La poesia italiana è in crisi da qualche decennio. Alfonso Berardinelli aveva già scritto negli anni’70 che il pubblico della poesia non esisteva più o meglio era costituito da aspiranti poeti e poeti, perciò era autoreferenziale. Montale nel suo discorso per il Nobel aveva avanzato l’ipotesi che la poesia potesse morire nella società di massa. Attualmente le cose sono peggiorate rispetto ai tempi di Montale, dato che l’esistenza della poesia, sempre più genere di nicchia, è minacciata da una società non più solo di massa, ma anche sempre più tecnologica e dell’immagine. C’è chi sostiene che la poesia non venda, che vengano pubblicati troppi libri di poesia, che i poeti siano troppi, che nemmeno i poeti leggano alla fine i libri degli altri poeti italiani coevi. Comunque sia, oggi meno che mai il mestiere di poeta esiste. Qualcuno dice che il segno inequivocabile della crisi della poesia italiana contemporanea sia il fatto che non esistano più i grandi poeti d’un tempo. Ma a questa obiezione/constatazione si potrebbe controbattere dicendo che oggi la maggioranza della popolazione, se interrogata a riguardo, non sa dire i nomi di cinque poeti italiani viventi. I poeti italiani viventi sono scarsi o gli italiani non leggono poesia italiana contemporanea? C’è un nesso logico, un rapporto di causa ed effetto tra le due cose? E qual è la causa e qual è l’effetto? Eppure nonostante l’insufficiente considerazione e la scarsissima attenzione dei mass media nei confronti della poesia italiana contemporanea, esiste un grande fermento nel web. Che sia segno di una ripresa? Oppure la comunità poetica se le canta e se le suona da sola?

Era più difficile un tempo diventare poeti o è più difficile oggi? Nonostante qualcuno storca il naso perché a suo avviso questa domanda non ha senso oppure la ritiene mal posta oppure pensa che non si possano fare questi raffronti, cercherò di dare una risposta. Un tempo le case editrici erano poche, era più difficile pubblicare un libro, anche presso una piccola casa editrice: era richiesta maggiore qualità rispetto a oggi e solo da trent’anni a questa parte esiste il fenomeno dell’editoria a pagamento.

Ora perfino le grandi case editrici in alcuni casi non guardano alla qualità, soprattutto quando giunge loro una raccolta di un influencer o di un vip. Oggi basta sborsare dei soldi per vedere pubblicare un libro di poesia: uno invia la sua silloge a cinquanta piccole case editrici e qualche offerta editoriale con richiesta di contributo la trova. Oggi è più facile avere un minimo di visibilità su Internet; un aspirante poeta gratuitamente o con una cifra irrisoria può aprirsi un blog personale o un sito personale, può pubblicare le sue creazioni su riviste online o su lit-blog. Però è difficile emergere veramente in questo mare magnum del web, nel quale ogni giorno spuntano e si moltiplicano in modo esponenziale siti letterari, di cui non tutti sanno valutare il prestigio e l’autorevolezza. Per chi non si intende minimamente di poesia è impossibile distinguere un vero poeta da un aspirante o da un sedicente tale, perché ci sono tantissimi premi letterari, ci sono tantissimi siti letterari e tantissimi autori sembrano vantare curriculum di tutto rispetto. Inoltre oggi tantissimi italiani scrivono, mentre qualche decennio fa solo una sparuta minoranza scriveva. Un tempo c’era molta meno concorrenza. Si pensi che negli anni’70 la concorrenza era poca cosa per i giovani poeti: molti giovani si persero nella lotta armata o nell’eroina, mentre la poesia veniva considerata molto negativamente come rifugio nel privato, perché l’impegno politico era un obbligo morale e sociale. Oggi moltissimi laureati in materie umanistiche, molti dottori di ricerca, molti ricercatori, assistenti e professori delle facoltà di lettere scrivono poesie. Il livello d’istruzione degli italiani è molto più elevato oggi rispetto a un tempo. Un tempo però esisteva la critica letteraria, che aveva una determinata funzione sociale, facendo stroncature o dando giudizi positivi. Oggi la critica letteraria è in crisi e ha molto meno peso di un tempo. Qualche decennio fa esistevano poeti venerati (Pasolini, Montale, Ungaretti, Luzi, Sanguineti, etc etc) e un aspirante poeta doveva passare dalle loro forche caudine. Qualche decennio fa però se uno era un poeta degno di nota a quarant’anni era già riconosciuto, mentre oggi non è detto che venga riconosciuto come tale o se accade, avviene in tarda età. È quindi più difficile oggi oppure era più difficile ieri diventare poeta? Ieri era più difficile diventare poeti con un minimo di consenso critico, oggi è più difficile affermarsi come poeta a livello nazionale. Ogni epoca presenta i suoi punti critici, le sue problematiche, le sue difficoltà. A ogni modo, al di là della difficoltà di diventare poeti in un’epoca, essere poeti (ripeto: essere poeti) è sempre stato, è e sarà sempre difficile in ogni epoca della modernità.