Ugo Santamaria
Il mio compagno di cella faceva tortuosi discorsi in un borbottio che non usciva dalle quattro pareti. Nulla ci avrebbe impedito di altercare magari o, con qualche cautela, di cantare; e, giovane com’ero, io cacciavo ogni tanto sospiri di pena che finivano in un gemito; ma il mio compagno non lo sentii mai altro se non borbottare.
Serpeggia una voce in mezzo alla riunione:
— C'è qualcuno che ride.
Qua, là, dove la voce arriva, è come se si drizzi una vipera, o un grillo springhi, o sprazzi uno specchio a ferir gli occhi a tradimento.
Cera una volta un gentiluomo il quale in seconde nozze si pigliò una moglie che la più superba non s'era mai vista. Aveva costei due figlie che in tutto e per tutto la somigliavano. Dal canto suo, il marito aveva una ragazza, ma così dolce e buona che non si può dire: doveva queste qualità alla mamma, che era stata la più brava donna di questo mondo.
C'era una volta un re così grande, così amato dai suoi popoli, così rispettato dai vicini e dagli alleati, che si potea dire il più avventurato dei sovrani. La sua fortuna era anche confermata dalla scelta fatta d'una principessa non meno bella che virtuosa, con la quale viveva nel massimo accordo. Dalla loro unione una figlia era nata, così colma di grazia che non faceva lor lamentare di non avere una più larga figliolanza.
A piedi degli alti monti; dai quali il Po scaturisce e si versa per le campagne, viveva un principe giovane e prode, che era la delizia del suo paese. Il cielo gli avea fatto, fin dalla nascita, ogni dono più raro, come se proprio si trattasse d'un gran re.
Ora che, a suon di lividi e di rimorsi, ho compreso quanto sia stolto rifiutare la realtà per le fantasticherie e pretendere di ricevere quando non si ha nulla da offrire; ora, Cilia è morta.
Risalivo la strada della collina e gli antichi scenari di verde e di muriccioli, via via che sorgevano alle svolte, mi parevano finti. Tanto tempo ne ero vissuto lontano ripensandoci appena in certi istanti svagati, che la loro attualità materiale mi faceva ora soltanto l’effetto di un simbolo del passato.
C'era una volta un re e una regina, ch'erano tanto tanto arrabbiati di non aver figli. Visitarono tutte le acque del mondo: voti, pellegrinaggi, divozioni spicciole, tutto inutile. Alla fine però la regina divenne gravida e partorì una bambina.
Salivo quella scala semibuia in certe sere silenziose, dopo che avevo lasciato sull’angolo la ragazza; e a metà della rampa guardavo da una finestretta che dava sul cielo nudo. Non mi fermavo; facevo una carezza mentale al grande cielo che giungeva fin là dentro, e suonavo alla porta.