Solo apparentemente Bologna, di notte, dorme: da qualche tempo – in particolare, da quando in giro vengono ritrovati piedi umani mozzati con la sega – si è fatto difficile chiudere occhio. Soprattutto per chi fa il tassista dopo le otto di sera, come Annibale: che fra clienti «normali» (o almeno paganti), un po’ di jazz al «La Cantina» e qualche appuntamento rovente con Sara, appena incontrata, tira tardi in attesa dell’alba. Ma per quanta attenzione faccia, sembra che sia difficile rimanere fuori da questa storia: chi è quello sconosciuto che gli si presenta a più riprese, nelle circostanze più diverse […] che vuole da lui? E soprattutto: perché?
È bello trovare un libro, ogni tanto, che non promette la luna, ma mantiene tutti gli impegni. Carboni scrive bene, con una apprezzabile proprietà di linguaggio, e riesce a mettere su un noir che non intende brillare né per l’originalità né per la complicatezza dell’intreccio, ma certamente per il livello della suspense (sempre alto, fino all’ultima pagina), creato attorno a un uomo comune (senza i soliti investigatori più o meno prezzolati o graduati) la cui storia cattura e invoglia a proseguire la lettura. Lo stile espressivo è omogeneo e adeguato (non vi si incontra nemmeno una parolaccia; neanche quel tipico «Cazzo!» all’americana, che molti scrittori del genere amano mettere anche a casaccio, purché ce ne sia almeno uno). La musica si percepisce bene, finalmente sentita e descritta per arrivare fino al lettore (non come in quei libri in cui ti dicono il titolo del brano […] e si aspettano che tu ne deduca automaticamente qualcosa). «Annibale si avvicinò ad Al il pazzo, che aveva il viso magro, fatto di ombre e solchi piuttosto che di carne. Quarantanove primavere sulla carta d’identità, cento inverni negli occhi». Un autore da incontrare, una volta o l’altra.
Roberto Carboni, Bologna destinazione notte. La fase Monk, ed. Fratelli Frilli, 2013, pp. 220, euro 9,90.