Chi la fa l’aspetti

di
Grazia Deledda

tempo di lettura: 6 minuti


Mimmo e Momo avevano deciso di scappare in America. E volevano scappare, non dopo aver letto libri di avventure, ma perché loro due, che fino dalla nascita si erano sempre azzuffati, in un punto solo si trovavano d’accordo: nell’odio per i libri.
Figli di contadini arricchiti, erano stati mandati a scuola e dovevano diventare dottori, oppure, e questo è il più, veterinari o chimici. La faccenda andò benissimo finché si trattò delle scuole elementari. C’era da divertirsi: poiché i due bambini vivevano in piena campagna, in una grande casa colonica, e per andare a scuola dovevano percorrere una lunga strada, fra due larghi fossi d’acqua corrente che parevano fiumi. Vigne e campi e alberi, da una parte e dall’altra; nidi, rane, uccelli, e animaletti di tutte le specie. E poi i compagni, e gli avversari del paese vicino: e l’osteria a metà strada dove si trovava di tutto; caramelle, fichi secchi, sucaroi (castagne secche), grissini, un bel fuoco d’inverno e il gelatino d’estate.
Questa strada era dunque la stessa strada del paradiso terrestre. Spesso le borse coi libri istupiditi dal gelo o dal sole, si trovavano a giacere fra l’erba come cadaveri di borse ammazzate.
D’inverno, pare impossibile, il divertimento era maggiore: ci si fermava ad aspettare che il caladon, la primitiva macchina spazzaneve, coi suoi otto buoi fumanti, tracciasse un sentiero sulla strada coperta di neve; e quando il lavoro era iniziato, i bambini si attaccavano dietro al pesante triangolo tutto brillante di catene di ferro, illudendosi di esser loro a spingere in avanti la macchina. Poi venne l’era delle biciclette. Momo e Mimmo ne ebbero due eguali, da ottocento lire l’una; i genitori non badavano a spese, purché i loro figli diventassero dottori o, speriamo, veterinari o chimici.

Ma il bel tempo adesso era finito. Imparato a memoria «l’albero a cui tendevi la pargoletta mano», bisognava pensare al latino. E Mimmo e Momo dovevano filare in collegio. Fosse stato un grande collegio, in una grande città come Londra o Roma, o almeno come Parma. No, si trattava del collegio di Casalmaggiore, dalle cui finestre si vedono i contadini che vanno alla fiera, e in lontananza i campi coltivati dai genitori e la strada del paradiso oramai perduto.
Per questo, i due fratelli avevano deciso di scappare in America.
Essi volevano fare i contadini, come i loro padri, come i loro avi e gli avi degli avi fino al signor Adamo, quello che appunto era stato scacciato dal paradiso terrestre e s’era poi guadagnato il pane quotidiano col sudore della sua fatica.
— Noi venderemo le biciclette, al meccanico che sta di fronte al Collegio: poi prenderemo il treno e via – disse Mimmo; e tirò dalla piccola bocca rossa un bel fischio che parve una stella filante sul cielo notturno di agosto.
Momo era più piccolo ma più pratico. Fu lui che pensò al cestino con le provviste, e alle prime spese del viaggio.
Qui si deve sapere che nella casa dei contadini c’era di tutto; certe cose, però, poiché l’olivo, la pianta del caffè, quella del cotone e del ricino, non allignavano nei campi intorno, e le saline e i zuccherifici e le miniere di petrolio distavano alquanto, certe cose, dunque, bisognava comprarle in paese. I due ragazzetti, poiché le donne non uscivano mai di casa e gli uomini erano occupati nei campi, se ne incaricavano loro; Momo specialmente che era bravissimo a tirare il prezzo e scrupoloso anche del centesimo.
Dal manubrio della sua bicicletta pendeva sempre un cestino che partiva vuoto di casa e tornava pieno. Spesso si comprava anche il pane, poiché quello fatto in casa era troppo duro per i denti degli ospiti: e ospiti in casa non ne mancavano mai.
Ora, un giorno, la nonna dei due ragazzi, che era una donna molto tirata, e spesso alla notte non dormiva, preoccupata per il caro-viveri sempre crescente, provò un forte male al cuore perché Momo le fece sapere che il prezzo del pane era aumentato. Nientemeno che di dieci soldi al chilo, era aumentato. E pure il sale costava il doppio di prima.
— Se si comincia così, Dio sa dove si va finire. Il pane? Il sale? Ma allora tutto il resto aumenterà terribilmente.
— Proprio così, nonna, proprio così. Avevi ragione tu, ieri, nonna – disse Momo il giorno dopo, pensieroso e preoccupato. – Tutto è aumentato: il caffè, lo zucchero, il petrolio, i lucignoli; persino i chiodi: vedi, costano adesso due soldi l’uno. I più piccoli, eh?
— Dio, Dio, dove si andrà a finire? Verrà certo la rivoluzione.
— Speriamo di no, nonna, perché i primi a soffrirne saremo noi. Pensa, se vengono qui, i rivoluzionari, ci portano via le vacche e il maiale. Ci pensi?
La nonna allora si rassegnava. Meglio pagar caro il sale che rimetterci il patrimonio. E sborsava i soldi sospirando.
— Sai, Mimmo, – disse Momo al fratello, quando si trattò sul serio di fuggire, – ho messo da parte quasi novanta lire, in questi ultimi giorni, con la cresta fatta sulla spesa.
Poiché, voi l’avete indovinato, questo rincrudimento del caro-viveri, dipendeva unicamente da lui.

Venne il gran giorno. I due fratelli avevano già combinato la vendita delle biciclette, e portato nel pagliaio una vecchia valigia con biancheria, scarpe, un salame, due grosse pere, un piatto di metallo da vendersi in America, il lucido per le scarpe, filo, aghi, forbici. Di tutto si erano provveduti, lasciando a casa intatti i libri e i quaderni di scuola.
Li odiavano talmente, i libri, che non pensavano neppure a consultare l’orario delle ferrovie; tanto nelle stazioni si sa tutto, e domandando quale strada si deve prendere, si arriva anche al Polo Nord.

Per non commuoversi e non tradirsi, essi decisero di partire senza salutare nessuno: solo al cane, che, forse accorgendosi delle loro intenzioni, li seguì sulla strada, fecero un segno di addio. E fu tutto.
Il meccanico, col quale si era già stabilita la vendita delle biciclette, li aspettava sulla porta del suo negozio, accanto alla vetrina piena di oggetti luccicanti e misteriosi.
Era un uomo alto quanto la sua porta, con due lunghissimi baffi rossi che ai ragazzi studiosi del Collegio ricordavano la calata dei barbari in Italia col re Alboino e i relativi feroci longobardi, i baffi dei quali dovevano essere così. Il meccanico, al contrario, era un bonaccione, uomo di coscienza, incapace di far male a una mosca. Tanto è vero che sul prezzo delle biciclette, da lui stesso un anno prima vendute, non aveva speculato di un centesimo. I due fratelli, già esperti negli affari, ne domandavano settecento cinquanta lire per ciascuna, e settecento cinquanta lire per ciascuna il meccanico era disposto a sborsare.
Quando i due agili cavallini di metallo furono appoggiati uno dietro l’altro alla parete del negozio, il meccanico aprì il cassetto del suo banco e vi guardò dentro profondamente.
Il cuore dei due mascalzoncelli batteva di gioia: la mano sudicia di Momo già si tendeva per prendere i denari.
— Ma ragazzi, – disse il meccanico, con la sua bella voce baritonale, – non sarebbe meglio che i denari li prendesse vostro padre? Dopo tutto è lui che ha comprato le biciclette.
— Tanto più che io sono qui presente, – disse il padre dei ragazzi, saltando fuori dal retrobottega come il diavolo dalla scatola.
Qui bisogna spiegare quello che voi avete già capito: il meccanico aveva avvertito il disgraziato padre delle perverse intenzioni dei ragazzi: e il padre, senza affaticarsi a dar loro lezioni con o senza fiocchi, li prese uno per mano e li condusse al Collegio. Non c’era che da attraversare la strada.
La valigia rimase in deposito dal meccanico.
Quando furono nel Collegio i due avventurieri piansero, di rabbia s’intende, poi, appena furono soli ricominciarono a litigare e a bastonarsi.
Pianse anche la madre, quando seppe della loro ingratitudine; pianse anche la nonna. Ma il giorno dopo ella si consolò nel constatare che il prezzo del pane e degli altri viveri diminuiva in modo impressionante.

Fine.


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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Chi la fa l’aspetti
AUTORE: Grazia Deledda

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: "Novelle", di Grazia Deledda ; a cura di Giovanna Cerina ; Volume 5; Bibliotheca Sarda n. 11; Ilisso Edizioni; Nuoro, 1996

SOGGETTO: FIC029000 FICTION / Brevi Racconti (autori singoli)