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(voce di SopraPensiero)Il web si presenta come «luogo» in cui ciascuno può mettersi in contatto, istantaneamente e con la massima autonomia, con chiunque nel mondo, ovvero accedere a qualunque risorsa o servizio disponibile. Il web 2.0 ha accentuato questa sensazione (e accelerato questo processo): il «cittadino della rete» (o netizen, all’inglese – da «net», «rete» e «citizen», «cittadino») mette in mostra se stesso tramite i cosiddetti social network e immagina così di entrare in un flusso collettivo di «partecipazione democratica». Ma le cose potrebbero venir inquadrate da un’altra angolazione, più problematica e inquietante: la Rete non è altro che l’ennesima frontiera del capitalismo, il quale – dopo aver esaurito, nella globalizzazione, lo sfruttamento del territorio reale iniziato con il colonialismo – si dedica oggi allo sfruttamento del territorio virtuale: e lo fa tramite un’operazione di profiling volta a stabilire le preferenze dei consumatori, i quali si prestano spontaneamente (e inconsapevolmente) all’esperimento. Convinti di accedere a una nuova forma di libertà individuale; in realtà asserviti, una volta di più, alla volontà del mercato.
Ippolita – gruppo di ricerca indipendente che dal 2005 indaga l’utilizzo (e le distorsioni) della tecnologia da parte del potere e tiene corsi di formazione di «autodifesa digitale» – offre su questi temi una riflessione interessante (anche se un po’ parziale e a tratti difficile da seguire, nei tanti risvolti filosofici e sociologici esaminati) e conserva il sapore di una retorica comunista d’altri tempi. Con l’intento chiaro e necessario di mettere in guardia dai rischi di quella che potrebbe venir definita un cavallo di Troia dei nostri tempi: la Rete, che si presenta come opportunità per il cittadino (e che oggi i bambini cominciano ad utilizzare già in fasce); ma potrebbe celare l’inganno più vecchio del mondo: far soldi approfittando degli altri.
Ippolita, «La Rete è libera e democratica». Falso!, ed. Laterza, 2014, pp. 99, euro 9.