanza silenziosa come una nota stonata.
— Zitto, – disse il principe, – ti ho colta, ed ora devi spiegarmi in qual modo sei penetrata in questa stanza.
Fior di Gardenia, pallida come un cadavere, gli si gettò ai piedi, dicendo: – Perdonami, venni qui portata nel vaso; se osai rubare i tuoi cibi,lo feci per non morire di fame.
— Ti perdono, – disse il principe, – ma dimmi chi sei.
Fior di Gardenia per farsi credere più di quello che era, gli narrò una storia fantastica; gli disse ch‘era figlia d‘un genio, e che questi le aveva dato l‘ispirazione di collocarsi in quell’immenso vaso per salvarlo; poi soggiunse:
— So che ti si vuol far sposare una fanciulla indegna di te, ma questo matrimonio non si farà.
— È vero? – disse il principe. – Tu mi dai la vita, e mi sembri davvero una messaggera del cielo!
Tosto il principe si senti rianimato dalle parole della fanciulla, provò un gran desiderio di rifocillarsi, e se la fece sedere accanto per mangiare assieme quei cibi squisiti.
Fior di Gardenia era contenta; colla fervida fantasia si vedeva già sposa del principe, e dopo esser stata a lungo silenziosa, chiacchierava incessantemente, mangiando e sorridendo al principe coi suoi occhietti vivaci. Egli voleva tener nascosta la sua avventura, perciò nell‘ora in cui l‘imperatrice veniva a fargli la solita visita, costrinse Fior di Gardenia a ritornare nel vaso.
Questa scena continuò per parecchi giorni; intanto il principe ricuperava a vista d’occhio la salute; l‘imperatore n‘era tutto contento, l‘imperatrice gongolava dalla gioia, ed erano impazienti che uscisse dalla sua camera per mostrarsi alla luce del sole.
— È troppo presto, – diceva il principe, – mi sento ancora troppo debole.
Ma la vera ragione si era che gli piaceva la compagnia di Fior di Gardenia, e voleva pensare ad un mezzo per mandare a monte il suo matrimonio colla principessa Gnau-sin.
Un giorno Fior di Gardenia gli raccontò d‘aver saputo come la principessa Gnau-sin era crudele, ed aveva ucciso un‘ancella per una cosa da nulla. Il principe disse che bisognava farlo sapere all‘imperatore. Pensarono a porre tosto in esecuzione tale progetto e a questo scopo scrissero una lettera segreta all‘imperatore, in cui si narrava della crudeltà della principessa Gnau-sin, e d‘una congiura contro la vita dell‘imperatore, firmandola poi “il Genio del Vaso”.
L‘imperatore sul principio non volle credere alle rivelazioni del Genio, ma incaricò dei messi fidati di scoprire la verità.
Questi messi, vestiti da popolani, si confusero tra la folla e riuscirono nel loro intento. Tutto ciò che aveva rivelato il Genio del Vaso era esatto: perciò l‘imperatore fece destituire i ministri che non sapevano nulla di quanto accadeva nell‘Impero; fece imprigionare la principessa Gnau-sin, ed ordinò al principe di scegliere, tra le più distinte fanciulle dell‘Impero, una sposa degna di lui. Il principe disse che, purchè non si trattasse di Gnau-sin che gli metteva ribrezzo, egli si sottometteva ai voleri dell‘imperatore; però desiderava che la sposa fosse d‘animo gentile per poter fare la felicità dei suoi popoli.
— Ebbene, – disse l‘imperatore, – terremo in osservazione alcune fanciulle belle e distinte, e quella che in un anno, un mese e un giorno, darà la maggior prova di sapienza e di bontà, sarà la preferita.
Il principe chiese come una grazia, che fosse ammessa a concorrere colle altre giovinette una fanciulla che gli aveva reso molti servigi e si chiamava Fior di Gardenia; grazia che gli venne facilmente accordata.
Era vissuto per tanti giorni nella medesima camera con Fior di Gardenia, che sentiva per lei dell‘amicizia e della simpatia; ma c‘era qualche cosa di misterioso nella nascita di lei, che non gli andava a genio.
Poi sapeva che un principe, prima di tutto, deve pensare al bene del popolo, e voleva che riguardo al suo matrimonio decidesse la sorte.
Annunciò a Fior di Gardenia che la sua prigionia era finita, le fece portare dei bellissimi vestiti, e assieme ad una numerosa schiera di ragazze la fece entrare in uno splendido chiosco fatto a pagoda, col tetto di porcellana, dai riflessi opalini, contornato da centinaia di campanellini d‘oro che tintinnavano ad ogni soffio di vento.
Dalle finestre del palazzo imperiale si vedeva tutto ciò che accadeva nel chiosco, ove dovevano dimorare le fanciulle scelte dal principe. La loro esistenza era delle più liete; cibi eccellenti venivano serviti alla loro mensa; invitate a tutte le feste, passavano allegramente le giornate; incaricate soltanto delle opere di beneficenza dell‘Impero, dovevano ricevere le suppliche, ed essere interpreti presso I’imperatore dei bisogni dei sudditi.
— Il cuore delle persone si conosce alla prova, – diceva I’imperatore al principe, – vedremo quale fanciulla compirà meglio la sua missione.
Fior di Gardenia sperava! Tutte le volte che il principe entrava nel chiosco a visitarla, sorrideva a lei dolcemente, pensando alle ore della convalescenza passate assieme. Un giorno gli chiese di regalarle il vaso che le aveva portato fortuna, ed egli appagò subito tale desiderio. Ciò le parve di buon augurio.
Le sembrava d‘esser sempre stata ricca. Si dava delle arie di principessa, come, se fosse cresciuta in mezzo all‘oro; adoperava con disinvoltura gli abiti di seta ricamati a fiorami e ad arabeschi; trattava i poveri con disprezzo, dicendo che erano degni della loro sorte! Colle compagne parlava poco, temeva che le uscisse qualche parola atta a rivelare la sua modesta vita d‘un tempo. Non lavorava mai; stava quasi sempre seduta o sdraiata sui tappeti, e non usciva che portata in un ricco palanchino.
Fra le sue compagne ce n‘erano di molto belle, e alcune assai più semplici di lei, di nascita illustre, che non avevano bisogno di mostrarlo con esteriorità. Portavano tutte nomi di fiori, e al vederle in distanza, formavano un vero giardino, incantevole, animato da quei fiori viventi. Fra le altre c‘era Fior di Violetta, la più semplice e la più servizievole di tutte; che si nascondeva in un angolo quando passava l‘imperatore o il principe, tanto che non si accorgevano neppure che esistesse.
Il giorno destinato al ricevimento dei poveri, quelle fanciulle venivano osservate da tutta la corte, senza che se ne accorgessero.
Fu appunto in uno di quei giorni, che si presentò all‘ingresso del giardino una povera donna pallida e smunta, la quale non potendo più reggersi in piedi cadde a terra svenuta.
Fior di Gardenia non si mosse; per una povera donna, mal vestita, pensava che non ne valesse la pena.
Delle altre fanciulle, qualcuna rimase ferma ed esitante, qualche altra, si mosse tranquillamente, ma quella che corse prima di tutte, fu Fior di Violetta.
Da sola sollevò la povera donna, la trascinò presso ad un sedile, le fece prendere qualche goccia d‘un liquore riconfortante, e si mostre così premurosa come si trattasse della propria madre.
Quando la povera donna si fu rimessa, disse ch‘era venuta in quel luogo per cercarvi una fanciulla. che aveva raccolto bambina, e che amava come una figlia.
— Venite avanti, buona donna, – disse Fior di Violetta. Se è fra noi la potrete facilmente riconoscere.
— Oh gioia, eccola! – disse la donna accennando a Fior di Gardenia..
Ma la fanciulla non si mosse, fingendo di non conoscerla e mostrandosi molto seccata di tale incidente.
— Come, non mi conosci? – le disse la povera donna, – Non ti ricordi ch‘io ti ho raccolta sopra una foglia di musa? E ti ho tenuta sempre con me? Se tu sapessi che angustie ho provato quando sei partita! Ti ho cercato da per tutto, ho sofferto tanto! Ma vedo che hai fatto fortuna, che stai bene, ed ora sono contenta!
Quando l‘imperatore ed il principe videro, dal loro posto d‘osservazione, la donna cadere a terra, scesero tosto in giardino per sapere di che cosa si trattasse, ed assistettero da vicino a tutta la scena. Fior di Gardenia si sentiva morir dalla rabbia, e diceva:
— Quella donna vaneggia, è ingannata da una strana rassomiglianza, io non la conosco!
— Sei molto ingrata, – le disse la vecchia, – ma ti perdono. Vedo che sei contenta e mi basta; io me n‘andrò tanto lontano, che tu non sentirai più parlare di me!
— Adagio, – disse l‘imperatore, – le cose non devono finire a questo modo. Sono deciso ormai sulla fanciulla che destino a mio figlio. Avevo già delle preferenze, e quest‘oggi ho fissata la mia scelta. Fior di Violetta, che prima di tutte è corsa a soccorrere la povera donna, sarà principessa!
Fior di Gardenia, pallida per la rabbia, non poté trattenersi dal dire:
— So bene che è corsa in fretta, essa non ha i piedi piccini come noi, non è di nobile stirpe.
L‘imperatore ordinò che fossero esaminati i piedi di tutte le fanciulle, e si trovò che i più piccini erano appunto quelli di Fior di Violetta.
L‘imperatore si rivolse alla vecchia e le disse:
— Siete proprio sicura che Fior di Gardenia sia la fanciulla che cercate? Non potrebbe avere qualche rassomiglianza colla vostra figliuola?
— La mia figliuola, – rispose la vecchia, – deve avere un neo sulla spalla sinistra.
Per ordine dell‘imperatore furono scoperte le spalle di Fior di Gardenia. Il neo si trovava precisamente sulla spalla sinistra; non c‘era più dubbio sull‘identità della fanciulla.
L‘imperatore disse che la principessa, essendo stata già scelta, le altre fanciulle erano libere di tornarsene alle loro case, e la vecchia poteva riprender seco Fior di Gardenia. Ma questa aveva le lagrime agli occhi, tanto che il principe ne fu commosso ed ordinò che in memoria dei servigi che gli aveva reso, le venisse regalato un sacco di monete d‘oro.
Fior di Violetta era tutta confusa per la fortuna toccatale, e chinava la sua bella testina, mentre in un ricco palanchino veniva trasportata al palazzo imperiale, dove le si preparavano splendide feste.
Fior di Gardenia ritornò colla vecchia all‘antica dimora, che, grazie alla generosità del principe, potè rendere più bella e più comoda. Ma dopo gli splendori della corte, e i suoi sogni sfumati, non aveva più pace; passava molte ore del giorno appoggiata al vaso che aveva portato con sé, e le rammentava i giorni più belli. Quando vedeva l‘albero carico di goccie di rugiada, che parevano gemme ai raggi del sole, diceva:
— Tutto è sogno nella vita, le cose più belle e scintillanti finiscono in fumo, come le ricchezze ed i regni.

Fine.


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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Fior di gardenia
AUTORE: Cordelia

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Nel regno delle chimere : novelle fantastiche / di Cordelia - Milano: Fratelli Treves edit, 1898 - 283 p. ; 19 cm.

SOGGETTO:
FIC004000 FICTION / Classici
FIC029000 FICTION / Brevi Racconti (autori singoli)