I giornalisti di Arga (Associazione regionale giornalisti dell’agroalimentare) in visita alla Cooperativa luppoli italiani di Michela Nati nel ravennate, in occasione della raccolta annuale del luppolo, ingrediente fondamentale della birra
“La birra è ancora più antica del vino. Ma così come la conosciamo oggi, è una bevanda prodotta su scala industriale, dove il gusto di un determinato brand riesce ad essere lo stesso, indipendentemente dal posto in cui si trova la lavorazione del luppolo per produrla”. Andrea Pausler, mastro birraio, spiega al gruppo di giornalisti, blogger e distributori di birra, il ciclo di produzione della birra e il ruolo chiave svolto dal luppolo, che ne determina l’inconfondibile aroma.
Insieme alla presidente della Cooperativa luppoli italiani Michela Nati e al titolare del birrificio Birra Amarcord di Rimini, Andrea Bagli, i tre ci guidano alla scoperta della produzione artigianale di una bevanda che solo negli ultimi tempi è diventata un’eccellenza anche per il territorio romagnolo. Dopo anni di primato della Germania prima e degli Usa poi, la produzione nostrana, anche se di di nicchia, si sta ritagliando un suo importante spazio. Non sarebbe avvenuto se la birra avesse continuato ad essere prodotta sempre e solo su larga scale con le modalità descritte da Pausler, probabilmente.
E’ stata infatti la svolta slow food dell’enogastronomia ad avere stimolato molti appassionati della birra a mettersi in gioco in aziende spesso a conduzione familiare, per recuperare le tradizioni antiche. L’azienda agricola delle tre sorelle Nati, si muove appunto all’insegna di questo principio. Con la coltivazione del luppolo e con l’acquisto di macchinari riescono a lavorarlo in modo artigianale, come si faceva fino alla prima metà dell’Ottocento, prima dell’avvento della società industriale, in modo da conservarne intatto l’aroma.
I lunghi e delicati procedimenti di lavorazione che esige questa pianta non sarebbero riproducibili per una produzione su vasta scala. Per questo, spiegano, molto spesso le multinazionali della birra ricorrono al luppolo in pellet, più pratico ma molto meno aromatico, o anche solo alle essenze. “Dal 2018 – precisa Michela nella visita didattica al luppolificio – i nostri fiori di luppolo riforniscono il birrificio di Rimini dove si produce la Amarcord, birra dedicata al regista Federico Fellini”.
Attraverso un sodalizio professionale come quello tra Birra Amarcord Rimini e Cooperativa Luppoli Italiani di Grattacoppa (Ravenna)è possibile creare una sinergia efficace tra azienda produttrice e azienda agricola. Dove chi vende la birra assiste a tutte le fasi del processo di lavorazione del luppolo, dalla nascita del primo germoglio alla fase del raccolto.
“Accompagnare i nostri distributori partner e i media a conoscere questa eccellenza del nostro territorio, ed elemento caratterizzante della produzione della nostra Birra, – spiega Andrea Bagli – è anche l’occasione per mostrare e raccontare a chi non ne conosce il processo, come avviene la raccolta del luppolo”.
Ed è il luppolo, appunto, a dare alla birra il tipico sapore amaro, accompagnato da altri profumi che la rendono unica: miele italiano d’acacia, scorze d’arancia siciliane, visciole delle Marche, spezie e caffè. L’importante è che siano materie prime anch’esse di eccellenza e, last but not least, che anche l’acqua di sorgente rispetti standard molto elevati. L’accordo tra Birra Amarcord e Cooperativa Luppoli conferma la scelta del birrificio di cercare tutte le le materie prime in Italia, ora anche per il luppolo.
Ai mastro birrai il compito di captare l’essenza del fiore di luppolo e verificarne le possibilità di utilizzo. “Poter utilizzare il luppolo italiano per le nostre birre – conclude Bagli – è stato per noi l’inizio di una rivoluzione produttiva: provare a produrre una birra con quasi tutti gli ingredienti primari coltivati in Italia. Questo per noi è solo l’inizio e speriamo di potervi raccontare presto altre ottime novità!”
Anna Cavallo