Sara Mostaccio intervista Claudio Cerasuolo, autore di Lacrime d’assicuratore, recensito da Pagina Tre.

Aviatore, sociologo, giornalista, scrittore. Un percorso variegato ma significativo. Come approda alla narrativa?

Una delle ragioni per scrivere può essere legata all’abitudine alla lettura. Leggere un libro vuol dire entrare nel mondo di un autore, dunque un viaggio. L’abitudine al viaggio stimola la curiosità, offre occasioni di confronto, alla fine di emulazione.
Scrivevo da ragazzo, ma dopo i 20 anni, la necessità di trovare un lavoro mi hanno convinto ad abbandonare i progetti letterari. A 30 anni ho lasciato l’aviazione (nel frattempo mi ero laureato) per entrare nel giornalismo… poi non ho avuto più tempo, il lavoro di cronista di giudiziaria è troppo assorbente. La voglia di scrivere è tornata a 50 anni, quando ho percepito i limiti della scrittura giornalistica.

Quanta parte ha avuto la formazione sociologica nella costruzione dei personaggi e delle situazioni delle sue storie?

La mia laurea in scienze politiche con una tesi di sociologia sperimentale mi è servita solo a imparare a parlare con la gente. Ho contratto un grosso debito con il mestiere di giornalista e di spettatore (cronista) del processo penale, un teatro naturale: è lì che ho imparato a costruire personaggi, perché li vedevo dal vivo e in azione.

Il suo percorso narrativo segue il filone che parte dalla cronaca giudiziara, di cui si è occupato per molti anni, per giungere alla lunga e consolidata tradizione del giallo. Una scelta di campo dettata dalla fiducia nel “mezzo” o una base ideale per “variazioni sul tema”?

L’approdo al giallo è stato strategico perché negli anni ’90 a Torino (Fruttero e Lucentini a parte) c’erano pochi concorrenti e perché ero convinto di riuscire in quel genere piuttosto che in un romanzo.

Parlando dell’ultimo suo romanzo, come nasce l’idea di una storia sugli assicuratori?

L’idea dell’ultimo giallo, che a dir la verità è forse più un romanzo, è nata dalle confidenze di un amico assicuratore al quale ho poi dedicato il libro.

Il titolo è molto significativo. Fa eco alle famose lacrime di coccodrillo… Lei, come li giudica gli assicuratori? Si allinea ai suoi personaggi (e agli italiani tutti) che ritengono le assicurazioni “un balzello che, con un po’ di fortuna, aiutata da vigorosi scongiuri, si potrebbe evitare“?

Il titolo non è mio, ma della moglie dell’editore, che non ringrazierò mai abbastanza. Io non giudico gli assicuratori, ma gli italiani, ed ho una pessima opinione dei miei connazionali. Credo di aver toccato un nervo sensibile, perché il mondo delle assicurazioni in italia è un po’ imbalsamato, credo che molto presto dovrà confrontarsi con la concorrenza in ambito Ue, svecchiarsi, offrire prodotti più convenienti, cambiare un po’ filosofia, come del resto dovrebbero cambiare la loro gli italiani nei confronti delle assicurazioni.

Nel romanzo il lettore è portato a simpatizzare per gli assicuratori, vittime di clienti senza scrupoli che vogliono fregarli. Una prospettiva insolita, da cui traspare una sottile ironia di fondo…

La prospettiva non è soltanto insolita, ma credo originale, perché il tema assicurazioni non mi risulta sia stato affrontato in romanzi italiani. L’ironia è il sale della vita…

Torino: sfondo della storia ma non solo. Torna spesso nei suoi romanzi. Quasi un personaggio.

Torino è quasi sempre lo sfondo dei miei romanzi perché credo che le storie, i personaggi debbano avere delle radici. Io che sono veneziano, ho un po’ perso le mie e visto che continuo a vivere qui, utilizzo lo scenario torinese.

Il racconto di Lacrime d’assicuratore porge il destro anche per un’indagine profonda della società italiana medio-borghese. Ma sempre si avverte in sottofondo una certa propensione a trovarne comunque il lato positivo

È legato al discorso di prima, cioè a torino, perché è una città laboratorio, ma questo è un discorso lungo, magari lo facciamo un’altra volta.

Non posso evitare di chiederle, un po’ ingenuamente, quale tra i suoi romanzi preferisce.

Forse il primo, Partita a tre, che il mio nuovo editore vuole ristampare. Ma sono molto affezionato al Corniciaio di Amsterdam.