Casa al mare
di
Cesare Pavese
tempo di lettura: 2 minuti
Quel tratto di mare violaceo davanti alla finestra rinfrescava tutta la stanza.
Mi accadde di svegliarmi all’alba, un poco inquieta e seduta contro il guanciale fissare un momento la finestra aperta, poi ricordo che mi venne da sorridere e accesi una sigaretta. Che fosse nuvolo me lo diceva il posto vuoto d’Andrea. Come mio padre, anche in questo: se c’è nell’aria un po’ d’umidità Andrea si sveglia avanti giorno e non può piú stare in letto. Dice che sono i nervi, ma io credo piuttosto che sia quel bisogno d’isolamento che ogni uomo si porta nel sangue. Una volta mi disse che lo faceva per me: gli avevo confidato che mi fa rabbrividire il pensiero che qualcuno mi guardi mentre dormo.
Fumava probabilmente un sigaro nel giardinetto – uno di quei giardinetti della Riviera composti di un albero tra quattro mura – e io me lo figuravo passeggiare senza occhiali, con quel volto nudo e infantile che gli so, fumando a mano riversa e brontolando tra sé.
Ma no: in quei giorni Andrea era fresco d’amore e il fatto che l’avevo sposato gli dava ancora una certa baldanza. Non che ora sia piú tiepido – povero Andrea – ma insomma ha capito ch’è mio interesse volergli bene, come una figlia al padre.
È diventato quasi piú timido – strana cosa in un uomo risoluto e serio com’è lui – e mi usa il rispetto di lasciarmi sola quando lo piglia la malinconia di brontolare. Sono convinta che ha smesso la frenesia di «amarmi» senza remissione, come se non avessimo tutti un bisogno di distrazione segreta per raccoglierci e considerare le cose senza menzogna. Ora la sua gelosia è veramente diventata come la volevo: l’affettuoso interesse di chi si preoccupa con molta discrezione e lascia vivere.
Sono sicura che in quel mattino nel giardinetto si godeva un’intera felicità, accresciuta anzi da quel tempo fresco e minaccioso che a lui stanco d’una settimana di lavoro cittadino doveva promettere piú che non la consueta torrida corvè della spiaggia. Già la sera prima aveva semiseriamente fatto il broncio alla mia pelle abbronzata – bruciata, diceva lui, dalle pubbliche occhiate – e crollato il capo e detto che voleva tagliarmi i viveri, ma questi eran giochi che si sa come finiscono. Ciò che non gli piaceva per nulla era di comparire al mio fianco – «io lesso e tu arrosto» – in mezzo a tante sciocche conoscenze piene di complimenti agli sposi freschi – e qui non so dargli torto – ma piene altresí di familiarità e di allusioni che lui non capiva e lo facevano parere un intruso.
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Fine.
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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: Casa al mare
AUTORE: Pavese, Cesare
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze
TRATTO DA: Racconti / Cesare Pavese. - Torino : Einaudi, [1994]. - 525 p. ; 20 cm.
SOGGETTO: FIC029000 FICTION / Brevi Racconti (autori singoli)