Intervista alla compagnia Ganimede che porta in scena l’Antigone di Jean Anouilh

Antigone continua ad essere uno dei personaggi più rappresentati a teatro. La sua determinazione nel portare fino in fondo la volontà di dare sepoltura al fratello e il suo coraggio nell’affrontare la violenza inflitta dalle guardie di Creonte e di darsi la morte. La giovane età e il dramma di dover obbedire ad una ragione di Stato che travalica i sentimenti della pietà umana la rendono una figura sempre attuale.

Conosciamo meglio questo personaggio portato in scena da centinaia di registi, tra i quali il francese Jean Anouilh, ad esempio, che nel 1944 a Parigi, riadatta la tragedia di Sofocle al contesto storico della seconda guerra mondiale e indaga la dialettica tra collaborazionismo e resistenza in Francia. Ad Anouil si ispira anche l’opera omonima del giovane regista ligure Tommaso Grassano, 23 anni, al debutto nei giorni scorsi al Teatro Dehon di Bologna con la compagnia teatrale Ganimede. Nei panni di Antigone, l’attrice Asia Galeotti, anche lei come il regista, ex allieva della Scuola di Teatro Colli diretta da Emanuele Montagna.

A Tommaso chiedo il perché della scelta di Antigone nella riscrittura modernista di Jean Anouilh. Cosa ti colpisce in particolare rispetto ad altre versioni?

T.G.: “Di Jean Anouilh, sin dalla primissima lettura, mi ha colpito il suo intento di mettere in scena il teatro. E lo fa sin dall’inizio, da quando il personaggio del Coro inizia a presentare i personaggi della vicenda, con i loro tratti fisici e caratteriali. Ma l’idea di regia nasce, più di tutto, dal ruolo di Creonte, a cui, implicitamente, l’autore francese assegna la parte del regista, che deve raccontare la sua versione dei fatti ai suoi sudditi (che altro non sono che il pubblico in platea) affinché venga mantenuto l’ordine in Tebe, nonostante la storia sia nettamente diversa da quella che il sovrano racconta. Il fatto di aver deciso alla cieca chi fosse il fratello buono di cui va seguito l’esempio di difensore della patria e chi quello cattivo da condannare, per colpa del quale il mantenimento dello status quo sarebbe rovinosamente crollato, fanno di Creonte il perfetto prototipo di uomo al comando, totalmente assoggettato al potere. È disposto a passare perfino sopra alla verità piuttosto che sconvolgere l’ordine prestabilito delle cose. Sta qui il tratto distintivo di Anouilh che maggiormente mi ha toccato nel profondo: noi siamo personaggi a cui i potenti registi del mondo assegnano la parte da recitare all’interno di una mastodontica storia già scritta e di cui si conosce già tutto. E diventa difficile, in questo modo, vivere la nostra storia personale”.

Antigone, regia di Tommaso Grassano – Photocredit Gino Rosa

Intorno al personaggio di Antigone ruotano tante tematiche: il conflitto tra legge e compassione, la disobbedienza civile, l’esercizio del potere e i suoi abusi, il suicidio e il ruolo della donna in un contesto politico dove i sentimenti devono essere sacrificati alla ragion di Stato. Come si affronta un personaggio così complesso e quali le fonti per prepararsi?

A.G.: “Per quanto mi riguarda ho fin da subito cercato di immergermi nella storia originale per capire le dinamiche interne alla vicenda personale di Antigone. Mi ha infatti colpita la sua tenacia e, per sostenere un ideale così saldo e inamovibile, era necessario capire fino in fondo il suo grande perché. È stato interessante soprattutto abbracciare la versione di Anouilh che le aggiunge la consapevolezza (chiara sin dagli inizi del testo) del proprio epilogo, consapevolezza attoriale e del personaggio stesso”.

T.G.: Per guidare Asia nella costruzione e nella comprensione del personaggio di Antigone, mi sono voluto completamente distaccare dalla figura dell’eroina, del personaggio solo ed esclusivamente rivoluzionario, che va a prescindere contro il potere. Ho cercato di farle capire l’importanza viscerale del concetto di fondo che sta alla base del nostro riadattamento: raccontare la propria storia, nonostante ci impediscano di farlo. E questo comporta due rischi abbastanza grossi: limitarsi a sopravvivere scegliendo di continuare a recitare la parte che ci è stata affidata; morire dopo aver trovato il coraggio di interpretare la nostra parte offrendo così una nuova versione dei fatti, scritta dal soggetto in prima persona, e non da terzi.

Antigone sceglie di morire per non rinunciare proprio a quello che è il compito di un bravo attore e di una brava attrice: mettere anche qualcosa di sé nel lavoro su di un personaggio. Quindi abbiamo lavorato, a strettissimo contatto, proprio sui rapporti e le interazioni con gli altri personaggi che questa decisione ha comportato: il coraggio estremo nell’affrontare il sovrano Creonte. Ma anche il dolore profondo nel dover dire addio all’amato Emone. La resistenza fisica e, soprattutto, mentale nella violenza che le guardie infliggono sul corpo di Antigone. La tristezza più abissale nello scoprire che la sorella Ismene non l’aiuterà nel suo progetto impavido di dare degna sepoltura a Polinice ecc… Asia è stata esemplare nel lavorare sulle emozioni che ogni scena porta con sé”.

Antigone, di Tommaso Grassano- Photocredit Gino Rosa

Asia, ci sono aspetti di Antigone in cui ti riconosci anche tu e altri in cui invece hai avuto maggiori difficoltà a fare tuoi?

A.G.: “La tematica di dare degna sepoltura ad un famigliare potevo e posso capirla solo dal punto di vista della tradizione che abbiamo anche noi oggi di celebrare il funerale del defunto. Comprendere invece il perché Antigone volesse a tutti i costi arrivare sino in fondo, tanto da procedere al rito addirittura con le sue mani qualora venisse negata la sepoltura e arrivare alla morte per questo, è stato più difficile. In realtà ad un certo punto del processo ho smesso di cercare di spiegarmelo e ho deciso semplicemente di accettarlo e rispettarlo. Lei stessa dice che non lo fa per nessuno se non per se stessa, per un principio di giustizia nei confronti dell’amore che nutre per la sua famiglia”.

Come si è sviluppato lo spettacolo e quali le suggestioni (letture, luoghi, incontri, dialoghi, fonti) che avete incontrato durante la fase di realizzazione?

T.G.: “La costruzione dello spettacolo, dopo la convenzionale lettura a tavolino del copione, è passata in un primo momento attraverso esercizi e improvvisazioni volte a far legare gli attori gli uni con gli altri, e in un secondo momento a legare i personaggi gli uni con gli altri. Quasi sempre accompagnati da musiche strumentali suggestive, gli esercizi hanno previsto il modellare il corpo immobile di un attore tramite i gesti ed i suoni della voce di un altro attore; esercizi corali in cui, partendo da una rigidità corporea che ricorda un qualcosa di inanimato e privo di vita, il gruppo di attori ha dovuto cercare di dare appunto vita e animarsi all’unisono. Sono stati molto utili gli esercizi previsti dal metodo Meisner, in cui è stata messa alla prova la capacità di ascolto tra gli attori a prescindere dal testo e dalle battute da imparare a memoria. Molto ha fatto, sicuramente, tutto ciò che ogni attore, a seconda della sua esperienza professionale e accademica, ha insegnato agli altri”.

L’attualità del personaggio di Antigone oggi, nel contesto attuale, qual è secondo voi? 

A.G.: “Sono molteplici! Infatti ho trovato numerosi concetti nelle battute di Antigone che sono senza tempo come: Io voglio tutto e subito e che sia tutto intero, altrimenti rifiuto oppure ..ho già sofferto abbastanza per il fatto di essere una ragazza”. Un aspetto che mi ha colpita e che mette in campo un altro importante personaggio è il fatto che Antigone non voglia sopportare che il suo amato (Emone) debba adeguarsi anche lui ad una felicità che appartiene a chi gliela impone dall’alto. Una felicità cieca dei compromessi a cui si è dovuta adattare per potersi realizzare. Quella è una felicità che lei non vuole e non la vuole neanche per chi ama. Creonte stesso fa di tutto per raccontare cosa si patisce ad essere in una posizione tanto scomoda, cosa significa guidare la barca che fa acqua da tutte le parti, ha problemi ben più gravi che stare dietro ad una ragazzina disobbediente. Anouilh ci porta perciò a immergerci anche nel punto di vista del Potere/lo Stato che cerca in tutti i modi di mantenere le aspettative che la gente ripone su di esso”.

T.G.: “Per quanto mi riguarda, qualsiasi tragedia greca, o qualsiasi riadattamento che da esse è venuto fuori, riguardano l’attualità. I testi greci sono pietre miliari che dureranno nei secoli, perché non sono mere parole da dover recitare di fronte ad un pubblico, ma concetti, significati, visioni e messaggi su cui è possibile riflettere e coi quali è più che fattibile trovare spunti per raccontare e scrivere nuove storie. Soffermandosi su Antigone mi viene da dire che la sua attualità consiste in quanto detto prima, cioè sui rischi nei quali incorriamo se decidiamo di affrontare il potere, tagliando i fili della lunghissima ed intricata matassa che caratterizzano le storie e le vicende che vuole raccontarci, che sono le stesse che purtroppo, molte volte, siamo costretti ad ascoltare nei nostri telegiornali e leggere su alcuni quotidiani. Ci rendono sempre più complicato essere coraggiosi e intraprendenti, difficile capire tutto ciò che ci vogliono nascondere. Anche qui sta l’attualità di Antigone”.

C’è una versione teatrale (ma anche cinematografica) dell’Antigone che avete amato in modo particolare?

A.G.: “Solitamente mi nutro di tutto ciò che esiste al riguardo di un personaggio da interpretare. Con Antigone mi sono mossa diversamente perché è stato fondamentale partire da me stessa, non volendo in nessun modo farmi influenzare. Perciò nella mia mente ho solo immagini createsi attraverso la lettura dell’opera, ma non trasposizioni filmiche/teatrali. Più avanti sicuramente la mia curiosità avrà la meglio, quando Antigone come è per me, non sarà più di costruzione acerba, ma salda. Perciò non più preda delle influenze esterne, ma chissà, forse matura per accrescimenti”.

T.G.: “Personalmente il primissimo approccio con Antigone è avvenuto nel 2014, quando alla tenera età di quattordici anni ho assistito all’Antigone messa in scena dal Teatro della Tosse, per la regia di Emanuele Conte, sempre sul testo di Jean Anouilh. Quella è stata la prima volta in cui mi sono incuriosito al personaggio e a tutte le tematiche che esso porta con sé. Ma il prodigio, nel significato che vi dà Ibsen in Casa di Bambola, è avvenuto durante la visione del film “Antigone” per la regia della canadese Sophie Deraspe. Lì ho capito, una volta per tutte, grazie a questa storia in cui la tragedia classica si ripropone attraverso la storia di una famiglia di immigrati algerini che vivono a Montreal, quanto possiamo apprendere, e di conseguenza migliorarci come società, dal patrimonio culturale che i greci ci hanno lasciato. Quel film ha fatto scattare in me quel sentimento di ribellione che mi ha permesso di raccontare e dire tutto ciò che penso riguardo la perfidia del potere attraverso la regia del nostro spettacolo”.

Il rapporto tra donna, pathos e potere nella tragedia greca attraverso i personaggi di Medea, Antigone, Clitennestra ma anche altre: cosa svela questo rapporto a proposito del femminile, secondo voi? C’è differenza nell’uso/abuso del potere a seconda che si tratti di un uomo o di una donna ad esercitarlo?

A.G.: “Abbiamo sempre storicamente dovuto puntare i piedi con le buone o cattive maniere. Tenere la testa alta forse oggi ci sembra una risposta più plausibile, eppure continua ad essere visto con occhi diffidenti. Io invece diffido di più di chi non mette mai in discussione nulla e accetta il proprio destino a testa china. Non deve più essere la paura a guidarci, soprattutto oggi. Approfondire il teatro greco e i comportamenti delle figure femminili all’interno di quelle dinamiche è utilissimo per creare una trama di pensiero, di azione-reazione delle giovani donne di oggi. Qui non vogliamo che si travisi il messaggio, nessuno vuole educare alla delinquenza o a non rispettare il potere o le leggi, ma piuttosto educare alla disobbedienza, che è un’altra cosa. Significa abituarsi a mettere in discussione. Perché non tutto quello che ci viene propinato è buono e giusto. Iniziamo a domandarci cosa lo è per noi nel nostro intimo, piuttosto che crearci un metro di giustizia tramite quello che passa in tv.

Sull’abuso di potere non userò la formula oggi più che mai, perché è onnipresente in ogni periodo storico, ai nostri giorni come in passato. Sicuramente quello maschile è forte del retaggio culturale dell’uomo padre-padrone, mentre la figura femminile anche quando è al potere ha un margine di messa in discussione non indifferente. Facciamoci qualche domanda”.

T.G.: “Assolutamente, c’è una sostanziale differenza tra il potere esercitato dall’uomo e quello esercitato dalla figura femminile. Personalmente ritengo che l’uomo lo eserciti attraverso l’uso della predominanza fisica e della violenza, e questo da sempre. Lo si può vedere nelle figure di Creonte, Agamennone e Giasone ma anche nel corso della storia tutta quanta. E così facendo ha sempre tentato (riuscendoci, purtroppo) di schiacciare la modalità di esercizio del potere utilizzata della donna che passa attraverso una profonda sensibilità che non si vergogna ad esprimere, a differenza dell’uomo. Credo sia sempre stato questo il problema che ha portato all’affermazione della società in cui viviamo, in cui è lampante quanto manchi il dialogo, la diplomazia, la riflessione, soppiantate da prevaricazione dei più potenti sui più deboli e da guerre e distruzione.

Antigone prova a spiegare a Creonte l’assurdità della sua decisione riguardo la sepoltura dei due fratelli, Medea compie le sue suicide decisioni dettate dalla inesistente capacità di Giasone di mettersi nei suoi panni, ma entrambe non riescono ad essere quantomeno ascoltate! È più che normale oggi assistere alla molto velata violenza delle camminate delle ragazze arrabbiate, proprio per il fatto che questo è diventato l’unico modo per far sì che la loro voce possa essere ascoltata.

Forse è questo che il rapporto delle figure femminili con il potere ci vuole insegnare: per combattere il potere perfido, esercitato da sempre e, purtroppo, per sempre dall’uomo, è necessario utilizzare tutti i mezzi che si hanno a disposizione per cercare quantomeno di non alimentare ancora di più la sua forza, anche tramite quelli violenti e folli. Ma molte donne riusciranno a farlo sempre con la solita eleganza che le contraddistingue. Noi uomini (la maggior parte) continueremo a perseguire la strada primitiva che porterà tutti quanti verso il lento declino. Spero di sbagliarmi”.

Anna Cavallo

 

Cover: Asia Galeotti in Antigone, di Tommaso Grassano – Photocredit Gino Rosa