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(voce di SopraPensiero)Armando Fumagalli, Creatività al potere (da Hollywood alla Pixar, passando per l’Italia),
collana «Saggi», Lindau Editore, Torino 2013, pp. 350, euro 24,00. ISBN: 8867080997
«Il desiderio di storie è riflesso di una profonda necessità umana di trovare percorsi di vita, di dare senso alla nostra esistenza [ […]]. In un certo senso la storie danno forma alla vita, giacché possono segnalare linee guida e chiavi di lettura in un mondo complesso e confuso [ […]]. Le buone storie sono proposte di modelli di vita, rafforzati dalla dimensione affettiva con cui si presentano; le narrazioni sono un mezzo per entrare in modo profondo nelle pieghe dell’esistenza e generalmente ci aiutano a interpretare la realtà» (pp. 39-41).
La perenne forza della narrazione è ancora maggiore oggi, in un mondo altamente interconnesso. Capace di dare impulso al singolo e a tutto un sistema-paese, per non parlare del suo impatto sull’economia e sulla politica.
Entrare, allora, nei meccanismi della più grande e universale ‘fabbrica dei sogni’ qual è Hollywood diventa molto rilevante. E il testo di Fumagalli – documentatissimo e frutto di lungo lavoro, di molte conoscenze, di moltissimi contatti e interviste inedite – è tra i migliori per capire il funzionamento dell’industria cinematografica. Forse proprio perché coniuga una serrata analisi economico-industriale con la capacità di penetrare la risposta che il cinema dà alla sete di senso, e quindi il suo impatto valoriale e sociale (analisi, quella di Fumagalli, profonda e per nulla moralistica).
Mi sembra utile riportare un paio di sue risposte a un’intervista di Laura Guadalupi su Mediapolitika (http://www.mediapolitika.com/?p=9063):
«Come nasce l’idea di questo libro?
Mi interessava entrare nei meccanismi di Hollywood, cioè capire come Hollywood riesce a produrre film che vengono esportati in tutto il mondo. Sempre più di frequente sentiamo dire che il suo primato rischia di essere minacciato dall’India, dalla Cina o da altre potenze emergenti. In realtà, nonostante l’India produca molti film e anche la Cina stia crescendo, Hollywood è ancora superiore a qualsiasi altro sistema di produzione cinematografica. Ebbene, volevo capire le ragioni del suo primato, da una parte, entrando nei meccanismi aziendali, dall’altra, grazie al fatto che conoscevo gente che lavora lì, mi sono accorto che c’è proprio un modo di pensare, di ragionare, uno stile esistenziale tipico di Hollywood. Ho voluto descriverlo, perché secondo me influisce parecchio sul tipo di storie che si producono. Nel libro ripercorro quindi anche la storia culturale di Hollywood, ne analizzo l’identità, il rapporto con il resto dell’America.
C’è, poi, un capitolo dedicato alla Pixar, che dal ’95 ad oggi ha collezionato una dozzina di film dal successo mondiale, pur essendo un completo outsider. La Pixar, infatti, è un’azienda che non si trova ad Hollywood, ma a San Francisco. Nasce in un contesto completamente diverso, quello della Silicon Valley, e nasce da gente che non è né di Los Angeles né di New York, ma viene dall’America del middle west e non appartiene al mondo dello show business. Ormai si è integrata con Hollywood, però continua a mantenere la sua autonomia creativa. Se per certi aspetti è innovativa, dal punto di vista dei contenuti potremmo dire che è molto tradizionale. Ad esempio, negli Incredibili è rappresentata un’immagine assolutamente classica della famiglia, così come il rapporto padre-figlio de Alla ricerca di Nemo è solido, tipico. Forse è questo il motivo dei grandi incassi al botteghino.
Da Hollywood alla Pixar, passando per l’Italia. Cosa si scopre, passando per il nostro Paese?
Ho cercato di dare uno sguardo ottimista. L’industria del cinema e della televisione in Italia è senz’altro cresciuta rispetto a 10-15 anni fa. Ci sono maggiori contatti con l’estero, alcune aziende hanno acquisito un know how di cui prima erano sprovviste. Il cinema, pian piano, sta uscendo da un circolo chiuso, si sta avvicinando al mondo dell’industria, inizia a esserci maggior interazione con altri ambiti produttivi importanti. Se un domani le nostre case di moda volessero veramente dialogare con la produzione cinematografica, potrebbero aiutarla a crescere. Insomma, ad aver avuto un’industria del cinema matura, Il diavolo veste Prada l’avremmo fatto noi.
Paradossalmente, questo dialogo c’è stato finora con la tv, con alcune miniserie italiane della Rai esportate in molti Paesi, ad esempio quella su Coco Chanel, che ha avuto due nomination all’Emmy, oppure si riesce a fare delle coproduzioni internazionali importanti, come con Guerra e Pace».
L’indice rende in maniera trasparente il percorso dell’analisi:
- Cinema, televisione e letteratura: l’importanza economico-politica dello storytelling
- Creatività al potere. Il sistema Hollywood
- L’anima di Hollywood
- L’intreccio fra cinema e tv nell’industria americana e in quella italiana
- Il modello alternativo della Pixar e il suo Incredibile successo
Lettura gradevolissima, che quasi a ogni pagina porta a nuove scoperte su un mondo che ben più che puro intrattenimento.
Armando Fumagalli è ordinario di Semiotica e insegna Storia del cinema presso l’Università Cattolica, dove è anche direttore del Master in «Scrittura e produzione per la fiction e il cinema». Dal 1999 è consulente di sceneggiatura per la Lux Vide. Tra i suoi volumi ricordiamo Quel che resta dei media (Franco Angeli 2010, insieme a Gianfranco Bettetini) e I vestiti nuovi del narratore. L’adattamento da letteratura a cinema (Il Castoro 2004).
Due interessanti interviste con l’autore (la seconda delle quali in video a TV2000) in rete: