A tavola non s’invecchia

di
P. Da Pontelungo (Ferrari, Pietro)

tempo di lettura: 9 minuti


A tavola non s’invecchia: antico proverbio, che si direbbe nato a Pontelungo, tanto i suoi abitanti si mostrano ad esso fedeli, come ad un programma, almeno nel tempo passato.

Lo attestano, se non proprio le vecchie cronache, certi pantagruelici banchetti in uso una volta a Pontelungo, e dei quali è giunto fino a noi l’epico ricordo. Ma il secolo d’oro che segnò, per Pontelungo, il fastigio delle sue glorie gastronomiche fu, sia detto a mortificazione dei suoi denigratori senza dubbio, l’ottocento. Ed è certo che, a rievocare l’epica conviviale di Pontelungo in quel secolo, ci sarebbe da fare un poema degno d’Omero: impresa alla quale volentieri rinunciamo.

Basterà, invece, ricordare un pantagruelico banchetto di grasso e di magro, che levò gran rumore a quel tempo e del quale non è ancora sopito il ricordo.

Si tratta di un evento rigorosamente storico. E chi desiderasse conoscere anche i personaggi dell’avventura non ha che da consultare le memorie del tempo.

Nel maggio del 1869, la Giunta Comunale di Pontelungo, aveva deciso di offrire un banchetto al Prefetto e ad altre autorità della Provincia, per attestare alle medesime, col rito tradizionale di una appetitosa mensa, lautamente imbandita, la riconoscenza del paese per i pronti aiuti, ottenuti in occasione di una rovinosa piena della Magra, che si era avuta l’anno precedente. Erano tempi leggiadri, nei quali, con un buon pranzo, si potevano onestamente accomodare molte cose!

Il pranzo venne fissato per il giorno 21 di quel mese e doveva aver luogo in casa dell’Assessore Anziano. Ma, all’ultimo momento, gli organizzatori dell’agape si accorsero che il giorno prescelto cadeva in… venerdì! La costernazione fu grande, perchè non si potevano offendere gli scrupoli religiosi della padrona di casa e dei commensali osservanti del venerdì; nè si potevano scomodare tante autorità per… un pranzo di magro! D’altra parte, gli inviti erano stati già diramati e non era possibile un rinvio. Come uscire dall’impiccio?

L’imbarazzante situazione venne salvata con una di quelle trovate di spirito, che bastano a consacrare la reputazione di un uomo. E l’autore della trovata fu uno degli assessori: tipica figura di colonnello a riposo e di spregiudicato gentiluomo, di cui i vecchi di Pontelungo, ricordano ancora la caratteristica del pizzo e dei baffi a punta e dell’immancabile mazzolin dei fiori freschi all’occhiello.

— Se è giusto – egli disse – rispettare gli scrupoli degli osservanti del venerdì e non si può offrire alle autorità un banchetto di magro, nè si possono rimandare gli inviti, ebbene, non c’è altra soluzione per uscire dall’imbarazzo che preparare un pranzo… a doppia lista: una di magro e una di grasso. In tal modo, tutto è salvo!

La proposta venne accettata con entusiasmo. E il pranzo fu di grasso e di magro e, secondo le migliori tradizioni, fu grandioso nell’una e nell’altra forma.

A nostra mortificazione e ad esaltazione di quei buoni pontelunghesi dell’ottocento, ai quali, se non mancavano le risorse e il buon umore, meno ancora faceva difetto l’appetito, riproduciamo qui, la doppia lista dei piatti di grasso e di magro, come l’abbiamo letta in un elegante cartoncino a margini dorati, conservato, a ricordo, dalla famiglia di uno dei commensali:

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Pranzo del 21 maggio 1869
Grasso Magro
Principî
Zuppa composta Maccheroni alla napoletana
Fritto:petits patès
Lesso: bove alla moda e
spalla di S. Secondo
Fritto di carciofi
Tonno: tartufi all’olio
Crema – zabaione
Polli in gelatina Triglie in salsa
Costolette di pollo in salsa Asparagi al burro
Arrosto di pollo Insalata composta
Charlotte
Dessert
Gelati: Candito d’oro Limonella di Napoli
Vini: Vermouth – Bordeaux – Champagne – Pontelungo. Caffè

Durante il banchetto, al quale oltre le autorità provinciali parteciparono tutte le autorità del luogo, regnò la più schietta allegria, rinnovata ad ogni portata dallo spunto della famosa trovata del grasso e del magro. E il banchetto, malgrado la lista eteroclita delle vivande, si svolse secondo il più schietto stile tradizionale, nel senso che tutti mangiarono e bevettero intrepidamente, senza differenza d’età e di grado. Inoltre, sui vini esotici, ricordati nella lista, trionfarono in pieno gli esilaranti vini di Pontelungo, a maggior letizia dei convitati.

Non c’è bisogno di dire che quel solenne banchetto fece epoca nella cronaca pontelunghese di quel tempo, sia per la trovata geniale, con cui fu elegantemente risolta, in linea teorica, una complicata questione procedurale, in materia di cucina e di coscienza, di fronte all’osservanza del venerdì; sia anche, e soprattutto, per la insigne prova gargantuesca data dai commensali. I quali, infatti, in pratica, e cioè una volta seduti a tavola e messi davanti alla duplice tentazione dei piatti di grasso e di magro (e anche questo sia detto a maggior gloria di quei nostri nonni!) fecero ugualmente e largamente onore agli uni e agli altri; senza dubbio non senza qualche scandalo della padrona di casa. E tra i convitati, che più si distinsero in questa duplice prova, furono (e non poteva essere diversamente) l’assessore dell’arguta trovata del grasso e del magro, e il segretario comunale, del quale ancora si sa che la sua riputazione di perfetto funzionario era solo superata dalla sua fama di raffinato buongustaio e di famoso mangiatore.

Per la cronistoria di questa gaia avventura gastronomica, nella quale rivive tipicamente l’anima serena, tra scettica e gaudente, della vecchia Pontelungo dell’ottocento, si può anche ricordare che il conto di quel memorabile banchetto, piuttosto salato anche per quel tempo, fu pagato, di propria tasca, dal Sindaco e dai quattro Assessori.

E anche questo particolare è una di quelle cose incredibili che non potevano accadere che nella Pontelungo d’allora!

Il ricordato banchetto di grasso e di magro, che è dei tanti che consacrarono la fama conviviale di Pontelungo nell’ottocento, richiama anche alla mente quei pontelunghesi illustri, che, dalle glorie della tavola, passarono agli onori della storia. Di essi basterà, qui, ricordare per tutti, l’arciprete Carlo Bologna, morto nella prima metà di quel secolo: notissima figura della vecchia Pontelungo, di cui, anche oggi, lo storico imparziale non sa se più lodare il raro ingegno, la vasta cultura o il formidabile appetito.

Egli fu, senza dubbio, il più strenuo campione della nobiltà paesana nelle prove conviviali del suo tempo. Non mancò mai a un banchetto e non ricusò mai un invito a pranzo. Anzi, tutte le famiglie di Pontelungo facevano a gara per averlo alla propria tavola, dove il suo esempio trascinava anche i più fiacchi commensali e dove il suo spirito esilarante teneva alto il buon umore di tutti. Durante il pasto, era sua abitudine allentare, ad ogni portata, la cinghia dei pantaloni; sì che, alla fine del pranzo, si trovava del tutto sbracato e spesso nella impossibilità di rimettere convenientemente a posto le cose.

Tra i molti episodi che ancora si raccontano di lui, eccone uno. Una volta, invitato da una signora di sua confidenza e giunto un po’ prima dell’ora fissata, fu lasciato solo, per qualche tempo, davanti a un bel fuoco, nella sala da pranzo, in attesa degli altri invitati. Forse, messo sull’avviso dall’odore solleticante, avendo scoperto dentro una credenza una magnifica tacchina arrosto, pronta per essere servita a tavola, il terribile arciprete, un po’ per tenere a bada l’appetito, un po’ per ingannare la noia dell’attesa, cominciò a spilluzzicare la tacchina, tanto che, in poco tempo, non ne restò che la carcassa. E, quando, al momento di servire l’arrosto, la padrona di casa, discretamente informata dalla persona di servizio, annunziò, costernata, che la tacchina non c’era più, l’ameno arciprete scoppiò in una grossa risata. E aggiunse nello schietto pontelunghese di allora:

Cus’èl? Cl’uslët chi ér là dëntar? Ahimé-dìo, ma s’a l’ho plüca sü më par farm agnir un pó d’aptit!

Tutti risero con lui; ma, non ostante quel solenne antipasto, anche quella volta, il primato della tavola toccò all’imbattibile arciprete.

Sì, hanno ragione coloro, che rimpiangono il buon tempo antico.

Ma è giusto riconoscere che, almeno a tavola, la Pontelungo di oggi non ha nulla da invidiare alla Pontelungo di ieri.

Ne è prova un recente e stupefacente banchetto, imbandito a consacrazione di un rito nuziale, auspice il carnevale, in una località del territorio pontelunghese, e, precisamente, a Gróndona: già turrita vedetta, nel medioevo, appuntata, dalle rivalità parmigiane e piacentine, contro il nascente comune di Pontelungo. E fu un banchetto veramente epico, che, per la presenza di un’eletta schiera di pontelunghesi, strenui paladini delle vecchie tradizioni gastronomiche, assunse il carattere di una grandiosa gara conviviale, cui la presenza dello stesso Podestà di Pontelungo, valse anche a conferire un crisma, per così dire, ufficiale. Malgrado questo, però, e a differenza del famoso banchetto ottocentesco di grasso e di magro, quell’agape grondonese ebbe carattere del tutto popolare e fu improntata, oltre che alla più pura tradizione, al più stretto color locale.

Infatti, se nel banchetto di grasso e di magro fu protagonista la “sioría” in quella di Gróndona protagonista fu il popolo. E, come canta il poeta,

…se il popolo si desta
Dio si mette alla sua testa;

e se, aggiungiamo noi, siede a tavola, allora succedono le cose più strepitose, come, appunto, nel banchetto di Gróndona!

Non riporteremo, qui, la fantasmagorica lista delle sedici portate, che senza contare quelle della cena, seguita senza quasi intervallo, si succedettero per oltre una mezza giornata, in quell’agape memoranda. Sarà sufficiente dire che vi figurarono, degnamente, tutte le cose più varie, più saporose, più tentatrici, che l’arte più esperta e più raffinata, con l’ausilio dei vini più traditori, poteva escogitare per mettere, a prova decisiva, i cervelli più saldi e gli stomachi più agguerriti.

Ma, per la storia, bisogna anche aggiungere che la prova fu superata in pieno. E così, Gróndona, il cui nome nelle vecchie cronache di Pontelungo è legato a truci ricordi di guerra e di conquista, potè vedere, quel giorno, intorno alla medesima mensa, pantagruelicamente imbandita, pontelunghesi e grondonesi, gareggianti, ugualmente e intrepidamente, per tenere alta la bella e gaia tradizione delle vecchie usanze conviviali paesane.

Certo è che quel banchetto strepitoso è tale da fare impallidire, al confronto, il ricordo di ogni più solenne convivio ottocentesco e merita, veramente, di essere consacrato alle ombre immortali di Pantagruel e di Gargantua, eterni numi tutelari delle iperboliche cucine e delle mense badiali. E, senza dubbio, in quell’eroica giornata, tra le serrate file dei banchettanti, dovettero aleggiare, esultanti, i fantasmi giocondi dei grandi mangiatori e degli illustri bevitori del passato, coi turgidi addomi falstaffiani, coi lucidi nasi trionfali, con le gorgoglianti pappagorgie rabelesiane; mentre, dalla cucina, tra i densi vapori e gli inebrianti aromi, certo sorrideva il viso largo e vermiglio di Ragueneau, di ciranesca memoria.

Ombre e fantasmi che non si possono evocare senza emozione!

Sia gloria, adunque, ai banchettanti di Gróndona! Essi hanno dimostrato che le belle tradizioni conviviali non sono morte tra noi e che, per il buon nome di Pontelungo e per la gioia degli uomini, c’è ancora chi sa mangiare e bere, intrepidamente e giocondamente.

Ad essi, pertanto, anche in questi squallidi giorni di quaresima, leviamo, a giusta rivendicazione, il bicchiere ricolmo, nel nome augurale della vecchia e nuova Pontelungo, sempre cordiale, buontempona e spregiudicata: caro e dolce paese, che, tra le sue più autentiche glorie, sa conservare, gelosamente, anche quella delle sue opulente festosità conviviali.

Bibamus, igitur

A suggello dell’antica verità cara agli abitanti di Pontelungo: a tavola non s’invecchia!

Fine.


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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: A tavola non s’invecchia
AUTORE: P. Da Pontelungo (Ferrari, Pietro)

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: Novelle di Valdimagra / P. da Pontelungo. - Pontremoli : Artigianelli, 1944. - 226 p. ; 23 cm.

SOGGETTO: FIC029000 FICTION / Brevi Racconti (autori singoli)