La giornata internazionale per gli standard informatici aperti, voluta dagli attivisti per la libertà del software impegnati a promuovere l’interoperabilità dei softwaare per evitare chiusure tecnologiche a danno di cittadini e consumatori.
Non riesci a compilare il modulo scaricato online per la tua domanda d’assunzione? Non riesci più a leggere la tesi di laurea scritta col vecchio Microsoft Word? La pagina che hai appena stampato è piena di caratteri incomprensibili? Beh, è ora di smetterla. Per questo il 28 marzo 2012 si celebra in tutto il mondo il Document Freedom Day, documentfreedom.org, la giornata internazionale per gli standard informatici aperti. Dopo aver aiutato industrie e governi a metabolizzare i software a codice sorgente aperto sia nella produzione che nell’erogazione di servizi, gli attivisti per la libertà del software sono oggi impegnati a promuovere l’interoperabilità dei programmi informatici per evitare chiusure tecnologiche a danno di cittadini e consumatori. E lo fanno a modo loro, con una festa che ha l’obiettivo di replicare il successo del Linux Day.
Secondo Wikipedia “Uno standard, informatico e nelle telecomunicazioni, è un insieme di norme, raccomandazioni o specifiche, puramente convenzionali, prestabilite da un’autorità e riconosciute tali con lo scopo di rappresentare una base di riferimento o paradigma codificato per la realizzazione di tecnologie fra loro compatibili e interoperabili, che siano componenti hardware, software o infrastrutture di rete”. Esempi? L’Html, il linguaggio di marcatura usato per le pagine web è uno standard libero definito dal World Wide Web Consortium, mentre il formato pdf è uno standard proprietario ma non si deve pagare per usarlo nella versione di base. Anche il formato .doc dei documenti creati con Microsoft Word è diventato uno standard di fatto per i documenti scritti, ma le versioni di Microsoft Office non sono tutte completamente compatibili fra di loro e solo con una operazione di reverse engineering è stato possibile creare e modificare documenti in questo formato anche con altri programmi, come OpenOffice.
Il Document Freedom Day, però festeggia gli “Standard Aperti” cioè quegli standard informatici che, oggetto di una completa valutazione pubblica del codice, si possono usare senza vincoli e non hanno componenti o estensioni che dipendono da formati o protocolli chiusi e proprietari. Parliamo di standard che siano soprattuto liberi da clausole legali o tecniche che ne limitino l’utilizzo sia da parte di enti o aziende sia come parte di qualsiasi modello commerciale. Questo aspetto “liberista”, dicono i sostenitori, è una delle caratteristiche più importanti degli standard aperti: “Uno standard è aperto quando è gestito e sviluppato da ogni singolo fornitore in maniera indipendente”, e quando ciò avviene “in un processo aperto alla partecipazione paritaria da parte dei concorrenti e di altri soggetti”.
L’obiettivo dell’adozione di uno standard aperto è poter scegliere qualsiasi sistema operativo o applicazione, ed essere sempre in grado di leggere e modificare vecchi documenti, collaborare con altri indipendentemente dal software che si usa e adottare qualsiasi programma di propria scelta per interagire con le istituzioni pubbliche. Un fatto questo particolarmente rilevante quando si tratta di partecipare a un concorso o a un bando di gara, pagare le tasse o le multe, inviare un curriculum.
Gli effetti meno visibili degli Standard Aperti sono che conducono a una maggiore concorrenza nel mercato del software e più efficaci soluzioni informatiche che evitano i costi di lock-in (cioè il rimanere legati a uno specifico software e a uno specifico rivenditore). Secondo Vinton Cerf, uno dei padri di Internet, “Gli standard aperti sono alla base di Internet e di molte applicazioni che sono emerse all’interno di questa piattaforma universale e in continua crescita. L’essenza degli standard aperti é l’interoperabilità. L’adozione di standardi aperti conduce all’interworking di prodotti competitivi. Quale che ne sia la misura, gli standard aperti riducono le barriere d’ingresso nei mercati esistenti e aumentano la scelta dei consumatori”.
Il tema è di tale importanza che la Free Software Foundation ha avviato un’inziativa del tutto peculiare per alzare il livello di consapevolezza sull’argomento. Il 21 marzo scorso ha diffuso una newsletter in cui si invitava a “denunciare” un politico, un amministratore delegato, un capufficio, un’amministrazione locale o un servizio pubblico che non abbiano ancora pienamente compreso l’importanza degli standard aperti. E hanno chiesto di inviare nome e indirizzo di questi ultimi per spedirgli via posta ordinaria un “pacchetto educativo”, cioè una breve lettera di spiegazioni e un paio di manette giocattolo come metafora degli effetti di lock-in degli standard proprietari. Secondo il professore Angelo Raffaele Meo del Politecnico di Torino infatti, “andrebbero denunciate in tribunale tutte le amministrazioni pubbliche che non usano almeno uno standard aperto, che è quello che dice una legge dello stato: il Codice dell’amministrazione digitale”, ovvero la legge 82 del 2005 e successive modifiche.
Sono oltre trenta gli eventi previsti per un’iniziativa organizzata da Free Software Foundation Europe, Foundation for a Free Information Infrastructure, The Document Foundation e altri, e che è sponsorizzata da Google e Oracle. Incontri e dibattitti sui documenti liberi sono previsti in Russia, Slovacchia, Germania, Italia, ma anche Taiwan, Malesia, Venezuela. A Roma, un incontro per discuterne è stato organizzato dalla cooperativa Cies e da Binario Etico, binarioetico.org, da tempo impegnati su questo terreno.
Tratto da: Repubblica.it, 28 marzo 2012
di Arturo Di Corinto.