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Ugo Santamaria

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Non ho mai capito bene come io sia arrivato alla mia inerzia attuale, io che durante la guerra ero considerato in città come un uomo molto operoso. C‘è mio nipote Carlo che consultai anche su questo punto che pure anch‘esso riflette sulla mia salute, e mi disse che facevo bene di stare tranquillo e che avrei ripreso il mio lavoro alla prossima guerra mondiale.
È già la terza volta che la signorina Checca tenta di scappare di casa. Finché sta con noi, in famiglia, sembra appassionata per la casa: gira di qua, gira di là, corre verso l’uno e l’altro, curiosa e allegra, canta, si fa grattare sulla testa ed è, insomma, la nostra consolazione: ma appena è sola…
A Mansueto non parea vero d‘essere assoluto padrone di quei campi che si stendevano rigogliosi innanzi a sè, di quelle bestie rinchiuse nella stalla, e della bianca casetta, semplice e modesta, che gli sorrideva inghirlandata dalla vite del Canadà.
C'era una volta un ago da stuoie, tanto convinto d'esser fino, che per poco non si credeva un ago da cucire.
Appena uscita dal salotto la ragazza, Maurizio Gueli si levò in piedi, guardò l'orologio, poi si abbottonò lentamente l'abito e con la mano tesa si avvicinò a Fulvia Corsani, sdrajata su la poltrona con un libro su le ginocchia, la testa appoggiata su la spalliera e la bellissima gola provocante tutta in vista dalla fossetta all'attaccatura del collo sú sú fino all'ovale del mento.
Un discorde mugliare: richiami angusti di vitelli, come impediti da un soffocamento; aperte, disperate invocazioni di madri; risposte lunghe, come estratte dal torace profondo, di buoi. E uno strepito di campanacci e un romore di voci umane.
Sull’aia liscia e soda come un tavolo di marmo, saliva il fresco della sera. Ai piedi di una collina, quando il sole è appena calato dall’altra parte, la terra pare schiarirsi di luce propria, una luce fresca e silenziosa, che esce dai sassi e dalle cose nude.
— Mio zio, – diceva l’uomo dall’occhio di vetro, – era ciò che si può dire un ottavo di milionario. Possedeva circa centoventimila franchi. Sicuro! E mi lasciò tutto il suo avere.
Il castello, nel quale il mio domestico s'era deciso di penetrare a viva forza, anziché permettermi, deplorevolmente ferito come io era, di passare una notte all'aria aperta, era una di quelle costruzioni, indecifrabile miscuglio di grandezza e di melanconia, che hanno per sì lungo tempo innalzate le loro rocche eccelse in mezzo agli Apennini, tanto nella realtà quanto nell'immaginazione di mistress Radcliffe.