(voce di SopraPensiero)
La distinzione – talvolta la contrapposizione – tra bene privato e bene pubblico ha radici antiche: già i romani conoscevano la differenza tra res privata (la proprità del singolo cittadino) e res publica (quella del popolo, inteso come gruppo tenuto insieme da un certo diritto e orientato a un obiettivo comune). Nella storia le cose non sono sempre state così, ci sono stati momenti in cui l’idea di bene pubblico era un’utopia (se non un’assurdità), in quanto l’uomo veniva inteso come un pericolo per l’altro uomo, qualcuno da cui difendersi. A che punto è oggi la riflessione? Cosa sono per noi questi termini? Hanno ancora un senso? E, al di là della propaganda politica, in che modo essi vengono realizzati concretamente nella nostra società?
Enrico Berti, dovente emerito di filosofia ed esperto di fama internazionale del pensiero di Aristotele e Tommaso, ha tenuto il 23 febbraio 2013 una Lectio Magistralis per la VI edizione della Winter School, dal titolo «Bene pubblico e bene privato nella storia», qui riportata integralmente insieme al dibattito che ne è seguito, e introdotta da un saggio di Giovanni Maddalena. Anima del discorso del professore, la convinzione che le organizzazioni politiche nascano e muoiano coi venti della Storia, ma l’attitudine umana a organizzarsi in società rimane e, con essa, il perseguimento di obiettivi comuni. Nella misura in cui il bene privato non invalida questa sempreverde realtà, entrando in conflitto con essa, è benvenuto. Monito a un sistema economico e sociale basato al contrario sull’infausto meccanismo del mors tua vita mea.
E. Berti, Il bene di chi? Bene pubblico e bene privato nella storia, ed. Marietti, 2014, pp. 72, euro 11.