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(voce di Luca Grandelis)«L’immaginazione è la strada più affidabile per arrivare alla verità»
Non amo le biografie, le cronache vere, le ricostruzioni storiche e tanto meno quegli «spaccati della società» che vanno tanto di moda. Quindi ero scettico di fronte alla biografia romanzata di Isaac Newton scritta da Jean-Pierre Luminet, dal titolo La parrucca di Newton. Scienziato, alchimista o psicopatico? (ed. La Lepre, 2011), che pur si presentava come una raffigurazione inedita e complessa dell’eminente fisico secentesco.
Mi sono dovuto ricredere: il libro è interessante e perfino avvincente e Luminet sa presentare Newton in tutto il suo fascino di grande intellettuale, filosofo, matematico, alchimista, scienziato, senza venirne soggiogato; sapendo prenderne le distanze e lasciando trasparire tutta l’umanità (anche in senso deteriore), tra ambizioni, illusioni, invidie, meschinità. Tuttavia questo studio non cattura il lettore per l’indiscrezione, o per il gusto sinistro di assistere alla demolizione di una figura sacra della modernità: anzitutto perché non si tratta di demolizione ma appunto del ritratto a tuttotondo di uno studentello di campagna dall’incerta paternità che ha dovuto combattere e formarsi contro gli stenti e contro una famiglia che addirittura avrebbe preferito far di lui un guardiano di fattoria anziché un professore a Cambridge. Ciò che veramente cattura è infatti la forza di un uomo che ha voluto e saputo combattere per le sue idee nonostante le tante avversità del ceto intellettuale dell’epoca: lui puritano costretto a prestare giuramento alla Chiesa anglicana; alchimista, è costretto a studiare e a sperimentare in segreto. D’altro canto il suo modo di fare scienza, tutt’altro che un caso esemplare di impassibile razionalità, è invece nutrita non solo da una filosofia naturalistica avversa a Cartesio e al suo meccanicismo, ma addirittura intrisa di una certa teologia (ne emerge la figura di scienziato che concepisce la sua ricerca come un dovere verso Dio, dalla cui missione – rivelare la conoscenza autentica delle cose all’umanità – è ossessionato, al punto che una sensibilità contemporanea non esiterebbe a qualificarlo come bigotto).
Un personaggio geniale oltre ogni dire, schivo fino all’eccesso; che non desiderava la fama e volle sempre rimanere lontano dai riflettori, nonostante le pressioni dei tanti colleghi, convincendosi a pubblicare qualcosa di quando in quando solo quando gli era impossibile fare altrimenti. Storia di una vita vissuta in grande pienezza ma in solitudine e di un uomo che aborriva il lavoro di squadra (in un tempo in cui la scienza poteva ancora permetterselo); un racconto scandito dai tanti aneddoti e dalla presenza di oggetti-icona come la mela caduta dall’albero o il «bastone di Euclide». Una lettura consigliata a tutti, ma soprattutto a chi abbia voglia di comprendere quanta fatica (e quanta meraviglia) si celi dietro al lavoro della scienza.
J.-P. Luminet, La parrucca di Newton, ed. La Lepre, 2011, pp. 384, euro 24.