Atmosfere d’altri tempi, quelle che si respirano nel nuovo libro di Emanuela Dal Pozzo, edito da Maremmi editore Firenze.
Ricorda le saghe familiari di fine Ottocento, strizza l’occhio agli intrighi domestici per maritare le figlie nubili di cui la Austen fu maestra indiscussa e suggerisce, con una certa ironia e gusto per il wit inglese (ma siamo in Francia), quello che in anni recenti ha fatto Julian Fellowes nel suo Snob, trasferendo ai nostri giorni faccende e quotidianità delle ville di campagna nobiliari inglesi.
La Del Pozzo va oltre. Sceglie le raffinatezze della Francia e aggiunge un mistero, un delitto e un pizzico di esoterismo. E dolci (ma non troppo ingenue) fanciulle da maritare, amori contrastati e matrimoni d’interesse, intrighi, l’immancabile vizietto del gioco e matrone che vedono andare in fumo i propri progetti per tramandare l’eredità.
Gli ingredienti per stuzzicare il lettore ci sono tutti. Un sapiente uso del linguaggio e delle forme di comunicazione settecentesche ben ricostruite supportano abilmente il dipanarsi delle vicende. Senza tuttavia pesare troppo ad un lettore odierno.
Azzeccate anche le descrizioni delle ville e dei suoi abitanti, dei cerimoniali tipici di un’epoca e l’uso di discorsi zeppi di reticenze e ironie dette a mezza voce.
La trama risulta anch’essa ben congegnata, sebbene il lettore rimanga in un certo senso a bocca asciutta se si aspetta la risoluzione dei misteri che appaiono nella prima parte. Il delitto viene spiegato «dietro le quinte», nella segreta ammissione di uno dei personaggi ma senza che nessun altro ne venga a conoscenza tra i protagonisti coinvolti. Rimane, è proprio il caso di dirlo, nell’ombra.
Peggiore destino viene riservato a quella che a prima vista sembrerebbe la protagonista indiscussa di tutte le evoluzioni della storia. Lo rimane, in un certo senso, ma in absentia. Sparisce, rapita da un sinistro personaggio legato all’esoterismo non scevro da una qualche morbosità.
La seconda parte del romanzo si colloca venti anni dopo, lascia irrisolti i misteri, con qualche debole tentativo da parte dei personaggi di sciogliere i nodi ingarbugliati del passato, e si concentra sull’inesorabile destino che, dopo aver travolto la famiglia dei Chambleau, porterà con sé l’intera nobiltà francese.
Un alone di mistero circonda anche, e come potrebbe essere altrimenti, il costituirsi di quella massoneria che nella Storia ha avuto tanta parte. La Storia che sta alle spalle del romanzo, ne costituisce sfondo ma anche ragion d’essere: siamo alla vigilia della rivoluzione francese, le folle si agitano e i nobili si indignano (e tremano). I re vengono sbeffeggiati (e di lì a poco ghigliottinati, come ben si sa) e l’ordine centenario su cui la sicurezza di una piccola ma potente parte della società si fondava viene poco a poco smantellato, sovvertito e infine cancellato. Resiste nelle atmosfere che si respirano dentro i magnifici castelli, nelle lamentele di chi ha vissuto quell’epoca felice e la vede disgregarsi e nella nostalgia, venata di ironia, che il lettore coglie tra le pagine del romanzo.