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(voce di SopraPensiero)Francesca Barra, Tutta la vita in un giorno. Viaggio fra la gente che sopravvive mentre nessuno se ne accorge, collana «Controtempo», Rizzoli, Milano, 2014, pp. 208, € 17,00, ISBN: 9788817067362
Diciamoci la verità: i clochard ci mettono a disagio. Non li conosciamo, non sappiamo valutarne le reazioni; ci fanno un po’ paura. Il più delle volte tiriamo diritto, come se non ci fossero. E così diventano ‘invisibili’, pur di per sé visibilissimi.
Tanti in strada ci sono finiti in questi anni di crisi. Li chiamano ‘i nuovi poveri’. E le loro storie fanno ancora più paura, perché ci sfiorano, perché probabilmente ognuno di noi ne conosce almeno una.
Francesca Barra, lucana, giornalista televisiva e radiofonica (sua la trasmissione «La bellezza contro le mafie»), ha vissuto con loro, come loro, per un mese. «Non avevo nulla con me, – ha scritto su «Sette» alla vigilia della pubblicazione del libro (era il 28 marzo scorso) – quando ho deciso di vivere in strada, con i nuovi poveri a Milano, spogliandomi della donna che fino a quel momento ero stata, dei soldi, dei libri, della tecnologia, rinunciando a vedere la mia famiglia, mio figlio, i miei amici. Volevo provare più da vicino cosa si vive quando si perde tutto, cosa si prova la prima volta che si entra in una mensa, si dorme su una panchina, si impara a ripararsi con i cartoni, si battono i denti dal freddo pensando di morire [ […]]». Per un mese, appunto. Con coraggio… A fornirlo, la passione per la verità.
E ora ci restituisce con lucidità quelle storie, per lo più attraverso lo sguardo e le parole di Antonio, con cui ha condiviso buona parte dei suoi giorni in strada. E a noi la cosa riesce di grande utilità. Perché questi uomini e donne, quando li conosci, riacquistano un volto. Il tentativo di Francesca Barra, il suo scopo, era «dare forma e corpo agli invisibili». E ci è riuscita molto bene.
Antonio, cinquantenne, era un artigiano. Poi la crisi lo ha costretto a chiudere l’attività. E sua moglie, a causa delle sue ripetute infedeltà, lo ha cacciato di casa. Ha vissuto in auto per qualche tempo, cadendo in depressione. Finiti anche gli ultimi centesimi, è stata la strada. Con il procedere della lettura colpisce la maturità che la consapevolezza dei propri errori e il duro scontro con la vita lo ha costretto ad acquisire. Funziona così: quando conosci una persona riesci a superare i pregiudizi e capisci che, per quanti errori abbia fatto, conserva la possibilità di ritrovare la nobiltà perduta.
E così (o ancor più) Gemma, ex addetta alle pulizie in ospedale, madre di quattro figli mai dimenticati, che nella sua composta timidezza ha saputo dar vita al primo centro di accoglienza per senzatetto organizzato da una di loro. E poi Arnaldo, ex imprenditore travolto dalla crisi. E le gemelle bulgare portate in Italia con la promessa di un lavoro e diventate schiave di un giro di prostituzione. E miracolosamente fuggite, a rischio della vita. E così via.
Nessuna delle loro vite dovrebbe essere sprecata. E invece lo Stato riesce a fare poco, i vecchi ‘amici’ si volatilizzano presto. Resta, tra loro, una «muta solidarietà invisibile». Ma non basta. Servono interventi pubblici, politiche sociali; serve aiutare le strutture esistenti – l’autrice parla a più riprese della Fondazione Fratelli di San Francesco d’Assisi di via Moscova a Milano -; ma ancor più e prima serve ‘ri-conoscere’ ognuno di loro nella propria singolarità e dignità.
È un libro duro, questo, ma importante. Sta avendo una buona accoglienza sul mercato italiano e questa è una buona notizia. Ma c’è da augurarsi che accada a molti ciò che l’autrice auspica in conclusione: «Forse questo libro vi avrà grattato via qualche pregiudizio. O forse vi avrà disturbato, infastidito. Ma, se anche uno solo di voi darà forma e corpo agli invisibili, il mio viaggio non sarà stato compiuto invano».