Dare una definizione puntuale di “Cultura” è sempre stata un’impresa decisamente ardua. Nel corso dei secoli, la maggior parte degli approcci teorici ha tentato di dare una propria definizione del concetto ma in nessun caso riusciamo a trovare una sua classificazione sintetica.

Prendiamo ad esempio l’ambito antropologico: in questo caso la Cultura indica tutte quelle pratiche, quei comportamenti, quei simboli che contraddistinguono un determinato gruppo di individui. Cultura come identità sociale, quindi, come collante metastorico che gli uomini utilizzano per superare le difficoltà e le incognite della vita, come segno di distinzione e di riconoscimento.

Ovviamente, questa visione della Cultura lascia aperte numerose lacune interpretative. La ragione va ricercata nella natura sincretica e dislocata della Cultura stessa, nella sua capacità innata di innestarsi negli infiniti gangli della vita dell’essere umano, in un rapporto di continuo scambio. Gli uomini arricchiscono la Cultura ed essa arricchisce altri uomini, i quali a loro volta saranno spinti a restituire ciò che hanno acquisito in forma diversa, migliore. Questo può sembrare un ragionamento meccanicistico, quasi Mcluhaniano, ma sono secoli ormai che la Cultura utilizza un procedimento rizomatico per riprodurre se stessa e migliorare la “razza” umana.

La Cultura è figlia di se stessa: sia le tesi di laurea che i grandi tomi nascono da questo presupposto. Nessuno può elaborare teorie o ampliare lo scibile delle conoscenze comuni senza aver fatto prima riferimento al passato che lo ha preceduto. Se si vuol progredire, se si vuol dare la possibilità al mondo di non ricadere negli errori storici nel quale è caduto, allora si deve assicurare la possibilità di accedere alla Cultura, e questo accesso dev’essere garantito a tutti.

Purtroppo, la logica macchinica e borghese dell’Industria Culturale (vedi Adorno-Horkheimer) non contempla il bene dell’umanità, bensì solo quello dell’élite dominante. Non è questo il luogo per approfondire il sistema ed il funzionamento della logica industriale della Cultura, ma basti sapere che il suo potere strozza di continuo proprio la tanto necessaria rizomaticità della Cultura. Attenzione! Non stiamo parlando del desiderio, becero, di appropriarci indebitamente e gratuitamente dell’operato intellettuale degli studiosi. Chi produce un’ opera, un testo, un brano musicale, ha diritto alla sua ricompensa: guai se qualcuno affermasse il contrario. L’attuale sistema normativo, servo anch’esso degl’interessi economici di una ristretta minoranza, però, impedisce praticamente qualsiasi rielaborazione dei testi culturali. Lawrence Lessig, nel suo testo fondamentale Cultura Libera, elenca una serie di casi particolarmente utili per comprendere lo stato dell’oppressione alla quale siamo sottoposti. I grandi monopolisti della Cultura, in una situazione non regolamentata, hanno creato il proprio impero grazie al furto indiscriminato della cultura precedente, dopodichè hanno influenzato lobbisticamente l’ordinamento normativo per evitare che gli altri si muovessero allo stesso modo.

Tutto ciò può sembrare avvilente, e in parte lo è, ma grazie alla propositività e all’impegno morale è possibile trovare le opportune soluzioni allo stato attuale delle cose. Ovviamente non stiamo parlando della pirateria, bensì della possibilità di aggirare legalmente la trappora mortale del Copyright. La storia pullula di esempi: il più famoso è ovviamente quello del Copyleft di Richard Stallman, grazie al quale è possibile preservare il free software senza limitarne l’uso. Altro grande esempio è quello relativo alle licenze Creative Commons del già citato Lawrence Lessig. Nella fattispecie vengono tutelate opere d’ingegno di varia natura (letteraria, musicale….) ma in ogni caso si riesce a coordinare sia la tutela della proprietà intellettuale, sia la naturale necessità di utilizzare correttamente opere altrui per approfondire e completare il proprio lavoro intellettuale.

In questa breve, e sicuramente inesaustiva, panoramica abbiamo affrontato delle problematiche molto ampie ed intricate, ma abbiamo anche sottolineato alcune possibili strade per risolvere i nodi che frenano lo scorrere della diffusione culturale. La Cultura Libera propone di continuare a tutelare la proprietà intellettuale di chi crea ma, allo stesso tempo, propone di rispettare l’ essenza, la vera idea (inteso come immagine prima) della cultura: la sua necessaria e naturale intolleranza alle restrizioni.

Riccardo Esposito